Donna sempre più protagonista. Nella società civile come in quella criminale. Donna meno casalinga e più ancorata ai sistemi illeciti, anzi parte integrante.
Anche nell'operazione "I due leoni" è emersa l'evoluzione del ruolo femminile. È stato il colonnello della finanza Carbone a evidenziare i contorni di una ascesa indiscussa, durante la descrizione dell'attività d'indagine congiunta che ha portato all'importante risultato di ieri. Donne inserite nell'organigramma ma anche metodi investigativi tradizionali, come il ricorso alle intercettazioni, poco funzionali se non vengono accompagnati da attività di osservazione e controllo del territorio per decriptare linguaggi e fotografare, con gli occhi, viavai di assuntori. È un'evoluzione globale per una trama che si costruisce a piccoli pezzi, inseriti con cura, meticolosità e pazienza, per mirare dritti all'obiettivo: la disarticolazione di due importanti piazze di spaccio, una vera calamita per i clienti alla ricerca di cocaina ed eroina. Un punto di riferimento urbano, un porto sicuro per tutto l'hinterland. È la domanda che condiziona il mercato "sporco", mai una flessione, figurarsi un mutamento radicale. «Un fenomeno che rappresenta una piaga nel frusinate», ha aggiunto il comandante provinciale dell'Arma, Cagnazzo. Un vulnus che non si risana, piuttosto fa male. Nel corso dell'articolata indagine sono stati una sessantina i clienti intercettati nell'andirivieni da quei luoghi e 100 le dosi sequestrate da maggio a settembre 2016, come ha evidenziato il capitato della compagnia di Cassino Mastromanno. «Era diventato ha detto il tenente colonnello Gdf, Rapuano un supermarket a cielo aperto della droga» mentre si scava ancora nell'altrettanto articolato mondo degli approvvigionamenti. Le direttrici tracciate nel corso della conferenza di ieri si moltiplicano: albanesi, gruppi criminali campani o romani, ma anche gruppi di nigeriani della zona Castel Volturno-Mondragone. Strade investigative già percorse o da percorrere, laddove anche stavolta è stata gettata una luce imponente su un altro pezzetto del mondo sommerso dove vivono e vegetano i commerci illeciti.
Il piatto piange
Tra gli imponenti sequestri delle ultime settimane, laddove polizia e carabinieri hanno tolto diversi chili di stupefacente dalla circolazione, e gli arresti inseriti nelle recentissime operazioni dell'Arma, è stato assestato un durissimo colpo allo spaccio. Piange il piatto della "roba" per quei carichi persi e magari non del tutto saldati, e si sgretolano pure certe trame robuste che avevano sostanziato il mercato. Micro-gruppi e spacciatori emergenti sono dietro l'angolo, dopo ogni operazione, ma la guerra sembra non conoscere battute d'arresto.
Non solo colpire al cuore il florido mercato degli stupefacenti. Gli investigatori dell'Arma e della Finanza che hanno lavorato all'unisono per oltre due anni hanno puntato contemporaneamente anche a un altro obiettivo: il sequestro dei beni in uso agli indagati. Quell'aggressione patrimoniale,hanno spiegato in conferenza stampa, che pesa e spaventa più delle misure cautelari. «Ci siamo impegnati nel risalire alla titolarità diretta o indiretta di tutti quei beni che nel tempo erano stati acquisiti dai soggetti coinvolti -ha spiegato il colonnello del Comando provinciale della Finanza, Luigi Carbone- Per questo, oltre all'aspetto legato allo spaccio, abbiamo approfondito accertamenti patrimoniali sul conto degli indagati, i quali sono risultati avere un tenore di vita sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati». Secondo gli inquirenti, il tenore di vita«molto elevato» sarebbe direttamente legato «agli ingenti proventi ricavati dal business della droga» si legge in una nota stampa congiunta. Un convincimento che ha portato gli investigatori a ricondurre agli indagati la titolarità di beni mobili e immobili per un valore complessivo di oltre 1.200.000 di euro così divisi: «Sei conti correnti; 22 conti deposito; 9 terreni; 7 fabbricati (tra cui 5 ville, un appartamento e un magazzino); un'area urbana adibita a parcheggio; 9 autovetture e un cavallo da corsa (trottatore italiano di nome Golarid De Nando)». Tutti sottoposti a sequestro preventivo finalizzato alla confisca.
«Si tratta di un risultato importante perché oggi i criminali temono di più le aggressioni patrimoniali che non le adozioni di misure cautelari personali» ha aggiunto il colonnello Carbone.
