Professione: "inabile". È quello che un cittadino si è trovato scritto sulla sua carta d'identità. Lui, 50 anni e una disabilità totale, non ci sta e chiede che il documento venga subito modificato ma a spese dell'ente. Inabile è la parola tecnica usata per indicare colui che non è in gradi di svolgere un lavoro. Avranno voluto intendere questo i dipendenti comunali che hanno compilato il documento. Magari davanti ad una disabilità totale si saranno trovati spiazzati e piuttosto che omettere, cosa tra l'altro consentita, hanno scritto inabile. E sì, perché ora l'essere inabile è diventata anche una professione. Uno nasce, decide di avere due, tre crisi epilettiche a 13 mesi, quanto basta insomma per riportare danni seri e a 50 anni, davanti al funzionario che ti chiede che mestiere fai, rispondere: "sono inabile, ma ho studiato tutta la vita per diventarlo".Così quella "normalità" che gli è forse mancata, è stata oggi ribadita su un documento importante come la carta di identità.«Che senso ha scrivere"inabile" –si chiedono ora i familiari indignati- una condizione quella di nostro fratello bollata dal documento. Hanno lasciato vuoto dove si chiedeva lo stato civile (e avrebbero potuto scrivere celibe), alla professione si sono invece superati». Inabile: incapace, incompetente, inesperto. Sono tanti i sinonimi, ma "inabile" è anche molto vicino a "disabile". Del resto avrebbero potuto scrivere: occupato, inoccupato, pensionato usando altre diciture previste per legge. Invece hanno usato un termine che agli occhi di chi la disabilità di un familiare la vive quotidianamente risulta discriminante visto che «l'indicazione della professione sulla Carta d'Identità non è necessaria, in quanto elemento non concorrente all'identificazione della persona».Come rimediare? Magari chiedendo scusa, sarebbe già un passo avanti.