Nessuno vuole parlare, chi è in giro per le commissioni di routine non vuole neppure essere avvicinato e affretta il passo. O scuote la testa, con gli occhi gonfi. Una tragedia troppo grande per qualsiasi comunità, figuriamoci per quella di Esperia, dove ognuno conosce e aiuta gli altri. Dove a differenza del cinismo delle grandi città, ancora si ragiona per famiglie e discendenze o per zone; dove ancora è possibile fermarsi a chiacchierare un attimo con persone che si conoscono da sempre, come in una grande famiglia, senza darsi appuntamento con largo anticipo. Quei muretti a secco, quelle case separate, arroccate, ognuna con un pezzo di verde e un giardino davanti, quasi a piombo su pendici montuose, traggono in inganno: sono le costruzioni ad essersi adattate al territorio impervio, ad essersi plasmate a quella roccia ("Sperone" su cui Esperia è posta e a cui – forse – deve anche il suo nome) che incombe e che in alcuni tratti viene tenuta da una rete d'acciaio.

Il cuore degli abitanti di Esperia, invece, è più unito che mai, attaccato a quei ragazzi «che avevano davvero tutta una vita davanti». «Delle perle, dei giovani solari e appassionati. Persone speciali, come pure il padre lo era», ci dicono in uno dei due bar del paese, dove alcuni trattengono le lacrime a stento. Altri si lasciano andare a un pianto da togliere il fiato. «Con la sua chitarra Mariano allietava le nostre serate. Quando arrivava in piazza era per tutti una festa», ricordano i pochi cittadini che riescono a lasciarsi andare all'emozione. Non è una questione di pudore né può trattarsi di omertà: in questa brutta vicenda, tutti hanno perso. E al di là di cosa diranno i carabinieri – coordinati dal dottor Bulgarini – sui motivi della strage, la comunità è diventata povera: si è svegliata orfana di tre concittadini apprezzati e amati.

I giovani non potranno più godere dei momenti spensierati con i loro amici fedeli e sinceri, di quei due fratelli belli fuori e dentro, mai sopra le righe. Così come era papà Giovanni. La mamma, la maestra Flora, è ora chiamata alla prova più dura: molti sono stati i pensieri di vicinanza rivolti a lei. Qualcuno sta pregando per lenire il suo dolore. Ogni madre ha ricevuto un colpo allo stomaco immaginando anche solo per un momento cosa abbia potuto pensare Flora, rientrando a casa dopo la sua passeggiata mattutina. Lei che prima del comprensibile malore è stata persino in grado di chiamare i soccorsi. «Ormai si è detto tutto, anche troppo», ha aggiunto un altro residente. La cosa che non può lasciare indifferenti è davvero la grande partecipazione alla tragedia vissuta dalla famiglia Paliotta, non certo un dolore di facciata: un trasporto visibile negli occhi di ogni persona incrociata anche solo per alcuni istanti.

Ancora ventiquattr'ore e l'autopsia spazzerà via ogni dubbio offrendo una chiara ricostruzione della strage. L'incarico verrà affidato al dottor Margiotta domani mattina, così come disposto dalla procura di Cassino. Quindi avrà luogo l'esame sui corpi di Giovanni, Isabella e Mariano. E se non dovessero esserci impedimenti, il dottor Bulgarini darà contestualmente il nulla osta per il rilascio delle salme.

I funerali potrebbero - dunque - avere luogo già sabato ma forse oggi è ancora prematuro stabilire una data certa. Di sicuro, vista la commozione dell'intera comunità, ci si attende una partecipazione senza eguali: troppo grave la perdita di due ragazzi tanto giovani, figli, fratelli e nipoti di ogni singola famiglia del paese, sotto choc per l'accaduto.

L'autopsia servirà a chiarire, senza ogni ragionevole dubbio, se i colpi esplosi siano stati soltanto tre; se il padre nel momento della violenza fosse lucido; se la morte delle vittime sia sopraggiunta nell'immediatezza per l'esplosione dei proiettili. A fare da contraltare ai risultati autoptici, saranno quelli dell'analisi balistica, quelli dello stub (il "guanto di paraffina") effettuato anche sulle mani della moglie Flora e quelli della comparazione dei tamponi con tutte le tracce repertate su cellulari, accappatoi, asciugamani e vestiti. Pezzi di un puzzle a cui andranno ad aggiungersi i tabulati telefonici e altri accertamenti nelle mani dei carabinieri.

