Lunedì scorso si è svolta la nuova udienza per l'omicidio di Emanuele Morganti, il 20enne di Tecchiena di Alatri. Un'udienza, quella a carico di Franco e Mario Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna, nella quale è emerso che Emanuele è stato aggredito e picchiato anche dentro al locale. E nella quale si è fatto riferimento all'intervento dei buttafuori del Miro music club di Alatri che fecero uscire Emanuele dal circolo nel tentativo di ristabilire la calma dopo la prime lite.

I buttafuori, altra notizia nella notizia, ora sono stati completamente scagionati da ogni accusa. Nei loro confronti, infatti, così come richiesto dai tre pubblici ministeri che hanno condotto le indagini, il gip del tribunale di Frosinone Ida Logoluso ha disposto l'archiviazione. Sono cadute tutte e quattro le accuse, quella di concorso nell'omicidio, di lesioni personali, di rissa aggravata e di false informazioni ai pubblici ministeri. Non essendoci stata, peraltro, opposizione alla richiesta di archiviazione, il provvedimento del gip è definitivo.

Dunque, a distanza di un anno e mezzo da quella tragica notte, tra il 24 e il 25 marzo in piazza Regina Margherita, escono di scena i quattro ragazzi della sicurezza del locale, ovvero i tre ceccanesi Michael Ciotoli, 27 anni, Damiano Bruni, 27, e Manuel Capoccetta, 29, e l'albanese Pjetri Xhemal, 33, residente nel Lecchese.

Per il concorso nell'omicidio, il gip ha evidenziato che il reato non sussiste in quanto, se c'è stato contatto fisico questo è avvenuto in una fase di molto precedente rispetto a quando è stato colpito a morte Emanuele Morganti. Per la rissa non ci sono elementi a carico dei quattro in quanto il magistrato ha evidenziato la necessità che ci siano dei gruppi contrapposti a fronteggiarsi, mentre, nella circostanza, i buttafuori hanno avuto contatti con i presenti nel locale e all'esterno, singolarmente.

Non sono nemmeno ascrivibili ai quattro indagati le lesioni personali non essendo stato possibili determinare l'eventuale contributo causale. Infine, il gip ha evidenziato che non è contestabile nemmeno il reato di false informazioni ai pm perché, quando furono sentiti, non ci fu l'assistenza di un avvocato per cui i quattro avevano tutto il diritto, come strategie difensive, di mentire.

Il provvedimento è stato accolto con soddisfazione dagli avvocati Giampiero Vellucci e Riccardo Masecchia, che assistono due dei quattro buttafuori: «Era un provvedimento che ci aspettavamo, in quanto i nostri assistiti, sin dall'inizio, si potevano considerare estranei alla grave vicenda che ha comportato la morte di Emanuele Morganti. Anche se il provvedimento è arrivato dopo un anno e mezzo di calvario psicologico, opportunamente le indagini sono servite per chiarire nettamente il comportamento dei nostri assistiti, fugando anche il minimo dubbio in ordine alla pur minima responsabilità, anche morale. I nostri assistiti, quella notte, stavano svolgendo le mansioni di buttafuori e, pur volendo, non avrebbero potuto intervenire in considerazione della situazione creatasi».

Del resto, quando si è aperto il processo per l'omicidio di Emanuele (attualmente in corso davanti alla Corte d'assise nei confronti di Franco e Mario Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna), il pubblico ministero Giuseppe De Falco nella sua introduzione aveva affermato che, nei confronti dei buttafuori, non erano emersi elementi tali da poterli portare in giudizio. Era stata, in sostanza, l'anticamera dell'archiviazione. In un'altra udienza, poi, il maggiore dei carabinieri Antonio Lombardi, sentito come teste, aveva ricordato come la situazione era degenerata definitivamente quando i buttafuori, dopo un periodo di calma apparente in piazza Regina Margherita, nel centro storico di Alatri, erano stati richiamati all'interno del circolo.