Emanuele Morganti fu accerchiato e picchiato anche all'interno del Miro. È la grande novità emersa ieri davanti alla Corte d'assise di Frosinone. In oltre cinque ore e mezzo di audizioni, è stata una ragazza, tra le tante presenti quella notte tra il 24 e il 25 marzo del 2017 quando il ventenne di Tecchiena fu ferito a morte a seguito di una selvaggia aggressione, a fornire la novità. Dalle deposizioni è emerso pure che si era diffusa la voce che Paolo Palmisani, uno degli imputati (gli altri sono Franco e Mario Castagnacci e Michel Fortuna) fosse armato di una pistola. A ricostruire l'inizio della lite, al bancone, è stato un ragazzo romeno Inout Daniel Gafita che ha riferito di due che si stavano spingendo. Incalzato dal procuratore Giuseppe De Falco (in aula insieme al sostituto Vittorio Misiti) che, praticamente a tutti i testi, ha fatto numerose contestazioni in modo tale che confermassero le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari ai carabinieri, il giovane ha confermato di aver visto «Paolo Pamisani e Memmo Paniccia litigare con Emanuele». Il secondo, stando a quanto ricostruito dal teste, aveva preso anche una bottiglia in mano e urlava. Alla fine però l'intervento dei buttafuori «che li hanno portati fuori».
Secondo il teste a uscire fu anche Palmisani. All'esterno il romeno ha aggiunto di aver visto Mario e Franco Castagnacci.
I pm gli hanno chiesto se avesse sentito, dopo la lite, Palmisani pronunciare delle minacce. Al che, a contestazione, il teste ha confermato di averlo sentito dire «vado a prendere la pistola». La parte civile, per la famiglia Morganti si è costituito l'avvocato Enrico Pavia, ha chiesto chiarimenti sull'intervento dei buttafuori e su quante persone hanno allontanato. Per il teste erano due, ma non le ha sapute indicare. A seguire la teste Martina Galassi che, sollecitata dal pm, ha fatto riferimento a Mario Castagnacci e Palmisani che con una bottiglia stavano schizzando i partecipanti a una festa privata. La ragazza ha fatto cenno, dopo la lite, al fatto che le fu impedito di uscire perché fuori la situazione era degenerata. E anche lei ha sentito dire che Palmisani fosse armato. Quando è uscita ha riferito di aver visto l'ambulanza e, sulle scalette, Franco Castagnacci «un po' agitato» che ha chiesto se sulle scalette c'erano altri ragazzi. Lo stesso Castagnacci ha riferito la giovane aveva raccontato di un ragazzo caduto che aveva sbattuto la testa contro un'auto. La difesa di Franco (avvocato Marilena Colagiacomo) ha voluto sapere come lo avesse riconosciuto. Al che la teste ha fatto riferimento alle notizie circolate sui social.
L'avvocato Christian Alviani per conto di Fortuna ha chiesto come fosse vestito il suo cliente. «Aveva una maglia nera», ha replicato la teste. L'altro difensore di Fortuna, l'avvocato Martina Di Liberatore (ieri in sostituzione dell'avvocato Giosuè Naso) ha chiesto di chiarire meglio la frase di Franco. E dunque che il ragazzo caduto stava scappando. Sul fatto della maglia il procuratore De Falco ha voluto avere conferma, che fuori facesse freddo, ma dentro il locale rea caldo.
Anche la teste Ilaria Neri ha ricostruito l'inizio della lite. Ha parlato di spintoni davanti al bancone per prendere per primi da bere e che «Emanuele era attorniato di ragazzi e preso a calci». E ancora «era accerchiato da Mario e Paolo. E c'era anche Michel». E il pm: «E che facevano?». La risposta: «Gli tiravano calci». Il pm: «Tutti nei confronti di Emanuele».La nuova risposta: «Sì. Era solo». E ancora alla domanda se c'era un uomo con il cappello. La risposta è stata: «Sì. Tirava calci». Chiesti lumi sull'intervento dei buttafuori. Secondo la teste c'è stato chi è uscito spontaneamente: «Paolo e Mario sono usciti da soli».
Sull'inizio della lite, l'avvocato Pavia ha insistito, contestando le dichiarazioni rese allora dalla teste ai carabinieri, da qui la conferma di Emanuele colpito da una gomitata dall'uomo con il cappellino bianco e che «Emanuele non reagiva». L'avvocato Massimiliano Carbone (poi imitato dal collega Alviani) ha chiesto alla teste perché in aula ha fornito i particolari sullapartecipazionealla litedentroil locale di Mario e Paolo quando ai carabinieri non l'aveva riferito. La ragazza si è giustificata dicendo che solo ieri le sono state fatte domande più incalzanti. Gli avvocati Angelo Bucci e Carbone hanno chiesto precisazione sull'inizio della lite. Così la teste ha finito per indicare in Domenico Paniccia l'uomo, inizialmente non riconosciuto, che aveva dato la spinta a Emanuele e il là alla lite. Un ragazzo, Lorenzo Passeri, a più riprese incalzato dal pm ha ricostruito la parte dell'aggressione avvenuta all'esterno. Ha detto di aver sentito «un forte rumore come qualcosa che ha sbattuto contro un paraurti». Quanto ai momenti precedenti ha ricordato di Franco Castagnacci che, a passo svelto, inseguiva Emanuele. Che, come contestato dal pm, «tentava di scappare».
Ha riferito di due gruppi contrapposti di cui quello più numeroso aggrediva Emanuele, mentre l'altro cercava di frapporsi. Ha aggiunto di aver visto Emanuele con la maglietta strappata, ma non appena uscito dal locale. Ilenia Renzi, ha ricordato Mario e Paolo che spruzzavano con una bottiglia, Palmisani che voleva lanciare uno sgabello, ma fu fermato, e di Franco alle scalette «abbastanza impaurito». Al che Palmisani ha voluto fare una dichiarazione spontanea dicendo che trai due c'era una conoscenza, circostanza da lei negata.Acquisite le dichiarazioni di Chiara Vendini, la quale ha parzialmente corretto una sua dichiarazione messa a verbale da «C'ho menato, c'ha menato» in «C'ho menato, c'ho menato», riferita a Palmisani.