Con la voce rotta dal pianto dice: «Finalmente è finita. È stata una sofferenza». A parlare è la madre della ventenne di Castro dei Volsci, abusata ripetutamente nella villetta di Ferentino tra il 3 e 4 settembre del 2016. La condanna di sei dei sette violentatori restituisce un po' di sereno in famiglia.
«Volevo ringraziare i carabinieri di Ferentino - prosegue la donna - tutti coloro che hanno seguito le indagini, il giudice, l'avvocato Mario Cellitti». Poi si ferma un attimo e riprende, ma riesce a dire solo due parole: «Grazie alla legge». Uno sfogo dopo tanta sofferenza per l'esito del processo che, almeno per il primo grado, attribuisce delle responsabilità a tutti quanti hanno scelto la strada del processo con il rito abbreviato, che consente di ottenere uno sconto di pena di un terzo. Anche se un po' più basse rispetto alle richieste del pubblico ministero Maria Pia Ticino, le condanne sono pesanti per tutti. E tutti, per ora, restano in carcere.

La sera della violenza

La sera della violenza la ragazza concorda un appuntamento con Adriano Di Silvio, ma all'arrivo sono in tre. E la ragazza è costretta a subire le prime molestie. Ne dà conto lei stessa in diretta a Ferdinando Di Silvio. Questi i messaggi, recuperati nel corso delle indagini, che i due si sono scambiati. Ferdinando scrive: «Sono arrivati?». E lei risponde: «Sono con loro». Ferdinando allora scrive un messaggio sibillino: «Ok, comportati bene... io sto aspettando». La ragazza si lamenta, però: «C'è uno che allunga le mani». Ferdinando pare non scomporsi: «Tu aspetta me io sono il primo».
«Una risposta allusiva di quanto sarebbe accaduto nel prosieguo, scriverà il gip nell'ordinanza di arresto». Poco dopo Ferdinando insiste: «Non toccare nessuno». E l'amica: «E chi tocca nessuno». L'uomo allora risponde: «Solo a me».
Dopo la violenza, la ventenne viene contattata, nei giorni seguenti, al telefono dagli amici che cercano di minimizzare l'accaduto. Ma lei insiste e, in una di queste conversazioni, con Adriano, insiste: «Quello che avete fatto sabato a me non è piaciuto, quindi mi devi dare una spiegazione e perché l'avete fatto». Ma riceve solo risposte evasive.

Violenza di gruppo nella villa confiscata di Ferentino, sei condanne tra i cinque e i sei anni e un rinvio a giudizio. Così ha deciso il gup del tribunale di Frosinone Antonello Bracaglia Morante al termine del processo celebrato con il rito abbreviato, per i sei che lo hanno richiesto, e disponendo il rinvio a giudizio per l'unico imputato che ha optato per il giudizio ordinario.
Il giudice ha inflitto condanne inferiori rispetto alle richieste avanzate dal pubblico ministero Maria Pia Ticino. La pena più alta, sei anni e quattro mesi, è stata comminata a Ferdinando Di Silvio, 37 anni, quindi cinque anni e otto mesi ad Adriano Di Silvio, 27, cinque anni e quattro mesi ad Antonio, De Silvio, 33, ad Angelo De Silva, 28, e ad Elvis De Silvia, 28, infine cinque anni ad Elvis Di Silvio, 24, tutti residenti a Frosinone. Rinviato a giudizio, con prima udienza al 6 marzo 2018, Alessandro Spada, 29. Sono difesi dagli avvocati Pasquale Cardillo Cupo, Emanuele Carbone, Ascanio Cascella, Tony Ceccarelli, Bruno Naso e Luigi Tozzi.
Nella sua requisitoria, peraltro, il pm, che ha coordinato le indagini condotte dai carabinieri di Ferentino, aveva chiesto le pene più alte per Ferdinando (nove anni), Adriano (otto), Angelo ed Elvis De Silvia (sei). Il giudice ha anche disposto una provvisionale, immediatamente esecutiva di 60.000 euro in favore della parte civile, la ragazza di Castro dei Volsci che ha subito la violenza, rappresentata dall'avvocato Mario Cellitti, oltre alle spese di giudizio, liquidate in 4.300 euro e il risarcimento dei danni da liquidare in sede civile.
I fatti sono accaduti nella zona dell'aeroporto di Ferentino, in una villa confiscata e ora affidata a delle associazioni, nella notte tra il 3 e il 4 settembre 2016. La ragazza fu attratta lì con l'inganno. Infatti, era stata invitata a uscire da uno dei ragazzi che già conosceva e con il quale in precedenza era uscita qualche altra volta senza problemi che potessero far presagire a cosa sarebbe andata incontro quella notte.
Una volta salita in auto la ragazza - secondo quanto ricostruito dai carabinieri - fu oggetto di pesanti apprezzamenti e palpeggiamenti. Tutto il gruppo è poi accusato di aver preso parte alla violenza sessuale di gruppo. Tutti l'avrebbero obbligata prima «a rimanere seduta su una sedia» e poi, una volta scaraventata a terra, l'avrebbero immobilizzata, tenendola ferma per le mani e le gambe costringedola «a subire molteplici rapporti sessuali e a praticare rapporti orali».
Lei ha cercato più volte di sottrarsi alle violenze. Ma erano in più persone a immobilizzarla, mentre gli altri attendevano il proprio "turno" con i pantaloni abbassati. Solo una volta riuscita ad alzarsi la ragazza si allontanava. Raggiunta dall'ultimo degli aggressori, che chiedeva un nuovo rapporto, riusciva a scappare definitivamente colpendolo con un calcio al petto. Di notte e sola ha vagato per un po' nella zona, che non conosceva, prima di chiedere aiuto a una ragazza che abitava nei pressi e che forniva ai carabinieri i dettagli per raggiungere la vittima. La quale veniva poi accompagna al pronto soccorso per i primi accertamenti.
La ventenne aveva conosciuto su internet uno degli uomini finiti poi in manette. E con lui e altri ragazzi era uscita altre volte. Le indagini sono state condotte anche con l'intervento del Ris che ha esaminato i luoghi della violenza e ha esaminato i campioni del Dna degli accusati. I rilievi sono stati fatti, in modo particolare, in alcuni punti della villetta dove la ragazza ha raccontato di aver subito le violenze. Il Reparto investigazioni scientifiche è andato alla ricerca di mozziconi e fazzolettini. Le operazioni si sono concentrate sulla sedia, del tipo di quelle di plastica da giardino, sul terreno con la paglia, sotto un porticato e su alcuni gradini. Effettuati riscontri anche sui tabulati telefonici
Dopo al lettura della sentenza, in tribunale, peraltro presidiato in forze dai carabinieri, c'è stata la protesta dei familiari dei condannati. Gli avvocati, dal canto loro, in attesa di conoscere le motivazioni della condanna hanno preannunciato che ricorreranno in appello. Ieri durante le arringhe i difensori avevano fatto leva su quelli che - a lor dire - sono i buchi del racconto della ragazza. La quale ha riconosciuto i suoi aggressori mediante un confronto all'americana con gli indagati dietro un vetro e mischiati a sconosciuti. I condannati sono tutti detenuti dallo scorso dicembre.

di: Raffaele Calcabrina