Una lunga udienza. Cinque ore per ricostruire chi c'era la sera in cui Emanuele Morganti è stato ucciso e cosa è accaduto all'interno del Miro music club e in piazza Regina Margherita. Per la prima volta dall'inizio, il processo a carico di Mario e Franco Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna, sempre presenti nell'aula della Corte d'assise, sono stati sentitii ragazzi presenti nella notte tra il 24 e il 25 marzo 2017 dentro o fuori dal Miro. Il primo testimone è stato uno di questi ragazzi, Francesco Boezi, tra l'altro autore della foto dell'ambulanza durante il soccorso a Emanuele. Il giovane ha raccontato di aver sentito un «grosso trambusto» mentre stava per entrare in piazza Regina Margherita. Ha detto di aver saputo da un ragazzo che «avevano rotto la mascella a uno» e di aver notato un gruppo di sette-otto ragazze una delle quali in lacrime e di aver visto Franco Castagnacci («riconosciuto per deduzione») cercare di consolarla dicendo «non è successo niente». Al che il pm Vittorio Misiti gli ha fatto notare che, quando allora era stato interrogato dai carabinieri, aveva dato una versione differente ovvero «non si è fatto niente». Impasse superata con il fatto che la memoria del fatto un anno fa era più fresca. Lo stesso ha fatto riferimento a una vettura di grossa cilindrata che cercava di uscire dalla piazza e dalla quale usciva una persona sul lato passeggero.

L'avvocato Bruno Naso, difensore di Michel Fortuna, ha chiesto conto di un'altra dichiarazione resa, all'epoca, al pubblico ministero di una ragazza che diceva: «Oddio, è Emanuele. Lo sapevo». Le testimonianze successive sono state quelle dell'equipaggio del 118, l'autista Antonio Cerqua e il barelliere Antonino Dell'Orco che hanno riferito sul posizionamento dell'ambulanza e del corpo di Emanuele. Mentre sono state acquisite le dichiarazioni rese in fase d'indagine dagli altri componenti dell'equipe, compreso il medico. Sentito poi Amerigo Colasanti, il conducente della Skoda station wagon contro la quale ha sbattuto la testa violentemente Emanuele, mentre veniva aggredito, per non rialzarsi più. A causa delle condizioni di salute, l'uomo ha premesso alla corte di non ricordare molte di quella notte a cominciare dal modello dell'auto.
Il teste ha riferito di essersi recato al Miro in compagnia del cugino Domenico Paniccia, l'uomo con il quale Emanuele ha avuto l'alterco costatogli l'allontanamento, da parte dei buttafuori, dal locale. Circostanza confermata dal teste che ha aggiunto che Domenico «era completamente ubriaco» e di aver avuto una discussione con i buttafuori che non intervenivano. Colasanti ha precisato che, quando era andato a riprendersi l'auto aveva visto Emanuele a terra («ho provato a cacciargli la lingua», ha specificato). «Quanti potevano essere gli aggressori», ha chiesto il pm. «Sette-otto persone disposte a cerchio», la risposta.

Angelo Bucci, codifensore di Palmisani e Mario Castagnacci, ha chiesto se Emanuele quando venne allontanato dai buttafuori aveva la maglietta lacera e sanguinava dal naso. Il teste non l'ha ricordato. Poi sia l'avvocato Massimiliano Carbone che Christian Alviani hanno insistito sulla visibilità in piazza, ricevendo come risposta che l'illuminazione in piazza non era buona. È stato sentito un ragazzo albanese Dini Getmir che ha ricordato di esser stato al bar del fratello di Palmisani a vedere Italia-Albania di calcio. E, nel locale, c'erano anche Paolo Palmsiani e Michel Fortuna. Su quanto accaduto all'interno del Miro, qualche ora dopo, ha ricordato la rissa all'interno del locale («ho visto 3-4 che si spingevano»).
Un altro teste, Simone Fiorletta, ha ricordato di aver visto al Miro Mario e Franco Castagnacci e Paolo Palmisani. Ha riferito di esser uscito dal locale e di aver visto Emanuele lamentarsi con un buttafuori dicendo che lui non aveva fatto niente e che non era giusto che era stato allontanato. Ha aggiunto di aver sentito uno schiaffo e visto Emanuele correre verso la parte alta della piazza «inseguito dai buttafuori e da altre persone», salvo poi aggiungere che tra questi c'erano i due Castagnacci e Palmisani. Per il teste «era palese che stavano facendo a botte». Quindi ha riferito di aver sentito una voce dire tre volte «è morto».

Palmisani e Mario Castagnacci erano stati notati all'interno del Miro anche da un altro testimone, Emanuele De Santis.
Che ha poi rievocato un colloquio tra Palmisani e la ragazza, in napoletano nel quale il primo diceva «Qui comando io».
Ha aggiunto di aver capito che era successo qualcosa quando il buttafuori albanese ha detto di spegnere la musica.
A proposito dei buttafuori, lo stesso testimone ha riferito di averli sentiti confabulare: «Quel ragazzo aveva un sacco di forza», frase ieri attribuita a Manuel, mentre nei precedenti interrogatori aveva detto di non sapere chi l'avesse pronunciata, e poi «dobbiamo risolvere la situazione di questa sera» e, riferito a un altro, «ho preso un pugno al collo». Su sollecitazione dell'avvocato Angelo Bucci ha aggiunto un altro elemento «domani ci sentiamo e vediamo come dobbiamo comportarci».
Quindi ha concluso che Palmisani si faceva chiamare "don Paolo".