Oltre dieci ore di lavoro per acquisire ogni elemento, ogni prova utile alla comparazione con tutto ciò che la dottoressa Cattaneo, consulente della procura, ha vagliato, ponderato, registrato al Labanof di Milano dove Serena è rimasta fino a Natale scorso. Una serie di accertamenti irripetibili che costituiscono l'ossatura di una nuova attività investigativa, quella che porterà col buon auspicio di tutti alla verità su un giallo durato 17 anni. Serena Mollicone avrà finalmente giustizia, gli indagati chiariranno le rispettive posizioni o pagheranno se riconosciuti colpevoli. I cittadini potranno tornare a credere nella giustizia che arriva, seppur tardi, a ripristinare la verità. L'arrivo del Ris di Roma per la seconda volta nella caserma di Arce ieri mattina ha avuto un sapore diverso rispetto al febbraio del 2016: è sembrato agli "addetti ai lavori" presenti, come pure alla stampa, come percorre quel tratto di mare che separa il naufrago dalla salvezza. E questa è la speranza che resta nascosta dietro alla parola chiave dell'intera giornata: il rigore scientifico. Ogni teoria, ogni avanzamento investigativo non può prescindere da quelle che saranno le risultanze offerte, questa volta, da tecniche prima impensabili, in grado di separare e rintracciare particelle calcolabili nella misura del micrometro. Ma la fede della famiglia di Serena, oltre che nella scienza, resta ancorata soprattutto al nuovo impulso investigativo e al cambio di passo offerto dalla procura e dal pool dei carabinieri incaricati.
Si scava senza sosta
Poco prima delle 9 oltre il cancello della zona militare, c'e r ano già consulenti e avvocati. L'avvocato Germani per la famiglia Mottola; gli avvocati Paolo D'Arpino e Francesco Candido per Quatrale e il dottor Carmelo Lavorino, consulente della difesa di Suprano, assistito dagli avvocati Rotondi e Germani. Poco dopo l'arrivo dei militari del Reparto operativo di Frosinone, guidati dal tenente colonnello Gavazzi, agli ordini del colonnello Cagnazzo. Gli adempimenti iniziali per poi entrare nel vivo nel più stretto riserbo delle attività. Gli accertamenti posti in essere all'interno della caserma per isolare le particelle che verranno comparate con tutte le prove già acquisite, hanno riguardato il solo alloggio in cui secondo l'impianto accusatorio Serena sarebbe stata uccisa. Forse scaraventata contro la porta dove avrebbe sbattuto la testa: le lesioni al cranio della studentessa, secondo la perizia della professoressa Cattaneo, sarebbero compatibili con un «urto violento sulla porta danneggiata di un alloggio della caserma, sottoposta a sequestro». La porta "incriminata", però, non sarebbe stata l'unica a finire sotto la lente degli investigatori. Pur non potendo entrare nel merito delle indagini, gli inquirenti hanno scavato davvero a fondo: «Un lavoro eccellente, altamente professionale, dove la scienza è il cuore di ogni attività» ha dichiarato il criminologo Carmelo Lavorino. Le operazioni sono andate avanti quasi fino alle 20. Poi l'attività di verbalizzazione che precede, adesso, quella più importante: lo sviluppo di tutti gli elementi raccolti nelle 10 ore in cui il team specializzato è rimasto all'interno della caserma. Almeno 15 gli investigatori del pool, coordinati dal colonnello Cagnazzo, sotto la guida del sostituto Siravo. Un team d'eccellenza che non sta tralasciando alcun dettaglio. Anche ieri, come due anni fa,tutto inesorabilmente ha portato ancora una volta all'i n t e rno della caserma. La pista seguita dagli inquirenti è proprio questa: la stessa che in ogni intervista, in ogni pubblico intervento papà Guglielmo aveva indicato senza pause. Senza tentennamenti.
E ancora una volta, rileggendo l'intera vicenda, sembra di percorrere un circuito a cerchi concentrici che inesorabilmente si fonde con un altro caso ancora "sospeso": quello aperto sulla morte del brigadiere Tuzi, il primo ad aver indicato la presenza di Serena all'interno della caserma nel giorno della sua scomparsa. Ora che sembra di essere sempre più vicini al centro di tutto, salgono l'attesa e le aspettative