Chi ha colpito Emanuele Morganti con tanta violenza da farlo stramazzare contro la Skoda parcheggiata in piazza? Un interrogativo che gli investigatori si sono posti più volte e al quale hanno cercato di dare risposta ascoltando circa duecento testimoni. Un lavoro non facile di fronte a una ridda di deposizioni non sempre coincidenti, a volte contrastanti tra loro, altre mancanti di alcuni pezzi e altre ancora rese incerte dalla concitazione e dalla confusione del momento. Tuttavia procura e carabinieri sono stati in grado di isolare alcuni fotogrammi dell'aggressione grazie ad alcuni supertestimoni ritenuti particolarmente attendibili per come hanno esposto i fatti. E questo nonostante le pressioni che alcuni testi avrebbero avuto per ritrattare o alleggerire alcune posizioni.
Ma l'attribuzione di chi ha sferrato a Emanuele il colpo che gli ha fatto perdere l'equilibrio e cadere, al momento, non è univoca. Senza dimenticare poi che, a terra, come riportato da diversi presenti ai fatti, Emanuele è stato preso ancora a calci e pugni, nonostante ormai fosse privo di conoscenza. Un primo testimone punta l'indice contro Mario Castagnacci, uno dei primi due a finire in cella (l'altro è Paolo Palmisani) con l'accusa di omicidio.
Nell'ordinanza che ha disposto il carcere anche per il padre di quest'ultimo, Franco Castagnacci, il gip evidenzia alcuni passaggi della deposizione. «Emanuele ha cercato di scappare verso la parte bassa della piazza – si legge – ma Mario Castagnacci lo ha subito inseguito e lo ha colpito da dietro con un pugno nella parte posteriore della testa. A seguito del colpo ho visto Emanuele cadere e sbattere la testa contro il montante di una macchina parcheggiata». Un altro teste rende ai carabinieri una versione più o meno coincidente. «In quel frangente ho visto Mario Castagnacci colpire da dietro con un pugno Emanuele il quale però continuava a correre... Per un attimo ho perso di vista la scena». Saranno poi le urla di altre persone a richiamare la sua attenzione sul fatto che Emanuele «era a terra e che doveva essere aiutato». Ma non solo, «giunto sulla piazza ho visto Emanuele disteso sul selciato con diverse persone che continuavano a colpirlo».
Un terzo teste ancora dichiara: «Emanuele, una volta divincolatosi, correva verso il lato opposto della piazza, inseguito da due persone, giunto all'altezza del luogo dove poi è stato ritrovato senza conoscenza, è stato raggiunto da uno dei due che lo inseguiva e colpito con un violento pugno al capo. Ricevuto il colpo, ho visto Emanuele crollare privo di coscienza e sbattere la testa contro una macchina blu scuro che era lì parcheggiata». Un altro racconta di aver raggiunto il gruppo e di aver visto la parte terminale dell'aggressione: «A questo punto vedevo che qualcuno colpiva da dietro Emanuele con un pugno nella parte posteriore della testa. Emanuele perdeva l'equilibrio cadendo in avanti e sbatteva la testa contro il cofano di una macchina parcheggiata nei pressi».
Ma per il giudice sono due le testimonianze chiave. E una di queste descrive Emanuele barcollante che cerca di tirarsi fuori dall'aggressione. «Veniva però raggiunto da tutti e tre i suoi aggressori – ricostruisce – vale a dire Mario Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna che continuavano a colpirlo anche in corsa. Ricordo che all'altezza degli uffici del tribunale, più o meno, Michel Fortuna, in corsa, con un gancio destro, lo colpiva alla tempia destra, facendogli perdere l'equilibrio. Emanuele si girava e, a peso morto, andava a sbattere con la testa contro il sottoporta del lato guida, all'altezza dello sportello posteriore di un'auto blu». L'altro, invece, ricorda che Mario Castagnacci «per fermarlo gli dava una spinta che lo sbilanciava e lo faceva urtare contro il portone d'ingresso della casa in cui una volta abitava il prete». Quindi aggiungeva: «Sempre inseguito da Mario, veniva colpito violentemente con un pugno al capo sferratogli da un giovane che giungeva di corsa... Questi era di corpatura robusta, un palestrato». Con indosso un paio di scarpe rosse, probabilmente da basket.