«Ho sempre saputo che Serena era morta in caserma» ha detto papà Guglielmo ieri alla "Vita in Diretta". Ora che le indagini sembrano a un passo dalla fine, con le nuove risultanze del Ris che hanno blindato la morte della studentessa nella caserma di Arce, Guglielmo Mollicone è pronto alla verità. E chiede giustizia, con l'arresto dei colpevoli. È grato a quei carabinieri del colonnello Cagnazzo e alla procura del dottor D'Emmanuele che hanno saputo nutrire la fede nell'Arma e nelle istituzioni che non lo ha mai abbandonato.

«Nelle ore in cui Serena veniva uccisa, una donna delle pulizie avrebbe sentito in caserma un tonfo. Ma quando citofonò per chiedere spiegazioni, nessuno aprì. Né il lunedì successivo qualcuno chiarì: si disse che nessuno aveva sentito il campanello -ha detto Guglielmo- Non l'unica stranezza, però, legata alla morte di mia figlia. Penso al registro delle presenze con tante cancellature e con una pagina mancante: questo l'impulso della nuova attività d'indagine. Era quello, l'ingresso in caserma, il punto da cui partire. Proprio ciò che ho detto per 17 anni».

Un'attesa infinita anche per la figlia del brigadiere Tuzi, caso legato evidentemente al delitto Mollicone. «Non ho mai creduto al suicidio per amore di mio padre -ha dichiarato Maria Tuzi- Pochi giorni prima di morire era stato ascoltato dagli inquirenti: raccontò che era stato avvisato dall'interfono che stava per arrivare una ragazza. Dalle telecamere la vide: non passò in caserma ma direttamente negli alloggi. Poi aggiunse che Serena durante il suo turno non uscì. Al confronto in procura non ci arrivò: venne ucciso prima. E nessuno ha mai pensato il contrario».