Il tam tam su internet. Gli striscioni e le magliette per ricordare Emanuele Morganti. Da settimane gli amici del ragazzo di Tecchiena aspettavano questo momento. Il momento in cui i quattro arrestati con l'accusa di aver picchiato a morte il ventenne sarebbero comparsi davanti al giudice. Un giudice chiamato a pronucniarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal procuratore Giuseppe De Falco e dai sostituti Adolfo Coletta e Vittorio Misiti. Che la giornata di ieri non sarebbe stata normale lo si è capito da subito. Sin dalla prima mattina gli amici di Emanuele hanno preso possesso del piazzale antistante il tribunale. Lo hanno fatto in maniera pacifica e colorata. Con gli striscioni per richiamare l'attenzione di quanti, ieri, si sono recati nel palazzo di giustizia. Poi, quando le porte riservate al pubblico si sono aperte, in molti si sono messi in coda per entrare. Un modo per esprimere vicinanza alla famiglia Morganti. Del resto, essendo il procedimento in udienza preliminare, si è svolto a porte chiuse, alla presenza solo dei diretti interessati, i due imputati che hanno scelto di partecipare all'udienza, e i familiari del ragazzo, oltre ovviamente a giudice, cancelliere, pubblici ministeri e avvocati.
Anche per questo probabilmente un buon numero ha scelto di rimanere al di fuori del palazzo di giustizia.
Imponenti anche le misure di sicurezza predisposte per evitare qualsiasi turbamento dell'ordine pubblico.
Controlli meticolosi all'ingresso con il metal detector e delle borse, mentre carabinieri e digos vigilavano.
L'accesso all'aula era stato sbarrato con dei tavoli qualche metro prima in modo che nessuno potesse avvicinarsi.
Tanti i curiosi che si sono assiepati al primo piano del palazzo di giustizia, ma tutto si è svolto in ordine.
Nessuno è andato oltre le righe. Anche quando l'udienza è stata brevemente sospesa per consentire al giudice di esaminare la richiesta avanzata dalla difesa di demandare alla Cassazione la decisione di spostare il processo in un altro tribunale. Stante l'esito dell'udienza, in molti saranno tornati a casa delusi. Ma il procedimento è ancora agli inizi.
Tra un mese, al massimo, si saprà dove l'udienza preliminare proseguirà. Se poi la Cassazione dovesse decidere che a Frosinone ci sono tutte le condizioni per celebrare un processo da Corte d'assise, è lecito attendersi che tutte le udienze saranno particolarmente partecipate, come, peraltro, in passato accaduto per altri eventi che hanno avuto ampia rilevanza mediatica. E ieri, come ai tempi delle indagini, nel piazzale esterno del tribunale hanno di nuovo fatto capolino le telecamere per immortalare l'avvenimento. del resto, per le modalità dell'aggressione, la giovane età della vittima, un movente che non si trova, il caso aveva destato grande scalpore anche nel resto del Paese con numerose trasmissioni televisive di rilievo nazionale che si sono occupate del delitto di piazza Regina Margherita.

Rimessione. È la parola che riecheggia nel palazzo di giustizia. Il processo per l'omicidio di Emanuele Morganti non risparmia colpi di scena sin dalla prima udienza. E viene sospeso. La difesa decide di giocare la carta del rinvio del procedimento ad altra sede. In sostanza, a Frosinone non ci sarebbe la necessaria serenità, per le parti, i testimoni e, una volta che si sarà aperto il dibattimento davanti alla Corte d'assise, i giudici popolari. Inizia, dunque, con il botto il procedimento a carico di Franco Castagnacci, 50, di suo figlio Mario, 27, di Paolo Palmisani, 24, tutti di Alatri, e di Michel Fortuna, 25, frusinate. La difesa lamenta che, a Frosinone, non ci sia la necessaria serenità per affrontare il processo. Come spiegato dall'avvocato Bruno Giosuè Naso, i timori (futuri) non sono riferiti ai giudici professionali che tratteranno la causa, quanto soprattutto ai giudici popolari (estratti a sorte tra i residenti del territorio) e ai testimoni. Un clima - per la difesa - di pesante condizionamento che potrebbe riverberarsi anche in aula. Nella richiesta si è fatto riferimento al clima creato intorno al caso, alla forte esposizione mediatica, alle intimidazioni subìte nella prima fase delle indagini ad avvocati del posto, e anche alla stessa mobilitazione che ha portato tanta gente ieri a presenziare all'evento. Una richiesta che gli avvocati (il collegio difensivo è composto oltre che da Naso anche da Angelo Bucci, Massimiliano Carbone, Marilena Colagiacomo e Christian Alviani) sanno che non sarà facile accogliere. La famiglia Morganti è parte civile con gli avvocati Enrico Pavia e Pietro Polidori che si oppongono al trasferimento. Tuttavia, il primo effetto è stato quello di indurre il giudice Antonello Bracaglia Morante a sospendere il procedimento e inviare gli atti alla Corte di cassazione che deciderà il da farsi. In base all'articolo del codice di procedura penale invocato "quando gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo ovvero la sicurezza o l'incolumità pubblica, o determinano motivi di legittimo sospetto" si può chiedere il trasferimento ad altro tribunale. Gli scenari sono due: il rigetto dell'istanza e la fissazione di una nuova udienza preliminare a Frosinone per decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura (ieri rappresentata in aula dai pubblici ministeri Giuseppe De Falco e Vittorio Misiti) oppure l'accoglimento della stessa con indicazione di un altro tribunale che tratterà il processo. La sede, come avviene per i procedimenti che riguardano i magistrati del Lazio, potrebbe essere Perugia. Ma non è escluso nemmeno che la Cassazione decida per un altro ufficio giudiziario. La decisione è attesa entro un mese.
I quattro sono detenuti. Solo Franco Castagnacci e Michel Fortuna hanno scelto di presenziare all'udienza e sono giunti nell'aula della corte d'assise, quella con la gabbia, scortati dalla polizia penitenziaria. Ai quattro, in concorso, è contestato l'omicidio con l'aggravante dei futili motivi. Le indagini condotte dai carabinieri, con l'ausilio anche del Ris, si sono concentrate in modo particolare sui quattro, accusati di aver aggredito, all'esterno del Miro music club di Alatri, Emanuele in tre fasi distinte. Come ricostruito dalla consulenza medico-legale Emanuele è morto per una grave emorragia cerebrale dovuta a una frattura cranica nella regione fronto-parietale sinistra. Per il perito la lesione va ricondotta a un «mezzo di natura contusiva» ed è anche compatibile «con un urto violento del capo contro un ostacolo fisso e rigido come in particolare il montante trasverso di uno sportello chiuso di un'autovettura (la Skoda parcheggiata in piazza, ndr) su cui il soggetto, cadendo pesantemente, possa aver battuto con il capo». La ferita, in via ipotetica, è compatibile anche con un colpo con un manganello, che però non è mai stato trovato. Inizialmente erano stati indagati anche i quattro buttafuori del Miro, la cui posizione è stata separata dagli altri. Ma ora, proprio la sospensione del procedimento principale, potrebbe portare a una riunificazione. Nelle prossime settimane è attesa una decisione della procura che potrebbe contestare o il concorso in omicidio o la sola rissa aggravata dall'omicidio. I quattro sono difesi dagli avvocati Giampiero Vellucci, Riccardo Masecchia, Pasquale Cirillo, Massimo Titi e Daniela Tiani.

di: Raffaele Calcabrina