La maggior parte delle cessioni, secondo la ricostruzione di carabinieri e finanzieri, sarebbe avvenuta all'interno della villa. «Le indagini, da un punto di vista più strettamente patrimoniale hanno interessato tutti i soggetti destinatari delle misure custodiali -ha precisato il tenente colonnello Rapuano, comandante del Gruppo di Cassino- Nella maggior parte dei casi i soggetti interessati erano privi di reddito pur conducendo un tenore di vita elevato. Sproporzione che avrebbe indicato l'illegittimità della provenienza dei beni stessi». Oltre alle auto e ai beni compresi nel decreto di sequestro del giudice Scalera, gli uomini del colonnello dell'Arma Fabio Cagnazzo e quelli del colonnello Carbone sono state individuate e sequestrate ulteriori 8 auto di grossa cilindrata, sempre nella disponibilità degli indagati.
Leoni rampanti dello spaccio. "Re" nella foresta invisibile dei traffici illeciti. Finanza e Carabinieri, coordinati dalla procura, gettano la rete e arrestano sette persone, assestando un durissimo colpo al mercato locale degli stupefacenti, alle sue ramificazioni, ai banchi di vendita, al sistema ideato per rendere invulnerabile un settore che, a Cassino, ha messo radici profonde. Troppi i clienti "affamati" di polvere bianca, vero motore dell'industria dello spaccio che non conosce crisi. È bastata un crepa, nella solida costruzione architettata per rendere sicuri gli arrivi e gli smerci; è bastata una minuscola intercapedine nella quale hanno iniziato a guardare gli uomini dell'Arma e della Guardia di Finanza per allargarne sempre di più le ristrette maglie e costruire a loro volta un quadro probatorio che ha portato all'esecuzione delle misure di custodia cautelare nei confronti di sette persone, due in carcere e cinque agli arresti domiciliari, dedite «in maniera sistematica e professionale» al traffico e allo spaccio di stupefacenti nonché al sequestro di beni mobili e immobili nella disponibilità degli stessi.
Ore 5: scatta l'operazione
Il buio precede l'alba. Le strade sono rese scivolose dalla pioggia che ha continuato a inondare la città fino a pochi minuti prima delle 5. Ma le auto di Carabinieri e Finanza sfrecciano sicure e imboccano due precise aree periferiche, a San Bartolomeo e in località Selvotta. Un palazzo e una villa sono circondati. In campo ci sono quaranta uomini: venti sono i militari della locale compagnia, guidata dal capitano Ivan Mastromanno e coordinati dal colonnello Fabio Cagnazzo e venti i finanzieri del gruppo di Cassino, con il tenente colonnello Salvatore Rapuano e coordinati dal comandante provinciale Luigi Carbone.
L'indagine
L'inchiesta trae origine da due distinte attività avviate separatamente dalla Gdf e dai carabinieri nell'anno 2016 e successivamente accorpate dall'autorità giudiziaria inquirente perché riguardante i medesimi soggetti. L'obiettivo è stato «il monitoraggio delle famiglie rom Spada/Di Silvio di Cassino, particolarmente attive nel settore del traffico di sostanze stupefacenti». Gli indagati avrebbero creato un'attività di vendita al minuto, h24, mentre diverse appaiono le mansioni in base alla tipologia di droga. Solo due per gli inquirenti gli spacciatori, non appartenenti ai nuclei citati, che smerciavano sostanza nelle rispettive abitazioni.
Indagine complessa, soprattutto perché il sodalizio avrebbe adottato segni convenzionali per indicare la presenza o meno del tipo di "roba" disponibile. Bastava aprire o meno il cancello d'ingresso oppure vedere se era presente una catena in una via adiacente alla villa per capire la disponibilità o meno di eroina e cocaina. È stato grazie a questo modus operandi che gli investigatori, sotto il coordinamento della procura della Repubblica, hanno svolto congiuntamente mirati e prolungati servizi di osservazione che hanno permesso di individuare, nell'arco di circa tre mesi, 60 consumatori, controllati e sorpresi all'uscita dei due luoghi di spaccio.E' stata la pista seguita dagli uomini dell'Arma- diretti all'epoca dal maggiore Silvio De Luca e dal tenente Grio- che fiutarono il ricco business e capirono pure come disarticolarlo. È stato grazie «alle dichiarazioni dei clienti» che si è riusciti a raccogliere «inconfutabili elementi di prova -scrivono gli inquirenti- a carico dei soggetti arrestati». È proprio grazie agli assuntori che il mercato cresce e, poi, sempre grazie a loro, il castello di certezze si sbriciola. Indirettamente. Un pezzetto dietro l'altro, con costanza e metodo. Per fare "tana" ai leoni.