Michele Cialei, in carcere dal 12 dicembre dello scorso anno per l'omicidio del pastore Armando Capirchio, dopo tre volte in cui ha preferito tenera la bocca cucita davanti al giudice, avvalendosi della facoltà di non rispondere, ha deciso di parlare. Gli avvocati del cinquantaduenne, il professore Camillo Irace del foro di Napoli e Giampiero Vellucci, hanno depositato, venerdì scorso in Procura ufficio, la richiesta di interrogatorio. C'è attesa in ordine a quello che sarà il contenuto dell'interrogatorio. Interrogatorio che non è chiaro se sia stato voluto dall'indagato e avallato dai difensori, o se si tratti di un'astuta mossa difensiva. Infatti è questa l'ultima possibilità di far illustrare, non tanto le modalità che hanno portato alla morte e all'occultamento di cadavere di Capirchio, di cui Michele Cialei è accusato, ma soprattutto gli antefatti e i motivi che possano aver spinto il pastore a rendersi autore dell'omicidio di cui deve rispondere. È caduta, invece, l'accusa di omicidio per il figlio Terenzio, 20 anni, difeso dall'avvocato Giampiero Vellucci. Resta, però, per lui quella di concorso in occultamento di cadavere. Si cercherà ora, dunque, di cogliere l'ultima possibilità dell'in terrogatorio al termine dei 20 giorni previsti dopo la richiesta di rinvio a giudizio e prima dell'udienza.

Questa mossa potrebbe far guadagnare all'imputato le attenuanti generiche e l'attenuante della provocazione, dal momento che, così come stanno le cose, Michele Cialei rischia l'ergastolo per motivi futili e l'aggravante crudeltà per aver infierito più volte sul corpo di Capirchio. Sembrerebbe che i difensori siano entrati in possesso di atti di procedimento di due anni fa (un anno prima dell'omicidio) che vedevano Armando Capirchio indagato per lesioni personali e Michele Cialei parte offesa per aver ricevuto, con un corpo contundente, un violento colpo alla testa per il quale è stato ricoverato al Pronto soccorso dell'ospedale di Frosinone. Questo provvedimento si inserisce come un atto costituente nella strategia processuale. Questa mossa servirà a chiarire i fatti e gli episodi precedenti, che avrebbero spinto il pastore Cialei a rendersi autore dell'omicidio di cui è accusato. Forse la difesa potrebbe far valere la tesi dell'esasperazione per le liti precedenti, così da chiedere le attenuanti generiche e della provocazione.

Di Armando Capirchio si erano perse le tracce un anno fa, il 23 ottobre del 2017, da quando era uscito di casa per raggiungere Valle Travella. Due giorni dopo il figlio, che viveva con lui a San Simeone, a Vallecorsa, ha dato l'allarme e sono iniziate le ricerche. Il 12 dicembre si arriva a una svolta, Michele Cialei viene arrestato dai carabinieri per l'omicidio e l'occultamento di cadavere di Capirchio. Cadavere che è stato ritrovato dopo cinque mesi, sui monti di Lenola. Il corpo fatto a pezzi e nascosto in due buste. Una macchina imponente quella messa in campo dalle forze dell'ordine e dai soccorsi entrati in azione. Sul posto, oltre ai militari del reparto operativo del nucleo investigativo diretti dal tenente colonnello Andrea Gavazzi e dal maggiore Antonio Lombardi, del Norm della Compagnia di Frosinone agli ordini del maggiore Matteo Branchinelli e del luogotenente Angelo Pizzotti, tutti coordinati dal colonnello Fabio Cagnazzo, anche i carabinieri del Ris, i Forestali del Gruppo di Frosinone, un elicottero del Nucleo carabinieri di Pratica di Mare, i vigili del fuoco e il personale del Cai, coadiuvati anche da volontari. Ad agosto, il 19, la salma di Capirchio è stata restituita alla famiglia per l'ultimo saluto.