A Ceccano, nelle acque del fiume Sacco, c'è il punto di massima concentrazione di un fitofarmaco strutturalmente simile e chimicamente affine al Dicofol, un pesticida ritirato dal commercio, riconosciuto come potenziale agente cancerogeno e, tramite decreto legislativo 172/2015, inserito tra le sostanze prioritarie e pericolose al pari del famigerato esaclorocicloesano. Della contaminazione, nei giorni scorsi, si è discusso in un tavolo tecnico convocato dal Ministero dell'Ambiente a seguito di una segnalazione dell'Arpa Lazio.
Vi hanno preso parte anche i dirigenti di Regione Lazio, Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale, Ispra, Iss, Asl di Frosinone e di Latina. La questione, infatti, è emersa durante recenti campionamenti delle acque superficiali dell'asta dell'intera sistema fluviale Sacco-Liri-Garigliano e la più alta diffusione del "veleno", per l'appunto, è stata riscontrata dalla stazione ceccanese della rete di monitoraggio.
«Dopo i primi campionamenti - si legge nella relazione dell'Arpa - il laboratorio di chimica organica e inorganica della sezione provinciale di Roma, che opera in via specialistica sul tema, ha evidenziato delle risultanze anomale nei campioni provenienti dal reticolo idrografico del sistema SLG, con concentrazioni elevate di un composto chimico affine ai diclorofenilmetanol-derivati». Per circoscrivere il fenomeno, quindi, si è dato il via a ulteriori controlli.
Si è accertato che il composto non è Dicofol «ma non è stato possibile - fa presente l'Arpa - identificarlo univocamente». La molecola, però, rientra nella sua stessa famiglia, quella dei prodotti derivanti «da processi di sintesi - si spiega - che partono dal Ddt come materia prima e che portano per via degradative e metaboliche a composti affini a quelli provenienti dalla degradazione» del più noto insetticida.
A Ceccano sono stati rilevati 0.24 microgrammi per litro nel bimestre maggio-giugno, 0.78 µg/l nel periodo giugno-luglio e 1 µg/l ad agosto, «pertanto - recita la relazione - superiore di almeno un ordine di grandezza rispetto ai limiti generalmente previsti per gli standard di qualità ambientale». Alcuna presenza significativa, invece, nelle stazioni a valle (da Patrica in poi) né in quella posta a monte, a Segni.
L'inquinamento, per logica, avrebbe avuto inizio nel tratto Segni-Ceccano, ma non si possono escludere meccanismi di diffusione più complessi. Per sciogliere ogni dubbio, quindi, sarà necessario analizzare animali, specie vegetali, acque sotterranee e suolo lungo gli argini fluviali del martoriato Sin "Valle del Sacco".