Mercoledì si riprende. Il processo per l'omicidio di Emanuele Morganti in corso davanti alla Corte d'assise di Frosinone arriva alla terza udienza. Sotto accusa per omicidio volontario ci sono le quattro persone attualmente detenute, ovvero Franco e Mario Castagnacci, padre e figlio, di 50 e 27 anni, Paolo Palmisani, 24, e Michel Fortuna, 25, i primi tre di Alatri, il quarto di Frosinone. La prima udienza, il 19 settembre, è servita per introdurre il processo, fare le richieste di prova, come le lunghe liste di testimoni, e affidare l'incarico per la trascrizione delle intercettazioni ambientali e telefoniche (incarico poi rifiutato e che ha imposto la nomina di due nuove perite). Nel dettaglio il pm ha chiesto di sentire 85 testimoni, molti dei quali, peraltro, comuni con le altri parti.

La famiglia Morganti, rappresentata dall'avvocato Enrico Pavia, ne ha indicati altri 70, quindi, 49 la difesa di Franco Castagnacci (assistito dall'avvocato Marilena Colagiacomo), 34 i legali di Mario Castagnacci e Palmisani (difesi dagli avvocati Angelo Bucci e Massimiliano Carbone) e 16 gli avvocati Giosuè Naso e Christian Alviani che rappresentano Fortuna. Nella stessa udienza è stata vietata la ripresa delle fasi del processo con i mezzi di riproduzione. Il primo ottobre  nuovo round per sentite i primi testi. In quell'occasione la deposizione chiave è stata quella del maggiore del Nucleo investigativo dei carabinieri di Frosinone Antonio Lombardi. Sentiti anche dei tecnici, del Ris e un ingegnere, sugli strumenti utilizzati per creare un modello tridimensionale della piazza, utile a capire i testi dov'erano posizionati quella sera e cosa potevano vedere, ed altri carabinieri intervenuti nell'immediatezza dei fatti sulla scena del crimine. Mercoledì andranno sentiti i medici legali, nonché, nel pomeriggio, anche i carabinieri.

Emanuele Morganti è stato massacrato di botte, la sera del 24 marzo 2017. Insieme a degli amici, si era recato al Miro music club, a piazza Regina Margherita, nel cuore del centro storico di Alatri. Lì venne prima allontanato dai buttafuori e, una volta all'esterno, colpito brutalmente, in tre momenti e in tre luoghi distinti tra piazza Regina Margherita e via dei Vineri.

A seguito dell'ultimo colpo, Emanuele ha sbattuto sul montante di una Skoda per non rialzarsi più da terra. Morirà il 26 marzo a Roma dove era stato portato in un estremo tentativo di strapparlo alla morte. Il 28 marzo a Roma ci sono i primi due arresti, quelli di Mario Castagnacci e Paolo Palmisani che si erano rifugiati da una zia. Il 10 aprile scatta un terzo fermo: anche Michel Fortuna, l'unico frusinate del gruppo, finisce in carcere. Infine, il 30 ottobre un'ordinanza di custodia cautelare colpisce Franco Castagnacci, nel frattempo coinvolto anche in un'inchiesta per droga. A novembre si chiudono le indagini a carico dei quattro, i tre pm che hanno coordinato l'inchiesta condotta dai carabinieri, contestano un'azione condotta in uno stato di «esaltazione collettiva» e «sotto l'effetto di sostanze alcoliche e stupefacenti». Il processo dopo un tentativo della difesa di spostarne la sede inizia il 19 settembre.

di: La Redazione

Il procuratore Giuseppe De Falco lo aveva fatto intendere nel corso dell'intervento introduttivo al processo per l'omicidio di Emanuele Morganti. Ma ora la procura è andata anche oltre. Il pool di magistrati che ha coordinato le indagini per il delitto del giovane di Tecchiena di Alatri ha avanzato al gip la richiesta di archiviazione nei confronti dei quattro buttafuori del Miro music club, inizialmente indagati per rissa aggravata e successivamente anche per concorso in omicidio. La richiesta di archiviazione, che andrà vagliata dal gip, riguarda entrambe le contestazioni.

Quando si è aperto il processo per l'omicidio di Emanuele (attualmente in corso davanti alla Corte d'assise nei confronti di Franco e Mario Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna), il pubblico ministero De Falco nel formalizzare le richieste istruttorie aveva effettuato una cronistoria dell'indagine. E un passaggio l'aveva dedicato anche ai quattro buttafuori, affermando che, nei loro confronti, non erano emersi elementi tali da poterli portare in giudizio. Era stata, in sostanza, l'anticamera della richiesta di archiviazione che, ora, è stata formalizzata.

L'istanza di archiviazione è stata così notificata ai quattro indagati, ovvero all'albanese Pjetri Xhemal, 33 anni, residente in provincia di Lecco, e agli italiani Michael Ciotoli, 27 anni, Damiano Bruni, 27, e Manuel Capoccetta, 29, tutti di Ceccano, nonché alla parte offesa, ovvero la famiglia Morganti. Quest'ultima avrà venti giorni di tempo per presentare opposizione e chiedere che l'istanza venga respinta o che vengano svolte altre indagini. A scrivere l'ultima parola sarà sempre il gip del tribunale di Frosinone.

I pm Giuseppe De Falco, Adolfo Coletta e Vittorio Misiti che hanno coordinato l'indagine condotta dai carabinieri, sviluppatasi con accertamenti tecnici anche con l'ausilio del Reparto investigazioni scientifiche dell'Arma, intercettazioni ambientali e telefoniche e con l'audizione di 165 persone tra presenti quella sera di marzo 2017 al Miro e informati sui fatti, hanno concluso dunque che nei confronti dei buttafuori, peraltro ascoltati tre volte, non ci sono elementi concreti. Cosa più volte ribadita anche dagli avvocati dei quattro buttafuori che hanno condotto delle indagini difensive.

I legali di due dei quattro, gli avvocati Giampiero Vellucci e Riccardo Masecchia hanno espresso soddisfazione per la richiesta della procura. «La decisione della Procura della Repubblica non ci sorprende - hanno detto - ed era da noi attesa e messa in preventivo dall'inizio. Abbiamo sempre ritenuto che, nonostante il parere contrario dell'opinione pubblica, i nostri assistiti non fossero responsabili della vicenda. C'è voluto un anno e mezzo per arrivare a questa provvisoria decisione alla quale dovrà seguire la pronuncia definitiva, a dimostrazione che la nostra iniziale valutazione fosse giusta. Attendiamo la decisione del gip sia che ci sarà o meno l'opposizione della famiglia Morganti. Solo allora si potrà conoscere la parola fine».

di: Raffaele Calcabrina