Da sette mesi sui social network, in particolare su Facebook, sono stati creati tanti gruppi per chiedere "giustizia per Emanuele". Gli iscritti sono familiari, amici, conoscenti. Ma anche moltissime persone che sono rimaste colpite dalla drammatica storia e da quanto accaduto quella notte tra il 24 e il 25 marzo, di quel pestaggio, di quel massacro e della morte di un ragazzo che aveva raggiunto il centro di Alatri, il locale Miro, per trascorrere una serata spensierata con i suoi amici e la sua ragazza.
Commenti che si sono succeduti, giorno dopo giorno, dalla fine dello scorso marzo. Persone che hanno continuato a invocare giustizia.
E la notizia dell'arresto di Franco Castagnacci, padre di Mario (quest'ultimo in carcere già da mesi come Michel Fortuna e Paolo Palmisani, tutti accusati di concorso in omicidio), ha scatenato nuove reazioni sul web.
«Speriamo di vedere la luce in fondo a questo pozzo nero di angoscia, più che altro per mamma Lucia che ha perso un angelo di figlio».
«Ogni volta che rileggo tutto quello che ha dovuto subire Emanuele, è un colpo al cuore, sento un dolore e un'angoscia». «Finalmente il cerchio si sta stringendo. Giustizia giusta per Emanuele. Ora vogliamo sapere anche la posizione dei quattro buttafuori e di eventuali altre persone che erano lì quella maledetta sera». Questi alcuni commenti.
Ed ancora, in tanti sottolineano l'importanza delle testimonianze. «Finalmente chi ha visto ha iniziato a parlare, a raccontare quanto visto quella sera. Abbiamo letto sui giornali che Franco Castagnacci avrebbe minacciato alcuni testimoni per far loro dichiarare il falso e favorire la sua posizione e quella del figlio Mario. Ora continuiamo a chiedere giustizia per Emanuele, anche con la petizione lanciata sulla piattaforma Change.org. Devono avere giustizia anche i familiari. Speriamo che chi sappia qualcosa e per paura ha dichiarato il falso, si renda conto che non è questa la strada da prendere. Emanuele non lo merita. Mamma Lucia non lo merita, il papà, la sorella, il fratello, come tutti i suoi cari che attendono solo e soltanto una cosa: giustizia per un ragazzo di soli venti anni, ucciso anche dall'indifferenza. Ora basta».
Durante le fasi concitate dell'aggressione di Emanuele, i testi avrebbero sentito Franco Castagnacci urlare «ammazzatelo». Una frase che il gip nell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti dello stesso ricollega con altre dai toni simili, pronunciate all'indirizzo di alcuni automobilisti per diverbi sulla viabilità. Insomma, Castagnacci la usava quasi come un intercalare per sfogare la sua rabbia. Intercettato in auto, Castagnacci dice a un suo collaboratore: «Attento a questa, uccidila, attento uccidila». E l'amico di rimando: «Non tenere questa parola in bocca però... ancora non ti sei imparato». E ancora, il giorno successivo: «Attento a questo! Uccidilo!». E l'amico: «Non te la togli questa parola di bocca però». Franco poi aggiunge: «Che io mi sono messo a dire a mio figlio: "Uccidilo, uccidilo, uccidilo?"». E l'autista: «Oh Fra' non lo devi dire»
di: La RedazioneChi ha colpito Emanuele Morganti con tanta violenza da farlo stramazzare contro la Skoda parcheggiata in piazza? Un interrogativo che gli investigatori si sono posti più volte e al quale hanno cercato di dare risposta ascoltando circa duecento testimoni. Un lavoro non facile di fronte a una ridda di deposizioni non sempre coincidenti, a volte contrastanti tra loro, altre mancanti di alcuni pezzi e altre ancora rese incerte dalla concitazione e dalla confusione del momento. Tuttavia procura e carabinieri sono stati in grado di isolare alcuni fotogrammi dell'aggressione grazie ad alcuni supertestimoni ritenuti particolarmente attendibili per come hanno esposto i fatti. E questo nonostante le pressioni che alcuni testi avrebbero avuto per ritrattare o alleggerire alcune posizioni.
Ma l'attribuzione di chi ha sferrato a Emanuele il colpo che gli ha fatto perdere l'equilibrio e cadere, al momento, non è univoca. Senza dimenticare poi che, a terra, come riportato da diversi presenti ai fatti, Emanuele è stato preso ancora a calci e pugni, nonostante ormai fosse privo di conoscenza. Un primo testimone punta l'indice contro Mario Castagnacci, uno dei primi due a finire in cella (l'altro è Paolo Palmisani) con l'accusa di omicidio.
Nell'ordinanza che ha disposto il carcere anche per il padre di quest'ultimo, Franco Castagnacci, il gip evidenzia alcuni passaggi della deposizione. «Emanuele ha cercato di scappare verso la parte bassa della piazza – si legge – ma Mario Castagnacci lo ha subito inseguito e lo ha colpito da dietro con un pugno nella parte posteriore della testa. A seguito del colpo ho visto Emanuele cadere e sbattere la testa contro il montante di una macchina parcheggiata». Un altro teste rende ai carabinieri una versione più o meno coincidente. «In quel frangente ho visto Mario Castagnacci colpire da dietro con un pugno Emanuele il quale però continuava a correre... Per un attimo ho perso di vista la scena». Saranno poi le urla di altre persone a richiamare la sua attenzione sul fatto che Emanuele «era a terra e che doveva essere aiutato». Ma non solo, «giunto sulla piazza ho visto Emanuele disteso sul selciato con diverse persone che continuavano a colpirlo».
Un terzo teste ancora dichiara: «Emanuele, una volta divincolatosi, correva verso il lato opposto della piazza, inseguito da due persone, giunto all'altezza del luogo dove poi è stato ritrovato senza conoscenza, è stato raggiunto da uno dei due che lo inseguiva e colpito con un violento pugno al capo. Ricevuto il colpo, ho visto Emanuele crollare privo di coscienza e sbattere la testa contro una macchina blu scuro che era lì parcheggiata». Un altro racconta di aver raggiunto il gruppo e di aver visto la parte terminale dell'aggressione: «A questo punto vedevo che qualcuno colpiva da dietro Emanuele con un pugno nella parte posteriore della testa. Emanuele perdeva l'equilibrio cadendo in avanti e sbatteva la testa contro il cofano di una macchina parcheggiata nei pressi».
Ma per il giudice sono due le testimonianze chiave. E una di queste descrive Emanuele barcollante che cerca di tirarsi fuori dall'aggressione. «Veniva però raggiunto da tutti e tre i suoi aggressori – ricostruisce – vale a dire Mario Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna che continuavano a colpirlo anche in corsa. Ricordo che all'altezza degli uffici del tribunale, più o meno, Michel Fortuna, in corsa, con un gancio destro, lo colpiva alla tempia destra, facendogli perdere l'equilibrio. Emanuele si girava e, a peso morto, andava a sbattere con la testa contro il sottoporta del lato guida, all'altezza dello sportello posteriore di un'auto blu». L'altro, invece, ricorda che Mario Castagnacci «per fermarlo gli dava una spinta che lo sbilanciava e lo faceva urtare contro il portone d'ingresso della casa in cui una volta abitava il prete». Quindi aggiungeva: «Sempre inseguito da Mario, veniva colpito violentemente con un pugno al capo sferratogli da un giovane che giungeva di corsa... Questi era di corpatura robusta, un palestrato». Con indosso un paio di scarpe rosse, probabilmente da basket.
di: Raffaele Calcabrina