Il lavoro è solo all'inizio. Lo sanno bene gli uomini della Finanza del Gruppo di Cassino, dell'Ingv, dei vigili del fuoco insieme ad amministratori, residenti e ambientalisti. Dopo vent'anni dalla prima inchiesta, vedere le ruspe affondare i denti metallici in zone su cui pende il dubbio di interramenti illegali, di veleni "custoditi" nel cuore della terra, ha il sapore della vittoria: la conquista di un diritto affatto scontato. Tutto questo grazie a una procura sensibile, a finanzieri capaci e ad attivisti caparbi. Qualunque dovesse essere il risultato dell'Arpa, comunque si procederà a un'attività di caratterizzazione e - si spera - di bonifica: un risultato, vent'anni fa, impensabile.

Dire senza ombra di dubbio che a Nocione siano stati seppelliti rifiuti pericolosi o tossici è impossibile: solo le analisi potranno chiarire cosa ci sia davvero. All'apparenza, grazie allo scavo effettuato ieri mattina a una profondità di cinque o sei metri, dalle viscere della terra sono spuntati fuori rifiuti urbani (in apparenza) misti a plastica, qualche copertone e qualche flebo: i famosi rifiuti ospedalieri provenienti dal Nord? Impossibile dirlo allo stato attuale. Forse si tratta "solo" dei rifiuti della famosa emergenza degli anni '90, quando a Cassino vennero individuati dei punti di stoccaggio per lo smaltimento. Ciò che è emerso ieri è, comunque, esattamente quello che i dati delle rilevazioni aeree coordinate all'allora colonnello Fortino avevano raccontato: zone in cui la concentrazione di taluni parametri sono più alti (i famosi 13 punti "caldi") accanto a zone - ispezionate anche ieri - ancora vergini. Di radioattività non v'è traccia nell'intera area. Dopo le attività eseguite dagli uomini del capitano Musone, coordinati dal colonnello Rapuano, occorrerà attendere che l'Arpa stabilisca scientificamente quali siano le sostanze rinvenute, in considerazione anche del fatto che la falda è emersa già durante gli scavi, a pochi metri dalla superficie.