Compleanno in carcere per Michele Cialei, l'uomo arrestato il 12 dicembre con l'accusa di aver ucciso Armando Capirchio e aver tentato di farne sparire il corpo. Domani, infatti, l'allevatore di Vallecorsa compirà 52 anni. Una ricorrenza che lo stesso certo mai avrebbe immaginato di dover trascorre dietro le sbarre di una cella della casa circondariale di via Cerreto.
Da oltre tre mesi Cialei si trova in stato di detenzione, così come richiesto dal sostituto procuratore Vittorio Misiti e come accordato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Frosinone Antonello Bracaglia Morante. Da allora le indagini condotte dai carabinieri sono andate avanti con certosina pazienza. I militari del Nucleo investigativo del reparto operativo e del Norm della compagnia di Frosinone hanno battuto diverse volte le zone di montagna adibite a pascolo dove entrambi i protagonisti di questa storia, l'arrestato e la vittima si muoveva con disinvoltura. Dopo aver trovato tracce di sangue su delle pietre e in un sentiero, sangue appartenuto alla vittima, i militari dell'Arma hanno avuto la certezza che Capirchio era stato ucciso. Poi, l'aver ritrovato delle tracce di sangue all'interno del portellone dell'auto in uso a Michele Cialei e su un dito di un paio di guanti ha ancor di più indirizzato le indagini verso l'allevatore di mucche. Indizi che si sono andati a incrociare con una serie di acquisizioni testimoniali, tra cui quelle di una donna legata sentimentalmente all'arrestato, dalle quali traspariva un sentimento di vendetta covato dal presunto assassino nei confronti della vittima. «L'indagato Michele Cialei - scriveva il gip - ha esplicitamente palesato un intento minaccioso ed aggressivo nei confronti di Armando Capirchio». Quanto al movente, nell'ordinanza viene ricondotto alla «caparbia convinzione del Cialei che il Capirchio fosse il responsabile della sparizione/soppressione di tre suoi capi di bestiame bovino».
E ancora il giudice ha rimarcato che «altrimenti detto, Armando Capirchio ha versato il suo sangue in un luogo ove, in quel medesimo lasso temporale, trovavasi armato di fucile Michele Cialei, che aveva manifestato nei suoi confronti espliciti intenti aggressivi». All'epoca, senza ancora che venisse ritrovato il corpo della vittima il gip scriveva: «Armando Capirchio è rimasto vittima di un gesto omicida per mano di Michele Cialei, ragionevolmente rimanendo attinto da colpi di arma da fuoco da questi esplosi; il corpo della vittima è stato trasportato a destinazione al momento ignota a bordo dell'auto del Cialei, dove pure sono state repertate tracce di sangue poi analizzate, ragionevolmente chiuso in un sacco, e quindi fatto scomparire».
Lo stesso magistrato, nel giustificare la misura restrittiva della libertà personale a carico di Cialei, rimarcava «la premeditazione del gesto e le callide manovre attuate per far scomparire il cadavere della vittima e per cancellare le tracce del gesto omicida compiuto».