Sorpresa alle spalle mentre faceva jogging in una calda mattinata del primo novembre 2014, aggredita a calci e pugni, chiusa nel portabagagli di un'auto, per poi essere scaricata in un dirupo e, agonizzante, uccisa con una grosso masso per colpire, senza margine d'errore, il cranio. Col suo corpo rimasto per quaranta giorni nascosto dalla vegetazione nelle campagne di Campoli Appenino, tra i rifiuti, esposto alle intemperie e agli animali selvatici.

Sono queste le ultime ore della professoressa d'Inglese Gilberta Palleschi, la cinquantasettenne ambasciatrice dell'Unicef e amatissima in città, uccisa quattro anni fa dal muratore sorano Antonio Palleschi. Lui che mentre l'intera comunità cercava disperatamente Gilberta sulle montagne tra Broccostella e Fontechiari, cercava di rivendere gli oggetti d'oro rubati alla vittima della sua furia assassina.

Una vicenda troppo violenta e orribile per poter esser dimenticata. Così, nell'anniversario di quel tragico assalto omicida, ieri mattina la famiglia Palleschi e tanti amici di Fontechiari, il paese originario di Gilberta, hanno voluto ricordare il suo sacrificio e rinnovare la loro accorata richiesta di giustizia.

Per quell'efferato delitto il "mostro del Fibreno", nell'autunno 2015, fu condannato in primo grado dal tribunale di Cassino all'ergastolo con l'accusa di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere. Poi, però, il colpo di scena, con la pena via via ridottasi. Il che ha colpito al cuore per la seconda volta la famiglia Palleschi.

Infatti, per Antonio Palleschi gli anni da scontare sono stati ridotti a venti di carcere e tre di Rems, come deciso dalla Corte di Cassazione. Poi, nei mesi scorsi, è arrivata anche l'istanza di liberatoria anticipata da parte del difensore del muratore sorano per cui, forse, il suo assistito potrebbe uscire ancora prima dal carcere ed essere collocato in una Rems perché riconosciuto socialmente pericoloso. Al muratore, infatti, dopo la perizia psichiatrica richiesta, furono riconosciute la seminfermità mentale e la pericolosità sociale per un danno cerebrale subìto in un incidente stradale nel 1996.

Inutili sono state le richieste di una pena esemplare da parte dell'intera comunità, le parole rotte dal dolore del fratello Roberto, le urla per una sentenza giusta della cognata Giuliana, le lacrime dei nipoti Alessia e Luca e la disperazione di mamma Elia. Una famiglia pronta a tutto che ha organizzato, affiancata da amici e associazioni, manifestazioni e appelli, girando anche un video sulle ultime ore della donna e pubblicando un libro per ricordare l'amata Gilberta, il suo coraggio e la sua storia di vittima di un femminicidio.
Ieri la comunità di Fontechiari l'ha ricordata nella chiesa parrocchiale del paese. La messa è stata celebrata da don Alessandro Rea. Presente anche il sindaco Pierino Serafini che ha annunciato per l'11 novembre l'intitolazione di una piazza a Gilberta.