Neppure ieri è stato possibile per il magistrato ascoltare la maestra Flora, 51 anni, unica sopravvissuta alla strage: era fuori durante la mattanza. Quando poco prima delle 8 ha fatto rientro a casa, dopo una delle consuete passeggiate che amava tanto fare, ha trovato i suoi adorati ragazzi ormai senza vita nel letto e suo marito a terra. Solo il tempo di allertare il 118 e i carabinieri, poi il malore e il ricovero in ospedale dove resta sotto stretto controllo. Chissà se in quella manciata di minuti prima dell'arrivo dell'ambulanza che l'ha trasportata al Santa Scolastica avrà realizzato che non si era trattato di una rapina finita male, di un balordo che senza pietà aveva sterminato la sua famiglia. Ma che a strappare alle sue braccia Mariano e Isabella, di 27 e 19 anni, era stato proprio l'amore della sua vita.

di: Carmela Di Domenico

Della loro vita insieme, delle feste di Natale, dei compleanni, dei traguardi raggiunti e dei momenti bui superati grazie al supporto reciproco; delle serate passate davanti alla tv, della loro intimità, di ogni attimo condiviso e di tutti i progetti ancora da realizzare resta solo un foglietto di carta tenuto fermo sulla cassetta postale in ferro con dello scotch. Sopra, in stampatello, non solo i nomi dei genitori Giovanni Paliotta e Flora Ciferri ma anche quelli di Isabella e Mariano Paliotta, i due ragazzi freddati nel sonno dal padre, prima di suicidarsi. Difficile non scorgere anche in questi piccoli dettagli un sentimento di unità, di condivisione che si respirava all'interno di quella che resta, anche dopo la tragedia, una famiglia modello. «Non può essere, non ci credo. Non è stato Giovanni. Deve essere entrato un estraneo che li ha uccisi tutti», continuano a ripetere i cittadini di Esperia, che a ventiquattr'ore dal terribile caso di omicidio-suicidio stanno pian piano realizzando la portata di quanto accaduto.

Proprio la modalità del delitto resta l'elemento cardine su cui vanno avanti le indagini: gli inquirenti coordinati dal sostituto procuratore Roberto Bulgarini Nomi vogliono accertare, senza ombra di dubbio, che la mano omicida sia proprio quella dell'ex ferroviere in pensione che amava la sua famiglia, che seguiva i saggi della figlia, pronto con la telecamera a immortalare ogni attimo; la stessa che aveva educato i suoi amati ragazzi al rispetto di tutti. La scena analizzata all'interno dell'abitazione in via Vittorio Emanuele fino a tarda sera dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Frosinone, guidati dal maggiore Lombardi, insieme ai colleghi della Compagnia di Pontecorvo sotto sequestro e un mazzo di rose bianche posato su una fioriera all'esterno della palazzina (coordinata dal capitano Nicolai) – agli ordini del colonnello Cagnazzo – farebbe escludere la presenza di un estraneo, magari di un rapinatore: nessuna confusione in casa, nessuna stanza a soqquadro.
Solo i corpi immobili di Isabella di 19 anni e di Mariano di 27, ancora nel loro letto a castello. A terra, quello di Giovanni, morto sempre a seguito dell'esplosione del colpo di una calibro 380, modello 34 (un "9 corto") vecchissima e mai dichiarata.

E questo, insieme all'insensatezza e alla disumanità del gesto, è un altro dei punti oscuri: perché un uomo tanto preciso, con una calibro 22, un'altra pistola e fucili da caccia dichiarati e con una licenza da caccia regolare nel cassetto avrebbe omesso di dichiarare un'unica arma? Potrebbe averla ereditata, visto il modello fuori mercato. E la scelta – sempre che anche l'autopsia confermi che si sia trattato di un omicidio-suicidio – non sarebbe stata casuale. Quella calibro 22 con unico colpo non avrebbe potuto "assicurare" la strage, l'altra in suo possesso avrebbe rischiato di sfigurare i ragazzi. L'unica per poter farla finita in pochi minuti – poco dopo le 7 – senza errori, prima del rientro di Flora, era proprio quell'arma clandestina.
Se i risultati delle analisi scientifiche (che non saranno pronte prima di 15 giorni) serviranno a colmare quella parte sottile intessuta ancora di dubbi e ipotesi, sul movente si scava ancora a piene mani. Una strage del genere, qualsiasi dovesse essere il movente che verrà messo nero su bianco in procura, non ha alcuna spiegazione accettabile. La squadra del dottor Bulgarini, insieme ai carabinieri che stanno portando avanti meticolose indagini, stanno scavando nei rapporti interpersonali della coppia. Per questo hanno già ascoltato amici, parenti, vicini e conoscenti: testimonianze preziose, valide per ricostruire un quadro complessivo in cui inserire la violenza ma del tutto inutili a spiegare un gesto tanto efferato. Né la perdita di due ragazzi con tutta la vita davanti. 

di: Carmela Di Domenico