L'arma del delitto non si trova. Restano in piedi le ipotesi, tutte solidissime, avanzate dagli inquirenti finora. Ma quel dettaglio, quell'elemento in più necessario a chiudere il cerchio, non sarebbe saltato fuori neppure ieri mattina, quando i carabinieri della Compagnia di Pontecorvo, i colleghi del Ris e il magistrato De Franco hanno calpestato ancora una volta l'erba del giardino dei Teoli. Hanno catturato con lo sguardo (e non solo) ogni dettaglio degli interni dell'abitazione in cui è avvenuta la violenza sfociata poi nella morte di Antonio Teoli, il sessantottenne di Esperia colpito con tre o quattro colpi mortali al culmine di una lite in famiglia. Colpi sferrati, secondo gli inquirenti, dal figlio Mario che resta in carcere con l'accusa di omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela.

La violenza
Gli inquirenti non hanno dubbi sulla dinamica. La violenza sarebbe scattata al culmine di una lite violentissima nata per futili motivi, forse per questioni economiche, scrive il gip Scalera nella convalida della misura. La chiamata del figlio Mario arriva al 118 alle 21.05: è il trentenne, come verrà ricostruito dai carabinieri, ad allertare i medici. Una richiesta d'aiuto convulsa, in cui il giovane lascerà intendere che qualcuno avrebbe accoltellato entrambi. Ma le versioni rese dal giovane, assistito dall'avvocato Angelo Pollino, sono davvero tante. Troppe. In parte legate a un tasso alcolemico, riscontrato all'ingresso in ospedale, davvero altissimo. Prima della convalida Mario renderà spontanee dichiarazioni al pm, poi sceglierà la strada del silenzio davanti al giudice Scalera. Mario, trovato senza vita accanto al pozzo, è morto per quei colpi inferti al torace e all'addome che pare non gli abbiano lasciato scampo. L'ipotesi più accreditata è che siano stati inferti con del vetro, tanto che insieme a un coltello da cucina (ritenuto non compatibile) sono stati sequestrati nell'immediatezza anche dei cocci insanguinati. Neppure l'autopsia, però, ha fugato alcuni dubbi sull'arma. Così ieri i militari del capitano Nicolai e del tenente De Lisa, insieme ai colleghi del Ris con il capitano Rapone, alla sezione di Pg della segreteria del dottor De Franco e allo stesso magistrato titolare dell'inchiesta è stato eseguito il nuovo sopralluogo.

L'ispezione
L'ispezione, durata alcune ore, ha riguardato il giardino, la cucina, le camere: ogni ambiente è stato controllato. Da dove potevano provenire quei cocci e come ha fatto il figlio a usarli senza riportare ferite di rilievo, tali da rendere ad esempio necessaria un'operazione? Dunque mancherebbe all'appello proprio l'arma, l'oggetto con cui Antonio è stato colpito a morte. Potrebbe essersi trattato di una bottiglia? Restano da visionare, secondo i beninformati, diversi ambienti.
Magari proprio il pozzo o altre zone di pertinenza dell'abitazione, in particolare quelle esterne. Le indagini, delicatissime, vanno avanti e l'immobile resta sottoposto a sequestro.

A caccia dell'Arma del delitto. A caccia di elementi utili alla ricostruzione che vede un padre di 68 anni, Antonio Teoli, morto dopo aver ricevuto cinque colpi all'addome e un figlio in carcere per omicidio volontario aggravato.

Le ipotesi avanzate finora dagli inquirenti vedono sia un coltello che i pezzi di vetro di una porta come potenziali armi ma si scava ancora. Si torna con il Ris - esattamente in questo momento - su quei luoghi per trovare la prova delle prove. Per capire se ci sono altri oggetti appuntiti compatibili con le ferite mortali inferte oppure ulteriori elementi utili a descrivere la scena: dal primo piano, al piano terra fino al giardino della villetta di Esperia dove il papà è andato a morire dopo i colpi ricevuti. In un disperato tentativo di fuga.

È stato il figlio Mario Teoli a chiamare il 118, poi il fratello, per dare l'allarme. Ma ad ognuno ha dato versioni contrastanti. Ora il giudice ha convalidato il fermo e lo ha lasciato in carcere, intanto i Ris e i carabinieri della compagnia di Pontecorvo sono tornati in quel luogo dove si è consumata la più atroce delle tragedie in famiglia.

di: Katia Valente