L'associazione dei medici di famiglia per l'ambiente di Frosinone e provincia chiede lo stop agli impianti a biomasse.
Lo fa con una lettera, firmata dal presidente Marzia Armida e dal coordinatore Giovambattista Martino, indirizzata al sindaco Nicola Ottaviani. Per i medici gli impianti per la produzione di energia da biomasse non sono «sostenibili».
E ne elencano le ragioni. Vengono richiamati i rischi per la salute e il fatto che Frosinone nel piano regionale di risanamento della qualità dell'aria sia sempre in fascia 1, la più inquinata, «come conseguenza dei superamenti dei livelli di inquinanti in atmosfera censitidall'Arpa Lazio; ne consegue che ogni ulteriore attività industriale che produca notevoli quantità di emissioni, è incompatibile con lo stato della matrice aria».
I rischi per la salute
L'associazione medici di famiglia di Frosinone ha «in più occasioni sottolineato e dimostrato, i gravissimi rischi ai quali è sottoposta la popolazione per le patologie legate a questa tipologia d'inquina mento ambientale. I danni già conclamati rischiano di essere irreversibili e di minare per un lunghissimo tempo lo stato di salute». È allarme soprattutto per i fiumi. «Il nuovo piano di tutela delleacqueregionali edilpianodi gestione delle acque dell'Autorità di bacino Liri-Garigliano, e non ultime le recenti relazioni dell'Ar pa Lazio continuano i medici che hanno certificato il ripetersi del superamento dei livelli di esaciclocloroesano, cianuro, arsenico, metalli pesanti e altri pesticidi nel fiume Sacco, hanno indicato come la qualità dell'intero bacino idrografico è allo stato di scarso o pessimo nella scala di qualità prevista dal testo unico Ambiente e dalla direttiva Ue 2000/60, in particolare la situazione ambientale dei fiumi Sacco e Cosa è gravemente compromessa».
Il Sin del Sacco
Per i medici «i problemi derivino ancora dalla mancata o insufficiente depurazione in particolare dei reflui di origine industriale, i quali si riversano nel fiume Sacco senza alcuna precauzione. La presenza di ulteriori insediamenti industriali per il trattamento dei rifiuti cheper leloro caratteristiche e cicli produttivi utilizzano grandi quantità di risorse idriche e producono reflui di notevole entità, non è più sostenibile in relazione allo stato delle acque superficiali. La nuova perimetrazione del sito d'interesse nazionale per la bonifica, bacino del fiume Sacco, ha definito l'esistenza di una diffusa e persistente contaminazione dei suoli, bisognevole dell'intervento dello Stato per la bonifica ed il risanamento.
Gravare isuoli con ulteriori ed invasivi interventi può compromettere il già lento e faticoso iter delle bonifiche».
Gli studi epidemiologici
L'associazione evidenzia, in modo particolare, i danni alla salute, con dati scientifici alla mano. «Negli ultimi anni si sono moltiplicati i segnali e gli allarmi sui rischi riguardanti lo stato di salute della popolazione residente nella Valle del Sacco.
Ora è una certezza, sancita da numerosissimi studi epidemiologici: la contaminazione ha avuto e sta avendo ricadute pesantissime sulla salute dei cittadini. L'aumento della patologie direttamente connesse all'in quinamento ambientale è conclamato». I medici citano il rapporto Sentieri dell'Istituto superiore di sanità «che ha accertato l'aumento di patologie e mortalità "per tutte le cause" nella popolazione residente all'interno dellostesso perimetro del Sin». Armida e Martino invocano il «principio di precauzione e prevenzione», e insistono nel dire che «è del tutto sconsigliabile apportare altri gravami e rischi alla salute della popolazione, che invece si concretizzerebbero anche con l'esercizio di nuovi impianti a biomasse per la produzione di energia».
Incentivi sotto accusa
Venendo al punto: «desta preoccupazione il proliferare indiscriminato di impianti a biomasse per la produzione di energia.
Impianti incentivati, ma altamente inquinanti per la dismissione in atmosfera delle polveri sottili, prodotte dalla combustione di biomasse, le più variegate, come non correttamente concesso dalla legge di stabilità del 2015». Sotto accusa anche «l'assenza di una normativa regionale che non limita e non regola la possibilità di istituire tale impianti con effetti devastanti sull'aria. In netta e plateale contraddizione, con quanto previsto rispetto i focolai domestici, che trovano giusto divieto, ma che di certo hanno un potere emissivo di polveri sottili di gran lunga inferiore». Secondo l'associazione «è possibile una variante al vigente Prg del Comune di Frosinone che contenga disposizioni per definire una moratoria ovvero un divieto per la collocazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento degli rsu, in particolare della frazione indifferenziata, nonché degli impianti industriali di compostaggio per la produzionedi energia,biogas obiometano, ed ancora impianti per la produzione di energia da biomasse».