Una vittima della giustizia e non un mostro. Fa sempre un certo effetto ascoltare le parole di chi, da innocente, racconta della dura prova del carcere, impossibile da sostenere da parte di chi sa di non aver commesso quei crimini per cui è finito dietro le sbarre.

Davvero toccante la testimonianza di Carmine Belli, diciassette mesi in carcere da innocente, ospite domenica sera della trasmissione di Rai Tre "Sono Innocente" condotta da Matano. Le sue parole sono entrate in ogni casa con forza: dopo due processi, tre sentenze, il carcere (in isolamento), Belli non ha posto l'accento soltanto su quella ingiusta detenzione che ha subito.
Il carrozziere, per troppo tempo identificato come "Il mostro di Arce", ha detto cose su cui è difficile non riflettere: «Ancora oggi in qualcuno resta qualche dubbio: su cento persone, cinque sicuramente sono diffidenti. Anche se oggi, con le rinnovate indagini, si seguono nuove piste ti senti osservato». Una condizione, quella vissuta da Belli ancora oggi, che soltanto le vittime della giustizia possono capire fino in fondo.

Belli viene ritenuto l'autore del delitto di Arce e per la morte di Serena l'accusa chiede 23 anni di detenzione: prova schiacciante, secondo gli inquirenti, il bigliettino trovato nell'officina dell'uomo su cui la ragazza aveva segnato l'orario del dentista. La battaglia per dimostrare l'innocenza di Belli non è stata facile.

E in dieci anni, oltre alla verità giudiziaria, anche con il papà di Serena, suo maestro alle elementari, il rapporto è cambiato: Belli ha preso parte ai funerali che si sono tenuti prima di Natale dopo il ritorno della salma dal Labanof di Milano. «Non chiederò alcun risarcimento per ingiusta detenzione fino a che non saranno trovati gli assassini di Serena, deve esser fatta giustizia per lei. E spero che il padre non si arrenda» ha precisato Belli.

Poi un appello ai giudici: «Quando sei in carcere la cosa più brutta è la lontananza dalla famiglia. Ma se quei reati non li hai commessi è terribile. Pensateci bene quando giudicate qualcuno».