Oggi si torna in caserma, dopo due anni dall'ultimo sopralluogo del Ris, dopo 17 anni dalla comparsa e inaccettabile morte di Serena.
Che la caserma di Arce sia il luogo in cui continuare a cercare, in cui scavare per dare una risposta alla sua famiglia e a tutti coloro che credono nella verità e nella giustizia, non lo ha stabilito soltanto una perizia medico-legale di 250 pagine redatta dalla consulente della procura di Cassino, la professoressa Cattaneo, che dal Labanof ha saputo ascoltare quanto il corpo di Serena aveva ancora da dire, dopo tanti, troppi anni di silenzi.
A blindare la morte di Serena Mollicone all'interno della caserma di Arce è stata anche la procura di Cassino, che con un nuovo impulso investigativo - grazie alla competenza dei carabinieri e alla pervicacia del procuratore Luciano D'Emmanuele - ha blindato la sua scomparsa all'interno della Stazione, iscrivendo nel registro degli indagati altri due sottuficiali in forze all'Arma: Suprano e Quatrale, per ipotesi differenti, oltre all'ex comandante Mottola e alla sua famiglia.
L'ingresso per la seconda volta del Ris, al di là di quel cancello - la prima risale al febbraio del 2016 - indica due cose: che la svolta potrebbe essere davvero vicina e che nessuno, gli inquirenti e papà Guglielmo per primi, si sono arresi alle difficoltà e al passare del tempo. Soprattutto Guglielmo Mollicone, che ha lottato come un leone, contro il "sistema", quello che non funziona. Perché lui, insegnante oltre che padre, non ha mai perso la fede nelle istituzioni, quelle vere.
Questa mattina consulenti, difese e tecnici sono pronti. Si cercano microtracce, elementi che 17 anni fa non è stato possibile isolare. Persino microcomponenti della vernice della porta "incriminata", contro cui Serena - all'interno di un alloggio della caserma - sarebbe stata sbattuta, come ricostruito sin'ora. Elementi tanto piccoli da essere invisibili all'occhio umano ma non alle tecnologie che in tutto questo tempo hanno fatto passi da gigante.