«Se gli accertamenti tecnici che sono stati disposti dovessero portare ad individuare la presenza di alcune tracce - se sono rimaste - sul corpo della vittima, potrebbero di certo portare a importati novità». Una speranza che vale oro, quella offerta dal dottor Carmelo Lavorino, criminologo di fama internazionale e consulente della difesa di Suprano, sostenuta dagli avvocati Rotondi e Germani. Si tratta di microtracce sulla salma, rilevate sul corpo di Serena al momento della sua estumulazione. Ma non solo. «Quando il corpo fu traslato al Labanof di Milano, vennero effettuati degli stub ovvero dei prelievi di materiale sensibile: materiale che contiene delle sostanze particolari. È questo uno dei punti dell'indagine comparativa. Oltre - ha continuato il dottor Lavorino - all'analisi sul nastro adesivo che legava la vittima. Su questo potrebbero essere evidenziate eventuali altre microtracce». Parliamo di detriti che al tempo non furono analizzati.
«Solo dopo la comparazione si capirà dove si andrà a finire» ha aggiunto il consulente della difesa di Suprano. Sull'attività relativa alla presenza di metalli che porterebbe ad ipotizzare la permanenza del corpo di Serena in ambienti diversi da quelli finora valutati, il dottor Lavorino ha ribadito: «Questi sono di certo elementi suggestivi, nel senso che tutto può essere. La regola da usare è semplice: quando c'è un reperto, deve essere analizzato, studiato e letto sotto tutti gli aspetti per individuare tutte le tracce che ci sono. E di ogni traccia si deve capire la natura, la composizione e il produttore. All'epoca queste cose non vennero fatte. Ora si stanno facendo. Solo dopo questi passaggi potremmo capire la lettura di queste tracce presenti».
Nel 2012 venne condotta un'analisi sulle tracce vegetali: come ribadito allora dal professor Novelli, di notevole importanza risultò il rinvenimento di licheni sugli abiti di Serena, licheni che «crescono in habitat aridi che contrasterebbero con le foglie di pioppo tipiche invece di un ambiente umido, simile alla zona dove venne ritrovato il cadavere». Motivo che portò gli inquirenti anche all'ex carcere. Ora si sta cercando di individuare tracce di metalli che ancora troppo poco raccontano sulla loro provenienza.
Ancora una volta, dopo tutti questi anni, la prova "regina" sembrerebbe invece essere riferita a quanto racchiuso dal nastro adesivo. Da quel "Ghost" utilizzato per legare mani e gambe della vittima (lo stesso trovato nell'officina di Belli, arrestato per la morte di Serena, in carcere da innocente e scagionato) emerse allora un elemento mai visto prima: cinquantaquattro le impronte rilevate dalle analisi dattiliscopiche di cui solo venti utilizzabili. Di queste, 19 trovate su quaderni e libri di Serena ed una, sconosciuta, sul nastro adesivo. Oggi che le tecniche investigative sono andate avanti e che anche gli inquirenti stanno scavando laddove mai sarebbe stato pensabile, si spera in un colpo di scena. In una microtraccia trattenuta dallo scotch e mai valutata.

Sono tre consulenti del Ris di Roma quelli incaricati ieri mattina dalla procura per eseguire l'analisi chimica richiesta sui tamponi eseguiti sugli indumenti indossati da Serena Mollicone e sul nastro adesivo con cui era stata legata. Anzi, impacchettata. Il compito affidato a Della Guardia, Casamassima e Scatamacchia è quello di evidenziare eventuali microtracce che 17 anni fa non vennero isolate. E che oggi potrebbero raccontare ben altra verità.
La professoressa Cattaneo, incaricata di redigere la dettagliata relazione dopo gli esami condotti al Labanof di Milano, dove Serena era stata condotta dopo la riesumazione, aveva parlato di una «batteria di analisi» da eseguire. Per non lasciare nulla al caso. In passato era più volte stato ipotizzato che il cadavere di Serena fosse stato conservato in luogo diverso dal bosco dell'Anitrella, dove è stato trovato. A scavare il solco in cui innestare questa nuova direttrice, il rinvenimento recente (proprio al Labanof) della presenza di tracce di ferro e altri metalli prodotti da scintille. Oltre a quelli "botanici" gli unici «elementi di interesse», cioè da approfondire, «sono quelli rinvenuti sugli indumenti della Mollicone, in particolare nelle sedi apparentemente imbrattate e per questo studiate» scriveva ancora la Cattaneo.
Il riferimento alle calze, su cui sarebbe stata rilevata la presenza di ferro, cromo, nichel e rame; quello ai fuseaux, con tracce di cerio, piombo e lantanio dettano un tempo e una direzione ben precisa: se il cerio e il lantanio, in particolare, appaiono direttamente collegati alla generazione di scintille, non reggerebbe più la sola ipotesi di blindare la morte di Serena nella caserma. Se la lite o la violenza - ed è bene continuare a restare nel campo delle ipotesi - potrebbero essere avvenute all'interno degli alloggi, così come tratteggiato sino ad oggi nelle ricostruzioni (seppur parziali) e così come blindato dalla procura con le ultime iscrizioni nel registro degli indagati, il corpo potrebbe essere stato quindi spostato in una zona in cui questi metalli sono presenti. Un'immagine suggestiva che troverà conferma o smentita solo nell'indagine comparativa in corso.
Gli elementi botanici rappresenterebbero, a questo punto, non più il secondo tassello ma un terzo anello della terribile spirale di violenza che ha portato alla morte di Serena. Dove potrebbe essere finita Serena, forse ancora in vita, prima di essere trasportata nel bosco dell'Anitrella? E chi potrebbe mai aver fatto questo?
Le indagini, che a marzo dovrebbero trovare un loro naturale compimento nella fine della proroga, serviranno a questo: a dare un'univoca interpretazione a ciò che portò alla morte la giovane studentessa di Arce. Ora che il nuovo impulso investigativo - che ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati di altri due sottufficiali (Suprano e Quatrale) per ipotesi differenti - insieme all'ex comandante di Stazione Mottola, a sua moglie e suo figlio. Ora che la scienza può immortalare quelle microtracce in grado, oggi, di fare la differenza.

di: Carmela Di Domenico