Minacce di morte, parole e gesti poco equivocabili rivolti a persone offese o testimoni del processo Gold Wash affinché ritrattassero. Minacce di morte anche nei confronti dei familiari in Egitto o dei congiunti in Italia. Ma pure tentativi di estorsione.
Così l'ora X è scattata all'alba di ieri. Alle cinque il personale del commissariato di Cassino agli ordini del dottor Alessandro Tocco era già a Sora e a Roma per due ordinanze di applicazione della misura degli arresti domiciliari (richiesti dal P.M. Alfredo Mattei e firmati dal Gip Vittoria Sodani) nei confronti di due cittadini egiziani ritenuti responsabili in concorso dei reati di cui artt. 377 primo e terzo comma e 629 primo e secondo comma c.p.: rintracciato il trentaseieenne mentre si cerca il trentaduenne, probabilmente in Egitto.
La vicenda si è sviluppata dopo l'esecuzione - il due agosto del 2017 - di otto provvedimenti cautelari in carcere per i delitti di tentato omicidio, estorsione e rapina commessi dal sodalizio per favorire il controllo del mercato degli autolavaggi a Cassino e vede gli arrestati di ieri (uno è irreperibile) autori di minacce, intralcio alla giustizia ed estorsione in danno delle vittime e dei testimoni del processo Gold Wash che si sta svolgendo al palazzo di giustizia.
La delicata ricostruzione
Dapprima le risse in centro, nel mese di maggio, all'interno di una escalation di violenza legata al ricchissimo business degli autolavaggi egiziani. Attività con costi ridotti ed enormi guadagni. Attività che non potevano subire - secondo le risultanze investigative - intralci, come nuove aperture senza il "permesso" del gruppo egemone.
Dalle misure cautelari al processo, passa poco tempo. Nel frattempo, sempre secondo quanto ricostruito dalla polizia, i due indagati - cugini di due degli otto imputati - iniziano a porre in essere una pluralità di condotte intimidatorie, sia a Cassino che in città come Roma o Sulmona.
Minacce in tribunale
Eclatante, tanto da essere già salito agli onori della cronaca, l'episodio accaduto all'udienza dibattimentale del 12 dicembre dello scorso anno. Un egiziano (ma non solo lui) era chiamato a rendere deposizione testimoniale ma sia all'esterno che all'interno era stato avvicinato da uno dei due indagati che gli aveva chiesto di ritrattare le sue dichiarazioni minacciandolo di conseguenze negative per lui e per il figlio. «In particolare - si legge nell'ordinanza di applicazione della misura - l'indagato avrebbe proferito le seguenti parole: "Devi dire al giudice che (e pronuncia il nome) e gli altri non ti hanno fatto nulla, altrimenti prendiamo tuo figlio e lo ammazziamo, insieme a tua moglie e agli altri familiari"». Ma i fatti quel giorno furono anche altri, del medesimo tenore, avvenuti in quella circostanza e nel pomeriggio. Come pure, quella mattina, non sarebbe stato l'unico ad aver ricevuto simili "attenzioni". Nove in totale i soggetti avvicinati con modalità d'azione simili.
Sussistente, dunque, l'esigenza cautelare dal momento che «i fatti appaiono gravi ed esprimono un elevato pericolo di recidiva». Il Gip aggiunge: «Si evidenzia al riguardo la pluralità di condotte criminose commessa dagli indagati, i quali addirittura si sono spostati in città diverse ai fini del compimento delle stesse nei confronti di una pluralità di persone, le quali hanno tutte la caratteristica comune di essere persone offese o testimoni del procedimento citato». Viene anche ritenuto allarmante il fatto che «a fronte del rifiuto delle vittime e del mancato loro assoggettamento alle condotte intimidatorie subite, l'attività criminale dei medesimi sia proseguita in fatti di reato sempre più gravi». Di qui, la scelta della misura e l'operazione di ieri mattina. In un mondo, quello degli autolavaggi egiziani, parecchio insondabile.
Il caso
Minacce di morte ed estorsioni contro i testimoni: "Ritrattate o vi ammazziamo"
Cassino - Processo Gold Wash: ieri all’alba l’operazione della polizia per applicare la misura degli arresti domiciliari nei confronti di due egiziani
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