Una vita difficile, soprattutto da quando la morte prematura della madre aveva scavato un vuoto incolmabile. Quella che si legge in controluce, guardando da lontano la storia che ha portato mercoledì notte alla morte di Antonio Teoli, originario di Rocca D'Evandro, è soprattutto una storia di silenzi. In molti, come raccontano i vicini, sapevano di liti e diverbi, consumati e risolti tra le mura di casa. Nessuno sembrerebbe essere mai intervenuto di peso. Nessuno avrebbe, comunque, immaginato un epilogo simile. E se le indagini serviranno a capire cosa sia accaduto in quell'abitazione isolata, avvolta dal verde e lontana da occhi indiscreti, resta l'amarezza di un'intera comunità, sotto choc, per una morte tanto violenta.

«Un dispiacere profondo per questa immane tragedia. La comunità è scossa da fatti che non dovrebbero mai accadere: ci si conosce tutti - ha commentato il sindaco di Esperia, Giuseppe Villani, giunto sul posto subito dopo - La notizia ha fatto il giro del paese già nella notte. Una famiglia stimata, molto conosciuta soprattutto quella della madre: era per amore che Antonio, da Rocca d'Evandro, si era trasferito ad Esperia».

Il matrimonio, il trasferimento nella casa di famiglia della moglie, poi la nascita di due figli e il lavoro in Fca: una vita fatta di quotidiane, piccole e grandi gioie. Poi, circa 16 anni fa, la morte del vero perno del ménage familiare e l'inizio di una vita dura. Anche in questa direzione i carabinieri si stanno facendo strada, entrando nella vita privata della vittima, in quella di un ex operaio Fca che aveva dato tutto per la famiglia, crescendo i suoi due figli insieme alla moglie, scomparsa troppo presto. Da allora ogni incombenza sarebbe stata sua, anche quella di gestire alcuni problemi con la giustizia.

Era la fine dello scorso mese di agosto quando una denuncia per un presunto danneggiamento (con annessa ipotesi di furto) di antenne per la ricezione del segnale tv comincia ad aprire un varco nella normale gestione della loro vita, già appesantita ormai da tempo dall'assenza di una mano femminile. Poi, a settembre, padre e figlio vengono arrestati per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale: dopo aver allertato i militari per questioni di confine, avevano dato in escandescenze. Ad accogliere la prima pattuglia una vera e propria sassaiola: messa da parte la querelle nata con i confinanti (e parenti del pensionato) le attenzioni erano state "riservate" tutte agli uomini dell'Arma.

Dal muretto erano volati sassi e ancora sassi per colpire i carabinieri. Ma terminata la sassaiola, il livello della violenza si era addirittura alzato: prima una colluttazione con i militari, che avevano riportato diversi giorni di prognosi, poi la minaccia di farli fuori. Imbracciando un forcone, brandendo un'ascia e una motosega (come accertato dai militari) sarebbe stato intimato agli operanti di andarsene, come poi era stato ricostruito in aula. E per questo erano finiti in carcere. Dopo la convalida - con un rito abbreviato - assistiti sempre dall'avvocato Pollino, una condanna a 3 anni. Solo quattro mesi fa la decisione, per buona condotta, di farli tornare a casa.

Omicidio volontario aggravato. È questa l'ipotesi di reato contestata a Mario Teoli, il trentenne accusato di aver ucciso il padre al culmine di un'accesa discussione. Una lite senza troppa importanza, di quelle nate tra le mura domestiche per visioni divergenti della vita: la differenza d'età pesava nel ménage familiare. Poi i continui rimbrotti per una denuncia legata a un presunto danneggiamento di antenne e ancora quella resistenza a pubblico ufficiale, costata addirittura l'arresto. Ruggini sedimentate talmente in profondità da rendere ogni diverbio un motivo sufficiente a far ribollire vecchi rancori, almeno secondo quanto stanno ricostruendo i carabinieri guidati dal colonnello Cagnazzo.

La versione del figlio
Alle 21 di mercoledì la chiamata al 118 e la corsa in quella casa di Esperia, su una provinciale buia e lontana da occhi indiscreti, sperando di evitare il peggio. Invece per Antonio Teoli, di 68 anni, non c'era più nulla da fare. In stato di fermo, nell'immediatezza dei fatti, con l'accusa di aver colpito con sei fendenti suo padre, quattro all'addome - morto nel giardino di casa, riverso accanto al pozzo - il figlio Mario, di 30 anni.

Una versione non confermata, però, dal giovane che questa mattina,verrà sottoposto all'udienza di convalida in carcere. Ieri, intorno alle 14.30, Mario - trasferito poco prima dell'ora di pranzo dall'ospedale Santa Scolastica di Cassino, dove era stato ricoverato in stato d'agitazione nella notte della violenza, al carcere di Cassino - ha deciso di rendere dichiarazioni spontanee al magistrato Emanuele De Franco, negando ogni contestazione. Alla presenza del suo legale, l'avvocato Angelo Pollino, ha ammesso il litigio nato per quei futili motivi che vanno inevitabilmente a finire in solchi di vita familiare. Ma mai di aver colpito suo padre all'addome. In base alle primissime informazioni trapelate, sembrerebbe che il trentenne fosse in stato confusionale. Avrebbe ricordato il litigio, le parole forti, la rabbia. Di essere quindi salito al piano superiore dell'abitazione familiare, di aver afferrato un vetro - forse parte di una porta rotta nel litigio - con cui potrebbe essersi ferito alle mani e al torace (in maniera lieve). Dopo un po', calmati i bollenti spiriti, sarebbe nuovamente sceso al primo piano dove suo padre non c'era più: il sessantottenne, ex operaio Fca, era in giardino, riverso accanto al pozzo. Immobile. Solo a quel punto, davanti a quel silenzio, avrebbe allertato il 118, i carabinieri della Compagnia di Pontecorvo e suo fratello. Una ricostruzione piuttosto fumosa, condita da molti "non ricordo". Ma che di certo ribalterebbe il quadro che ha sostanziato la pesante accusa.

La ricostruzione
Quattro fendenti all'addome, inferti con uno strumento appuntito. Forse con un coccio aguzzo, meno probabile l'ipotesi che sia stato usato un coltellaccio da cucina. All'interno della stanza, comunque, molto sangue. Stando alle prime indiscrezioni, la pista più accreditata resta quella di quattro colpi sferrati proprio con un pezzo di vetro. Ma questo, come molti altri dettagli, sono al vaglio dei carabinieri della Compagnia di Pontecorvo coordinata dal capitano Tamara Nicolai e dal tenente De Lisa. I rilievi effettuati dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Frosinone saranno dirimenti così come i risultati dell'autopsia della vittima, affidata dal sostituto procuratore De Franco alla dottoressa Daniela Lucidi e fissata per domani mattina. Intanto, questa mattina, Mario Teoli verrà sottoposto a convalida: sarà il gip a valutare gli elementi raccolti fino a questo momento e a cercare di mettere insieme i pezzi di un'indagine molto delicata.

di: Carmela Di Domenico