Patenti facili alla motorizzazione, resta sequestrata la Ferrari California. Nell'ambito dell'inchiesta pay to drive, condotta dalla squadra mobile di Frosinone, che, nell'aprile del 2016 portò all'arresto di venti persone (di cui tre in carcere e le altre ai domiciliari) erano stati disposti anche i sequestri patrimoniali.
Tra i beni sequestrati anche la Ferrari California di Donato Ferraro, 67 anni, nato a Marcianise, ma residente a Cassino, ritenuto dalla procura di Frosinone uno delle figure di spicco dell'associazione accusata di aver consentito l'illecito conseguimento delle patenti di guida o la revisione attraverso una serie di condotte, tra cui il falso e la corruzione dei pubblici funzionari.

In sede di udienza preliminare Ferraro, gestore e socio di diverse autoscuole, avrebbe dovuto patteggiare, ma poi era saltato tutto proprio in relazione ai beni destinati a confisca. Ferraro, attualmente a giudizio, ha così impugnato fino in Cassazione il provvedimento del tribunale che il 9 febbraio 2018 aveva respinto la richiesta di restituzione e dissequestrato del bolide.
Nel respingere l'istanza il tribunale del Riesame affermava che la documentazione difensiva «non era in grado di superare le motivazioni poste a fondamento del decreto di sequestro considerato che l'ampio lasso di tempo trascorso tra le compravendite dalle quali sarebbe stata tratta la liquidità necessaria per l'acquisto della prima autovettura e per il versamento del conguaglio relativo alla seconda, della quale viene chiesto il dissequestro, non consentiva una sicura tracciabilità del denaro e una esatta ricostruzione della vicenda e che la capacità reddituale del ricorrente e dei suoi familiari non erano tali da giustificare acquisti di tale importanza». Ferraro contestava la valutazione data ai documenti allegati, nonché l'assenza di motivazione da parte del Riesame.

La seconda sezione della Cassazione ha però ritenuto inammissibile il ricorso. E ha ribadito che in materia di sequestro preventivo il ricorso è ammesso solo per violazione di legge per censurare errori «commessi dal giudice di merito, la cui decisione risulti di conseguenza radicalmente viziata». Le censure sono state ritenute «del tutto generiche» dato che nel caso la Cassazione non ha ravvisato una mancanza di argomentazioni né tantomeno una motivazione puramente apparente,«avendo il tribunale del Riesame compiutamente evidenziato quegli elementi fattuali che inducevano a ritenere l'insussistenza di elementi idonei ad affermare la lecita provenienza della provvista utilizzate per l'acquisto del bene sequestrato».

I due procedimenti, al momento in piedi davanti al tribunale di Frosinone (un terzo è andato per competenza a Roma) sono stati riuniti. L'inchiesta è nata per un equivoco. All'ultimo momento un esaminatore compiacente venne sostituto, ma per risparmiare sulle spese il nuovo non venne avvertito che nella sessione c'era una candidata che aveva pagato per superare la prova.
L'esaminatore anziché denunciare, si presentò nell'ufficio del direttore della motorizzazione. Ma i due non potevano sapere che l'inchiesta era già partita e che la polizia li teneva sotto controllo