"Mafia Capitale": quattro anni e sei mesi di reclusione per Mirko Coratti. L'ex presidente Pd dell'assemblea capitolina ha avuto una riduzione di pena nella sentenza di appello di ieri, ma i giudici non hanno creduto alla sua innocenza. La corte d'appello, nonostante le riduzioni di pena e le assoluzioni, ha sentenziato che a Roma la mafia c'è. La struttura che faceva capo a Massimo Carminati, "non era una struttura criminale qualunque, ma una associazione di stampo mafioso" con le caratteristiche indicate nell'articolo 416 bis del codice penale. Lo aveva detto in tempi non sospetti il procuratore generale Pietro Catalani. Un processo gigantesco con 46 imputati, dieci milioni di pagine, udienze serrate al ritmo di quattro a settimana, centinaia di testimoni e una pressione mediatica alle stelle. Proprio la tesi dell'associazione mafiosa è il perno dell'inchiesta della Procura di Roma, poi caduta nel processo di primo grado. E ieri i giudici d'appello hanno smentito i loro colleghi. Anche se poi i magistrati della III Corte d'appello hanno ridotto le pene.
Quello di cui è stato accusato Mirko Coratti è considerato un reato "minore" e già il primo grado aveva comunque stabilito che era un "corrotto", condannandolo a sei anni di reclusione, pena ridotta a quattro anni e sei mesi. Una vicenda triste per Roma che conferma il legame tra la criminalità organizzata e la politica. L'ex terrorista nero Carminati (ex affiliato Banda della Magliana come pure il monticiano Nicoletti, banchiere dell'organizzazione) e l'ex imprenditore Buzzi si trovano in carcere dal 2014, ritenuti i capi dell'organizzazione che per anni ha tenuto sotto scacco imprenditori e amministrazione pubblica romana. Appalti, commesse pubbliche, attività economiche: tutto era gestito dal gruppo criminale dell'ex esponente dei Nar. Nel 2011 l'incontro con Buzzi e i primi contatti con la politica, senza però abbandonare violenza, estorsione e usura.
Mafia a tutti gli effetti, quella che i giudici di primo grado non avevano riconosciuto.