C'erano un centinaio di persone ieri in aula a Roma per una delle udienze più importanti del caso nato dal duplice omicidio Mattei. Ad ascoltare e capire, pronti a guardare con i loro occhi i giudici della Corte d'Assise d'Appello e il professor Romolo, perito nominato dai giudici capitolini, che il 10 gennaio scorso effettuò un vasto sopralluogo nella cava.
Accanto ai familiari dei due imprenditori di Castelforte Pino e Amilcare uccisi tra il 6 e il 7 novembre del 2014 per difendere la loro cava di Coreno parenti, amici, lavoratori e concittadini. In aula, come sempre, anche l'imputato Giuseppe Di Bello, 37 anni di Coreno, che non ha perso neppure un dettaglio della ricostruzione del perito. La sentenza d'appello attesa per ieri è slittata. Dopo quasi un'ora di requisitoria del procuratore generale che ha chiesto la conferma della condanna all'ergastolo per Di Bello, la ricostruzione del professor Romolo è andata avanti a lungo, rendendo necessario chiedere un rinvio per ascoltare le parti civili prima della sentenza che ora è attesa per il 27 febbraio.
I punti saldi della ricostruzione
Il quarto uomo non c'era: è questa la conclusione più importante a cui il professor Romolo sembrerebbe essere giunto dopo il sopralluogo effettuato nella cava. Un sopralluogo disposto dalla Corte d'Assise d'Appello dopo le richieste della difesa del Di Bello, sostenuta dagli avvocati Giuseppe Di Mascio e Bruna Colacicco, a un anno esatto dalla sentenza di primo grado.
Tre percorsi effettuati in tre tempi differenti: oltre sei ore per capire e raccogliere elementi finiti in una relazione attraverso cui grazie anche all'uso di uno scanner stabilire se la ricostruzione effettuata in primo grado fosse inoppugnabile. Per il professor Romolo il quarto uomo non c'era: misurando tempi e distanze, con alta probabilità, sulla scena del crimine c'erano sembrerebbe solo i due fratelli Mattei (le cui famiglie sono rappresentate dall'avvocato Ranaldi) e il ladro di gasolio, figura di fatto riconducibile a Di Bello. È sempre nel contesto in cui predomina l'ipotesi di continui furti di carburate dai mezzi utilizzati per lavorare nella cava che si fa strada l'idea di avallare sostanzialmente la ricostruzione di primo grado. Di Bello, come ribadito dal perito, dopo l'entrata in funzione della fototrappola piazzata dagli imprenditori per incastrare i ladri di gasolio avrebbe cercato una via di fuga: poi la sparatoria e la morte dei fratelli, uccisi sul colpo. L'idea che ci fosse un quarto uomo, che in quella notte buia e piovosa non fossero dunque solo in tre in quella cava impervia si perde nella ricostruzione del professor Romolo che ricalca, a grandi linee, la tesi accusatoria. Una ricostruzione meno analitica, invece, della sentenza di primo grado per la difesa del Di Bello: su alcune dinamiche, spiegano i legali dell'imputato, sono state prospettate dinamiche alternative che non vengono di fatto sviscerate, pur arrivando al medesimo punto d'arrivo. Come, ad esempio, la questione dei colpi esplosi o delle traiettorie. La sentenza tra due settimane.
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