Quei 530 lavoratori rimasti fuori dal cancello numero 1 dello stabilimento Fca sono davvero troppi. Possono consolarsi della compagnia "invisibile" degli altri mille giovani della provincia, e non solo, che aspettavano il proprio turno per varcare quell'ingresso nel 2018. E possono consolarsi ancora della deprimente conseguenza che il calo produttivo cinese porterà anche sull'indotto. E la "compagnia", fuori da quei varchi aumenta vertiginosamente, perché altre centinaia di ragazzi a tempo determinato potrebbero non avere il rinnovo del contratto. Per non parlare di quanti potevano ancora essere assunti.
Aziende metalmeccaniche, con un rapporto diretto, e aziende di componentistica e di logistica sparse in tutta la provincia. Alcune enormi, altre minuscole. Tutte vitali per l'economia della Ciociaria. Tutte in ansia dopo che si è smaterializzato il miraggio delle 150.000 produzioni messe in preventivo per il 2017. Giulia e Stelvio, belle e potenti, restano ferme nei piazzali, con il loro carico di speranza.
Ma quali sono i numeri legati allo spettro del disastro che potrebbe avvolgere, presto, anche le macro e micro società dell'indotto? Difficile da quantificare.
«Giriamo intorno alla stessa cifra, altri 500 lavoratori dell'indotto - spiega Mirko Marsella della Fim Cisl - potrebbero non avere il rinnovo del contratto. Però numeri precisi non ne abbiamo. L'indotto può fare ben poco rispetto a questa situazione, è strettamente collegato alle produzioni Fca e, quindi, resta a guardare. E automaticamente ora anche lì si viaggia al ribasso. Al di là delle belle vetture che produce Alfa a Cassino, parliamo di un segmento alto che doveva aggredire un mercato dove le altre case automobilistiche si sono posizionate da anni. Era immaginabile che i 1800 neo assunti annunciati fossero troppi».
Eppure un intero territorio ci ha creduto, anche perché i numeri arrivavano direttamente dai vertici della multinazionale.
L'amaro in bocca è peggio di un veleno, in queste ore. Lo sconcerto è enorme. Troppe le famiglie coinvolte, troppi i ragazzi che hanno incardinato a quel contratto interinale progetti finalmente stabili. Ieri è stata un'altra giornata difficile da trascorrere, la festività non si è avvertita. E sui social si è sfogato tutto il malessere.
Sms sul telefonino nel giorno di Ognissanti. I 300 "fortunati" che oggi rientreranno in fabbrica hanno ricevuto un messaggio sul cellulare. Stesso trattamento per i 530 sfortunati che, però, hanno dovuto leggere: "il contratto per il momento cessa".
Con quali criteri si sceglie un ragazzo piuttosto che un altro? Un tema caldo che probabilmente verrà messo oggi sul tavolo nella riunione tra azienda e Rsa. La Fiom ha già in mente di proporre una rotazione tra tutti e ottocento per non scontentare nessuno. Ma la guerra tra poveri è appena iniziata. A difesa dei ragazzi scendono in campo anche i sindacati di base che oggi non parteciperanno alla riunione mentre annunciano uno stato di agitazione fuori dalla fabbrica. «Quali sono stati i criteri oggettivi di scelta per queste proroghe? Si è prorogato chi ha lavorato sulla catena di montaggio o nella logistica? Nel reparto montaggio, nella plastica o verniciatura?" Tutte domande che pone la FlmU-Cub che spiega: «Lo sciopero è l'unico strumento per riconquistare voce in capitolo. L'accordo firmato dalle Rsa di stabilimento che prevede la riassunzione dei 530, se ci sarà una salita produttiva nel 2018, è carta straccia. Pretendiamo rispetto per i nostri ragazzi».
Il passato non aiuta
Ma sono quelle dichiarazioni di un anno fa a pesare come un macigno in una situazione occupazionale che sta facendo precipitare nell'angoscia il sud della provincia. «Lo stabilimento in questo momento occupa 4.300 dipendenti su due turni ma con Giulia e Stelvio a pieno regime prevediamo di inserire altre 1.800 persone entro il 2018. Giulia e Stelvio sono auto interamente nuove e per produrle ai massimi livelli di efficienza e qualità occorreva un impianto all'avanguardia assoluta». Così parlava lo scorso 24 novembre Alfredo Altavilla, chief operating officer del gruppo Fca per la regione Emea. Era il giorno della visita di Marchionne e Renzi nella fabbrica ai piedi dell'Abbazia di Montecassino. L'allora premier, impegnato nella campagna referendaria per il Sì, gettò il cuore oltre l'ostacolo: «I 4.300 lavoratori a Cassino diventeranno 6.300 nei prossimi 18-24 mesi». Marchionne annuì e, per la prima volta, dopo che nel 2015 con il lancio della Giulia erano state paventate 3.000 assunzioni, arrivava finalmente una cifra certificata. Non "voci di corridoio", ma dichiarazioni autentiche dei massimi vertici di Fca e dell'ex presidente del Consiglio. Che a rileggerle oggi suonano come una beffa, oltre il danno. Al giro di boa del biennio 2017-2018, delle 1.800 assunzioni previste restano difatti malapena 300 contratti in somministrazione.
L'esercito dei 1.500
Mille giovani, provenienti da tutta la provincia, hanno fatto i colloqui e le visite mediche a inizio anno ed erano in procinto di poter subentrare nel 2018. Ma adesso in fila ci sono 1.500 ragazzi: martedì, difatti, alla scadenza del contratto agli 830 interinali, Fca ne ha confermati solo 300, sono a casa anche i 530 che hanno lavorato per qualche mese. E il silenzio, l'imbarazzo dei vertici aziendali che ha fatto seguito all'annuncio, fa più rumore delle tante dichiarazioni dei sindacati. Tutti sulle barricate.
C'è chi, come la Fiom, più volte aveva suonato il campanello d'allarme. Aveva spiegato, dati alla mano, che le 1.800 assunzioni erano pure utopia. «Qui ci sono molti problemi, non si risolvono con la politica degli slogan e degli annunci facili» dissero Landini e Gatti. Li ignorarono. Ma poi è finita come è finita. Certo non è piacevole festeggiare una sconfitta, ma il "noi lo avevamo detto" rimbalza con forza. C'è poi il più grande sindacato, la Uilm di Giangrande, che invece ha sempre creduto al piano di Marchionne, e che ora inchioda l'azienda alle proprie responsabilità. «Non servono gli appelli al Governo, la colpa è di Fca. Per fare auto di qualità serve una buona qualità di vita in fabbrica, servono materiali di prima scelta. Tutte cose che a Cassino oggi mancano».