Dall'omicidio allo stupro, dallo stalking alle aggressioni e all'insulto verbale. I tipi di violenza sono numerosi, ma tutti riguardano la sfera intima della persona sia sul piano fisico sia sul piano psicologico. Le statistiche purtroppo parlano chiaro, in Italia ogni due/tre giorni una donna viene uccisa da un marito, un fidanzato, spesso compagni o ex compagni di anni di vita. La violenza sulle donne colpisce qualsiasi strato sociale e nasce quasi sempre all'interno di quelle realtà comunemente sentite sicure: la famiglia, la scuola, il lavoro. E sono tante, purtroppo, ancora oggi, le donne che subiscono violenza. Poche, troppe poche, invece, le denunce. Ma per fortuna c'è chi trova la forza di rivolgersi alle associazioni specifiche, a digitare numeri di telefono che possono salvare la vita. Tra questi quelli dell'associazione volontaria Telefono Rosa Frosinone, Centro di orientamento per le donne onlus, che ha la sede a Ceccano e da dieci anni è diretta da Patrizia Palombo. Un centro che offre il gratuito patrocinio per le donne che non hanno possibilità finanziarie. Nella loro sede, seppur piccola, c'è un concentrato di tutto ciò di cui possono aver bisogno donne e bambini. C'è soprattutto la consapevolezza che non sono soli. In caso di necessità è pronta anche la valigia, e non mancano alimenti, medicinali, vestiario, tutto l'occorrente per lasciarsi alle spalle la porta di casa.
Quante richieste di aiuto dal 2016 a oggi?
«Da circa due anni a questa parte, tra telefonate e ingressi, siamo arrivati alle 650 richieste. Molte inviate al numero 1522. Un piccolo aumento dal 2016 al 2017 c'è stato. Dall'inizio del nuovo anno ad oggi abbiamo avuto circa trenta persone arrivate in sede e cinquanta telefonate».
Chi si rivolge a voi?
«L'età varia dai sedici anni in poi e coinvolge anche numerosi bambini che purtroppo risentono di questa violenza perché spesso assistono a quanto accade alle loro madri. Sono donne di religioni e ceti sociali più svariati, con problematiche diverse, con caratteri diversi. Molte delle donne che noi abbiamo assistito non avevano più amici, non avevano rapporti con gli altri familiari perché il compito che si prefigge il violento è proprio quello di fare "terreno bruciato intorno", facendo sentire la sua vittima uno scarto della società e facendo credere che nessuno l'aiuterà mai, nessuno le tenderà la mano, nessuno le crederà».
La prima cosa che dite loro?
«Quando una donna si rivolge al Telefono Rosa Frosinone la prima cosa che le viene detto è "Aiutaci ad aiutarti"».
Un aiuto h24...
«Il telefono è sempre attivo. Numerose sono anche le telefonate che ricevo di notte al cellulare del nostro Telefono Rosa, 348.6978882, attivo 24 ore su 24».
Spesso le violenze avvengono anche davanti ai figli...
«Un bambino può fare esperienza di tali atti direttamente o indirettamente. Si tratta di un maltrattamento psicologico che ha effetti a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale, non si può non intervenire, bisogna agire su questi bambini e bambine. È stato dimostrato che il solo assistere alla violenza fra genitori può generare nel bambino un disturbo post traumatico da stress. I piccoli provano paura e confusione nel vedere i loro genitori da una parte impotenti e disperati e, dall'altra, pericolosi e minacciosi: imparano che è normale subire botte o disprezzo nelle relazioni affettive. Spesso, invece, si sentono in colpa, impotenti e incapaci di intervenire. I bambini testimoni di violenza possono mettere in atto comportamenti violenti: in adolescenza può comparire la depressione che può anche culminare in comportamenti suicidari. I ragazzi che s'identificano con il padre imparano a credere che la violenza sulle donne sia un modo di comportarsi virile mentre le bambine apprendono che l'uso della violenza è normale nelle relazioni affettive».
Cosa si sta facendo in provincia?
«I centri antiviolenza e le case rifugio (anche se poche in provincia) costituiscono il fulcro della rete territoriale della presa in carico della vittima. Nella nostra provincia molto si sta facendo contro questo fenomeno. È stata creata una rete antiviolenza con un osservatorio a cui, oltre alle associazioni del settore, fanno parte le istituzioni come la Prefettura e la Provincia, le procure di Frosinone e Cassino, le forze dell'ordine, l'Asl, l'Università di Cassino e del Lazio meridionale, i distretti e i sindacati».
