«No, Edoardo non si è suicidato. È stato un tragico incidente». Bruno Caldaroni non può credere che il suo adorato figlio diciottenne si sia tolto la vita. Sul volto ha stampata la tragedia che ha segnato per sempre lui, sua moglie Graziella, l'altra figlia Erica, i parenti e i tanti amici. Tutti convinti che il ragazzo non può essersi ucciso. Una sciagura che papà Bruno ricostruisce con sofferta lucidità: una maledetta cinghia che Edoardo usava per fare ginnastica, quella l'ha ucciso il 3 gennaio per una fatale disgrazia.
«Era un ragazzo felice e realizzato - sottolinea il padre, dirigente di un centro di formazione - Si era fidanzato, nessun problema sentimentale e nemmeno in famiglia. L'idea del suicidio non sta in piedi». Nessun segnale, dunque, né un messaggio. «I carabinieri hanno esaminato tutto - insiste il padre - il suo iPad, il telefono della fidanzata, il garage dov'è morto, la sua stanza: nessun biglietto, nessun messaggio, niente. Edoardo voleva vivere».
Frequentava l'ultimo anno del liceo scientifico "Leonardo Da Vinci" di Sora: uno studente modello, brillante in tutte le materie, adorato da compagni e insegnati. «Per gli esami di maturità puntava al cento», dice con orgoglio papà Bruno. Di più: «Era candidato per la lode», puntualizza la preside del liceo Orietta Palombo.
Edoardo aveva il "genio matematico". E a novembre l'aveva dimostrato piazzandosi al quarto posto nelle Olimpiadi della fisica, tra i migliori d'Italia. Abilità che aveva già messo a frutto superando ad aprile il selettivo test d'ingresso della facoltà di Ingegneria meccanica di Modena, collegata con la Ferrari di Maranello, il regno della sua grande passione: i motori. Dopo la maturità sarebbe andato lì.
Aveva programmi importanti per il suo futuro. E uno a più breve termine, un sogno da realizzare dopo il diploma: un viaggio in moto a Capo Nord. Si preparava da tempo con due amici a questa avventura. Aveva già pianificato tutto: tappe, chilometraggi, pernottamenti. Papà e mamma gli avevano comprato un casco con telecamera incorporata, una tuta nuova, le borse per la moto. Edoardo aveva voluto anche una cinghia di nylon con due ganci metallici alle estremità per bloccare i bagagli sul portapacchi della sua Yamaha 125. La fascia che l'ha ucciso.
Con la voce rotta dal dolore, papà Bruno ricostruisce gli ultimi giorni del ragazzo: «Era radioso come sempre, studiava, aiutava la fidanzata con i compiti e preparava il viaggio a Capo Nord. La sera prima della tragedia ha chiesto alla sorella di accompagnarlo in palestra il giovedì successivo». Sì perché, pre prepararsi al lungo viaggio in moto, Edoardo s'era iscritto in palestra. Voleva potenziare il collo, le spalle e le braccia per non avere problemi durante il viaggio. Per questo in garage s'era organizzato con una staffa metallica posizionata a due metri e trenta centimetri da terra, che usava per fare le trazioni.
«Quella mattina è andato a fare un giro in moto, poi è rientrato e ha fatto una doccia - ricorda il padre - Si è messo il pigiama e le ciabatte infradito, ha studiato un po' e verso le 15 è andato in garage». Dove è accaduto l'irreparabile. Papà Bruno ha una spiegazione, «l'unica plausibile», ripete. «Ha fissato la cinghia alla staffa e se l'è legata attorno alla testa per simulare un attrezzo che usano i piloti per allenare il collo. È salito sulla sedia per arrivare alla staffa, poi forse sui braccioli. È scivolato e la cinghia lo ha strangolato».
Ora si attendono gli esiti dell'autopsia, richiesta dalla stessa famiglia. Intanto il liceo "Da Vinci" ha attivato l'iter per intitolare a Edoardo l'aula magna, che ospiterà un murales dipinto dai suoi compagni; e poi la preside Palombo ha chiesto al ministero di conferirgli quel diploma di maturità che tanto meritava. Oggi, nel giorno del trigesimo, la messa di suffragio fissata alle 17 nella cattedrale di Santa Maria Assunta.
«No, non può essersi ucciso»
Sora - Il papà di Edoardo respinge con decisione l’ipotesi del suicidio del figlio diciottenne trovato morto in garage
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