È tanta l'emozione nella voce di Arturo Papa, operaio Fca andato in pensione il 1° luglio dopo 43 anni di lavoro. Arturo è l'uomo con il quale Marchionne si fermò a parlare a lungo durante l'ultima visita. «Fu molto umile, mi mise una mano sulla spalla e mi chiese di cosa mi occupassi. Mi mise a mio agio. Si fermò ad ascoltare la mia storia, le mie esperienze in fabbrica e quando gli dissi che avevo lavorato anche in Serbia volle sapere come erano le condizioni lì. Per me è stato un onore lavorare in Fiat e avere la possibilità di conoscere Sergio Marchionne. Era un uomo come tanti, ascoltava davvero quando gli si parlava e con noi si è mostrato tanto umano, direi simpatico.

Avevamo di fronte l'uomo che ha risollevato le sorti del marchio, che era riuscito a rilanciare l'azienda a livello mondiale e sembrava invece uno di noi - la voce rotta dal pianto - Quando gli ho detto di essere fiero di far parte della famiglia Fiat si è aperto in un sorriso.
Dopo la notizia della morte in tanti mi hanno chiamato per confrontarsi, i ragazzi sono molto preoccupati, ma io li ho rassicurati, se si continua il piano di Marchionne andrà tutto bene. Sono entrato in fabbrica nel '66, ho visto tanti cambiamenti ma quello che ho visto fare a Marchionne è stata una vera novità».

Tra i giovani pensieri sparsi, c'è chi, come Antonio, ha detto: «Lavoro da poco più di un anno qui in Fca e ne so poco di Marchionne, ne so più per sentito dire da chi lavora qui da molti più anni di me e mi hanno detto quasi tutti che se oggi il marchio Alfa Romeo è arrivato a determinati livelli e se il marchio Fiat e conosciuto ancora di più in tutto il mondo il merito è soprattutto il suo. Poi si sa: c'è chi ne parla bene e chi ne parla male come in tutte le cose».
«Guarda i casi della vita, l'ad si è spento proprio oggi che erano previsti i tanto attesi conti trimestrali con l'azzeramento del debito - ha osservato amareggiato Marco - Dobbiamo dirgli grazie per aver fatto rinascere il mito Alfa Romeo, per aver riportato un nome di una leggenda nel mondo. Grazie per aver fatto del gruppo Fiat un gruppo mondiale facendo la fusione con Chrysler. Grazie per il coraggio e per la tenacia». «Ero piccolo e sognavo le auto, la Giulietta, l'Alfetta, la Spider duetto. Erano solo modellini, non avrei mai immaginato un giorno di far parte di questo mondo - ha detto Roberto all'uscita dei cancelli ieri - addosso questa maglia grigia e rossa sul quale c'è un simbolo che rappresenta tutta la mia vita: il Biscione».

L'uomo del "miracolo" economico in terra cassinate se n'è andato. Esattamente miracolo: l'odore della chiusura per Piedimonte si è sentito tante volte all'interno di uno stabilimento che vedeva progressivamente invecchiare le mura e le prospettive mentre il popolo degli operai viveva più a casa che in fabbrica.

Cassino, un nome immerso nella galassia Fiat con modelli incapaci di riabilitarla, ha avuto il suo santo protettore. Sergio Marchionne l'ha scelta. Con predilezione. Ha dirottato sulla terra benedettina investimenti che non si erano mai visti, eccezion fatta per il momento dell'insediamento negli anni Settanta. Ha creato una nuova linea, ha rivoluzionato la fabbrica, ha guardato e riguardato progetti e seguito cantieri fino a inquadrare ogni meccanismo, ogni vite, ogni spazio all'interno di un perimetro extraurbano dove si doveva respirare l'aria del futuro mondiale. E vincere le sfide con i principali competitors. In quest'angolo di pianeta ha immaginato che iniziassero a correre i nuovi modelli Alfa. E dalle linee della catena di montaggio dovevano dirottarsi verso l'America dove aspettavano a braccia aperta la "meccanica delle emozioni". Motori potenti e solida ingegneria alla base del nuovo successo negli States con i media che ne hanno celebrato le "gesta" mentre si continuava a citare la frase di Henry Ford: «Quando vedo un'Alfa Romeo mi tolgo il cappello».

