Aveva iniziato la sua deposizione a novembre, ieri l'ha proseguita e la completerà a dicembre. È un lungo esame quello del capo della squadra mobile, Carlo Bianchi, per spiegare al tribunale di Frosinone la genesi e gli sviluppi dell'inchiesta sulle patenti facili alla motorizzazione.

Dei tre procedimenti nati dall'inchiesta Pay to drive, che ha già portato a una serie di condanne in primo grado con il rito abbreviato e i patteggiamenti, due sono stati riunificati nel capoluogo, mentre un terzo è a Roma. Il vicequestore ha risposto alle domande del pubblico ministero Barbara Trotta a cominciare dalla perquisizione effettuata nell'autoscuola di Donato Ferraro, 67 anni, residente a Cassino, il principale imputato dopo la condanna in abbreviato dell'ex direttore facente funzioni Roberto Scaccia.

«Abbiamo trovato delle schede contabili - ha spiegato il teste - con gli estremi anagrafici dei candidati, l'esame da sostenere e gli importi pattuiti e corrisposti». Bianchi ha accennato agli esami di massa ai quali per la teoria della patente B partecipavano candidati, indicati dalle autoscuole finite al centro dell'inchiesta, per lo più stranieri e di fuori provincia. Ognuno, stando alle schede contabili sequestrate dalla squadra mobile e acquisite dal tribunale, arrivava a pagare dai tremila ai cinquemila euro.

La squadra mobile ha chiesto alla motorizzazione l'elenco di quanti hanno sostenuto un esame alla motorizzazione di Frosinone dal 2010 al 2016. E tali nominativi sono stati comparati con le schede contabili sequestrate. La deposizione è proseguita con un lungo elenco delle sessioni di esame teorico per valutare le posizioni non solo di Ferraro, ma dei vari esaminatori. Si tratta degli «esami di massa» nei quali, di volta in volta, si presentavano 20, 19, 14 candidati che venivano poi tutti regolarmente promossi (tranne gli assenti). Di alcuni sono state trovate le schede contabili, ha spiegato ancora Bianchi, indicando le somme versate da magrebini, cinesi, albanesi, serbi residenti in varie parti d'Italia soprattutto nelle province di Roma e Perugia, ma anche in Toscana, Abruzzo, Emilia Romagna e Lombardia. Questi - per l'accusa - avrebbero pagato ottenendo in cambio un aiuto durante le prove. Evidenziata dal vice questore la presenza di un intermediario, un egiziano di Guidonia, che «faceva guadagnare duemila euro per ogni candidato presentato», ricevendo una provvigione.

Bianchi ha fatto riferimento anche a un'intercettazione ambientale nell'ufficio del direttore Scaccia con Donato Ferraro nel quale è emerso che il primo avrebbe esaminato alcuni candidati indicati dal secondo per la patente C (all'epoca non erano stati ancora introdotti i test). In questo caso - come spiegato da Bianchi - le somme da pagare sono più alte e si aggirano tra i 2.500 euro e i 3.000 fino a un massimo di 5.000 al posto dei mille euro concordati in precedenza. A un certo punto, però, qualcosa cambia. Dopo la perquisizione negli uffici dell'allora direttore, Bianchi ha ricordato gli esami di massa non furono più svolti. In totale, in tutta l'operazione, gli indagati sono stati 131. Nel collegio difensivo gli avvocati Dell'Aversano, Ottaviani, Vellucci, Nardoni, Ranaldi, Giuliano, Prisco, Stellato, Alviani, Di Meo e Pica.