C'è tutto il riscatto di un popolo nella magia di questa notte ciociara riempita dai suoni, dai colori, dagli occhi inebriati di tanti ragazzi, di uomini e donne che si abbracciano e cantano di gioia per un traguardo che, a un certo punto, sembrava nuovamente voler sfuggire.
Il Frosinone festeggia il ritorno in serie A. Il Frosinone è serie A. Perché una squadra che, dopo il primo campionato nella massima serie, retrocede tra gli applausi, con 31 punti, un pareggio allo Stadium con la Juve e una vittoria sfiorata a San Siro e l'anno dopo in B vede di nuovo il paradiso, lo perde per un'inezia, non si arrende, la stagione dopo ci riprova e centra l'obiettivo è… roba da serie A.

Tralasciando il finale di stagione thrilling che ha avuto il più felice degli epiloghi ieri notte. In mezzo a tutto questo metteteci l'ebbrezza di uno stadio tutto nuovo, una casa che, quelli che la vedono, fanno fatica a crederci e metteteci pure tutto l'entusiasmo di un pubblico che ieri sera ha cantato a squarciagola impazzito di gioia. Una notte che premia un modello. Premia una storia ciociara. Orgogliosamente ciociara. Fatta di competenza, impegno, professionalità. Premia un territorio troppe volte sminuito da luoghi comuni, sottovalutato dalla voracità di una capitale distratta, superficiale, spesso grossolana nella visione complessiva di quel perimetro chiamato regione. E stiano zitti, tacciano, si vergognino gli autori di quei post che questa notte hanno osato denigrarci per l'episodio dei palloni in campo (brutto) ma che è meno di un centesimo rispetto alle ingiustizie subite in questi tre anni, all'arroganza dei commentatori televisivi pagati non per commentare, ma forse per vendere abbonamenti, alla tracotanza di chi ancora parla aggredito da inchieste e magistratura dopo aver sfiorato anche il fallimento (e adesso vedremo davvero come va a finire, altro che ricorso annunciato).

Nel modello che riconquista la gloria del calcio che conta entrano il coraggio, la passione e la lungimiranza del presidente Maurizio Stirpe. Imprenditore che ha messo prima di tutto l'impresa, nella sua essenza più pura, nella costruzione di questo successo sportivo che va ben al di là della promozione e della festa di questa notte. Che ha saputo difendere il suo progetto anche quando qualche voce stonata di troppo chiedeva di cambiare allenatore e strategia. In questo modello entra di diritto il sindaco Nicola Ottaviani, che quando ha deciso che la sua città e la sua squadra avrebbero dovuto finalmente avere uno stadio, non ha cincischiato dietro le facili scuse delle difficoltà burocratiche, ma si è giocato tutto a "testa o croce" impegnando sul progetto un bel po' di risorse e ha invogliato così Stirpe a saltare il fosso della diffidenza e della paura verso una pubblica amministrazione.

Che, caso strano e forse unico in Italia, ha fatto il primo decisivo passo, al buio e senza paracadute, e ha poi seguito tutto l'iter, fino alla conclusione, senza nascondersi e mettendoci la faccia. Quant'è distante la capitale, quanto sono piccole le storie romane di questi giorni di fronte alle legittime esigenze di una squadra come quella giallorossa che vuole costruirsi una casa e non riesce a farlo. E quanto invece siamo stati virtuosi qui. Venite a studiarci, venite a comprendere, venite a vedere come si fa… È il modello di quella curva che seppe cantare tutto il suo amore dopo la retrocessione dalla prima A e da quel giorno non ha mai smesso di urlare, ovunque, l'orgogliosa appartenenza ad una terra capace sempre di stupire e qualche volta di conquistare il mondo. È il modello di quella Ciociaria che nonostante la crisi non ha mai smesso di sognare, innovare, costruire e realizzare. Che ancora non si arrende e in questa notte d'amore si attacca al vessillo del Leone per un "ruggito" che sa di rabbia, ma che sa anche di speranza per un futuro migliore.