Quel segmento D faceva gola a tutti. Lui è venuto a innestarlo a Cassino, non a Mirafiori o nel nord America, ma nella bassa Ciociaria dove la Fiat aveva fatto la fortuna di un territorio a vocazione agricola, stimolando trasferimenti e costruzioni, attività commerciali e, soprattutto, centinaia di aziende a servizio. Tutto stava miseramente morendo negli anni in cui la Fiat stessa viaggiava in direzione del baratro. Era il 2004 quando Marchionne – scelto da Agnelli nel 2003 per l'ingresso in cda – assunse la guida del gruppo automobilistico. Per tutti le speranze erano poco dissimili da un'illusione. Le sue decisioni, anche a Cassino, non vennero mai intese con immediatezza. Rapporti sui generis con la politica e con i sindacati, prospettive ribaltate, parole mai ovvie e cambiamenti scattanti all'interno di strategie che si potevano comprendere solo nel tempo.
Animo italiano, fino a 14 anni è vissuto in Abruzzo, costruzione della personalità in Canada e formazione lavorativa nel mondo. Difficile inquadrarlo.

Il creatore di Fiat Chrysler, l'uomo dell'accordo con Obama, della dialettica con Trump, ha scommesso gran parte della sua partita sulla rinascita dell'Alfa Romeo e sulla piattaforma Giorgio ha dato vita a Giulia e a Stelvio: nomi italiani per gare economiche internazionali. Un progetto che ha visto il battesimo di "Cassino plant", riuscendo a stordire un territorio che ha avuto il rientro a pieno regime di tutti gli operai, 300 giovani neo assunti e 532 che aspettano i nuovi modelli. Un bicchiere mezzo vuoto per quelle 1.800 nuove assunzioni annunciate, con Alfredo Altavilla al suo fianco, durante l'ultima visita a Cassino nel 2016? Dipende dai punti di vista. A riavvolgere il nastro e a fotografare la situazione prima del lancio della Giulia (il 24 giugno 2015 ad Arese) in pieno deserto economico cassinate, il bicchiere potrebbe traboccare di futuro.

Chi ha lavorato – indirettamente – a stretto contatto con l'universo Fca costruito da Marchionne sono stati i sindacati.
«Viene a mancare un uomo all'altezza di quello che rappresentava – racconta Giangrande della Uilm – Mancherà la sua particolarità, la sua caparbietà, la sua leadership. Un uomo che non ha mai avuto nulla da nascondere: con lui si è sempre intavolato un rapporto schietto, chiaro. Ti faceva maturare attente riflessioni. In questi anni ci sono stati momenti di confronto, pure di scontri, per la continuità lavorativa ma abbiamo anche condiviso molte cose. Viene a mancare un uomo che ha saputo far sì che Fca diventasse una multinazionale e guardasse al futuro. Cordoglio alla famiglia in questa difficile circostanza: è una perdita importante non solo per la Fca ma per il mondo industriale mondiale. A Cassino, dove ha trovato uno stabilimento solido e sul quale ha investito, sono certo che ci sarà continuità».

Dolore e cordoglio anche da Enzo Valente dell'Ugl: «Lo ricorderemo come l'uomo della rinascita di Piedimonte, nonostante le difficoltà che ci sono state, perché lui è stato un pioniere delle modifiche nelle relazioni sindacali. Noi apparteniamo a quella parte di sindacato che ha condiviso percorsi difficili, con sacrifico, ma alla fine il tempo ci ha dato ragione perché Cassino è al centro del mondo Fca, ha ricevuto tantissimi investimenti e ora sono una garanzia per noi. Anche in futuro continueremo a seguire questa strada con forte responsabilità». Condoglianze e dispiacere alla notizia anche da Mirko Marsella della Fim Cisl mentre tanti, tantissimi sono stati i messaggi social da parte della gente. In fabbrica dieci minuti di stop in memoria di Sergio Marchionne che si è spento a 66 anni ieri mattina nella clinica di Zurigo in cui era ricoverato.
Una decisione presa nel rispetto di colui che ha "creato" un marchio mondiale. Dieci minuti su tutti i turni. Le tute rosse (un tempo blu) poi hanno ripreso a lavorare per continuare a costruire quella "meccanica delle emozioni".

di: Katia Valente