Una storia che ha scosso la provincia di Latina e non solo è stata quella accaduta poco tempo fa a Cisterna. Un uomo che ha sparato alla moglie, ferendola, alle figlie purtroppo morte e poi si è ucciso…
«Da papà affettuoso che diceva di amare le figlie e che non avrebbe mai permesso che nulla accadesse a loro, è diventato il loro carnefice. E tutto perché? Lui si era impegnato a riconciliarsi ma la donna, dopo tutte le violenze subite, "aveva sempre rifiutato di vederlo", voleva vivere solo con le sue figlie, diceva di avere paura per sé e per le sue figlie. Di quel matrimonio restava solo la gelosia di lui, le scenate, gli schiaffi anche "davanti alle figlie". Il 4 settembre scorso "era stata aggredita con urla e schiaffi fuori dal suo luogo di lavoro, tre giorni dopo ha presentato un esposto alla polizia, ma non una denuncia in quanto temeva che il suo gesto potesse far arrabbiare di più il marito e inoltre perdere a lui il lavoro". Tutto ciò che ha messo in atto la donna di Cisterna è spesso quello che fanno quasi tutte le donne, paura di denunciare per non farlo "arrabbiare" di più e di far perdere il lavoro al marito "se lo denuncio, lui poi me la farà pagare e se poi perde il lavoro come faccio a mantenere i miei figli? Se lo denuncio poi rovino la sua vita e i miei figli avranno un padre che ha una denuncia a suo carico". Lei si preoccupava, mentre lui aveva tutto già premeditato. Questo dovrebbe farci riflettere. Lo Stato ha messo in campo diverse strategie tra le quali un risarcimento per gli orfani. Ma forse non è meglio mettere in campo anche un aiuto economico per donne che si trovano in difficoltà finanziarie nel momento della separazione? Un aiuto che le renda indipendenti da quell'uomo che le minaccia, picchia, violenta uccide».
In che modo il Telefono rosa le aiuta?
«Cerchiamo di rassicurarle, le accompagniamo fisicamente nel momento della denuncia, le affianchiamo, se richiesto in tribunale, le diciamo che non le verranno assolutamente tolti i figli, ma a tante domande è difficile dare risposta. Non possiamo garantire i tempi della giustizia, non possiamo garantire cosa farà lui quando uscirà. A mio modesto avviso, per rassicurare maggiormente le donne sui figli, non si dovrebbe lasciare decidere il destino del bambino dal giudizio di una sola assistente sociale, questa decisione andrebbe presa da un team di esperti e dovrebbe essere l'ultima decisione da prendere solo in caso di vera necessità. Perché dico ciò? Perché spesso ci troviamo di fronte a donne veramente impaurite. Il nostro centro, per ovviare a questo problema e per far sentire più sicure le donne, ha messo in campo il progetto "Più forti insieme" che prevede una stretta collaborazione con la prefettura, l'amministrazione provinciale, attraverso protocolli d'intesa con
amministrazioni locali, enti pubblici e privati del nostro territorio».
Quanto è importante la sinergia con altri enti?
«È molto importante. Da dieci anni l'associazione Telefono Rosa Frosinone che presiedo, attraverso un protocollo d'intesa firmato dapprima con il questore De Matteis, poi con Santarelli e confermato dall'attuale questore Amato, ha un filo diretto, attraverso l'ispettore superiore Joubert e la dottoressa Pagliarorsi, con la polizia di Stato, ha inoltre una stretta collaborazione con il comando provinciale dei carabinieri. Ha firmato protocolli d'intesa con la Coldiretti Lazio e Frosinone e con Imprese Donne Lazio e Frosinone per un reinserimento lavorativo per le donne, ha instaurato una stretta collaborazione con i servizi sociali della nostra provincia. Molto c'è ancora da fare però».
Cosa manca ancora alla vostra associazione di Frosinone?
«Ciò che manca è una casa d'accoglienza che speriamo di poter mettere in campo al più presto. Per il momento dobbiamo ringraziare l'associazione Diaconia che nel momento del bisogno ci viene in aiuto, quando ha la disponibilità di posti».
E la prevenzione?
«Fare prevenzione è molto importante, e per questo abbiamo aperto sportelli d'ascolto nelle scuole, fa corsi di formazione per genitori e docenti, realizza convegni e attività di pubblicizzazione. In questo momento stiamo effettuando, nel nostro centro, un corso di formazione a dodici ragazze del liceo scientifico di Ceccano che hanno scelto di effettuare il periodo dell'alternanza scuola-lavoro proprio da noi».
Chi vuole bussare alla vostra porta o contattarvi per farsi aiutare cosa deve fare? 
«Il Telefono Rosa Frosinone fa parte della mappatura nazionale-regionale ed è strettamente collegato al 1522 che è il numero verde nazionale antiviolenza a cui chiunque telefonicamente da qualunque parte d'Italia si può rivolgere gratuitamente. Facendo parte della mappatura regionale come centro antiviolenza, nel mese di novembre abbiamo ricevuto un finanziamento regionale che è stato inviato al Comune di Ceccano, ma ancora non ci sono stati dati per problemi di modalità di rendicontazione, tra le due amministrazioni, che ancora non conosciamo, ma che speriamo presto vengano risolti perché le nostre donne hanno bisogno del nostro aiuto e delle nostre attività. Il nostro centro si trova a Ceccano in via Falcone, al piano terra dell'ex pretura sotto i vigili urbani. I nostri numeri sono 0775.1886011 e siamo reperibili ventiquattr'ore su ventiquattro al numero 348.6978882».
Cosa vuole dire alle donne che hanno bisogno d'aiuto?
«Non abbiate paura, non siete sole, chiamate il Telefono Rosa Frosinone. Noi siamo con voi».