Una lettera toccante, parole che arrivano al cuore, lo toccano, lo fanno lacrimare. Pensieri rivolti a chi non c'è più, a chi ha amato e da cui è stata amata, e che qualcuno ha deciso, con violenza bruta, che non doveva più vivere. Le ha pubblicate sulla sua bacheca Facebook Ketty Lisi, la fidanzata di Emanuele Morganti, il 24 ottobre scorso, a sette mesi esatti dal massacro del giovane di Tecchiena di Alatri. Ketty che non sa darsi pace, che cerca Emanuele ovunque e in ogni istante. Ketty che soffre e ama ancora il suo angelo. Ketty che era con lui in quella maledetta notte e che non ha potuto impedire l'atroce omicidio. E che da mesi è impegnata in una raccolta firme, sul sito change.org, per chiedere una giustizia esemplare per il suo, sempre suo, Emanuele. Ve le proponiamo certi che ognuno, leggendole, proverà le stesse sensazioni e vibrazioni che ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, prova Ketty pensando al suo Emanuele. E perché il ricordo del ragazzo non sbiadisca mai, così come non si affievoli mai la memoria di quello che è stato capace di fare un branco di belve inferocite.

KETTY RICORDA EMANUELE MORGANTI

"Sarebbe meraviglioso tornare indietro e rivivere quei momenti. Giorni, ore e minuti di spensieratezza, felicità e amore. Io non so come si fa, non ero pronta a perderti. Sento addosso ancora il tuo profumo, la dolcezza dei tuoi ultimi baci, il calore dei tuoi ultimi abbracci. Quella sera avrei dovuto dirti grazie, grazie per tutto quello che hai fatto per me. Parole che ti avrei detto una volta arrivati davanti casa mia. Non c'è più stato un poi. Non lo accetterò mai. La mancanza si sente sempre di più. La tua voce, la tua magnifica risata, i tuoi occhi, le tue mani con cui mi accarezzavi delicatamente, le tue braccia che mi avvolgevano e mi facevano scordare tutto il resto, i tuoi baci, il tuo modo di fare, le tue battute, il tuo modo di scherzare. Mi manchi come l'aria. Sei ovunque, ogni piccola cosa mi ricorda te, ma anche se sei ovunque, anche se so che adesso tu sei il mio piccolo angelo custode hai lasciato un vuoto incolmabile, una voragine che mai nessuno riuscirà a colmare. Tu meritavi di vivere, meritavi di fare tutte le esperienze che ti avrebbe regalato la vita, meritavi di crescere (perché a vent'anni non si può morire così) meritavi di diventare padre, meritavi di invecchiare e diventare nonno, meritatevi tutte le cose belle della vita. Solo un anno fa eravamo così. ~And I will love you until I take my last breath in this earth".

È stato prima aggredito fuori dal locale, poi inseguito fino alla parte alta di piazza Regina Margherita. Emanuele Morganti, 20 anni, ha subito capito di essere in pericolo. Ha tentato di fuggire. Correva sempre più forte, più lontano possibile da quel luogo che è diventato, poco dopo, una gabbia da dove non è più uscito vivo. È stato braccato e colpito in un primo momento da chi, fino ad ora, in sette mesi, era finito solo nel registro degli indagati per omicidio: Franco Castagnacci, 50 anni, di Alatri, l'uomo che ha bloccato l'amico che voleva aiutare il giovane, consegnandolo a chi lo ha portato alla morte. Castagnacci ha cercato di "zittire" e far dire falsa testimonianza ad alcuni dei duecento testimoni ascoltati dagli investigatori.
Queste le accuse che vengono mosse al cinquantenne dagli inquirenti. Dall'estate scorsa per lui si sono aperte le porte della casa circondariale di Velletri, ma per reati di droga. Ieri mattina, invece, è arrivata l'accusa più grave, quella di concorso in omicidio volontario, poiché coinvolto, insieme al figlio Mario, a Paolo Palmisani e a Michel Fortuna, nella feroce aggressione che ha provocato, il 26 marzo scorso, la morte del giovane di Tecchiena.

Gli sviluppi
Ieri mattina il reparto operativo e il nucleo investigativo, guidati al colonnello Andrea Gavazzi e dal capitano Antonio Lombardi, in collaborazione con il personale delle compagnie di Frosinone, Alatri e Anagni, tutti coordinati dal colonnello Fabio Cagnazzo, hanno dato esecuzione all'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Frosinone Ida Logoluso, su richiesta del procuratore Giuseppe De Falco e dei sostituti Adolfo Coletta e Vittorio Misiti. Nei confronti di Franco Castagnacci sono emersi gravi indizi di colpevolezza nel coinvolgimento del violento delitto.
Secondo le accuse ha partecipato all'aggressione di Emanuele subito dopo che era stato portato fuori dal Miro Music Club. Lo ha inseguito fino alla parte alta della piazza, dove il ventenne aveva tentato di fuggire, braccandolo e continuando a colpirlo. Ha impedito a Gianmarco Ceccani, corso in aiuto dell'amico Emanuele, di aiutarlo. Lo ha trattenuto con forza. Nel frattempo Emanuele è riuscito a liberarsi dal cinquantenne ma è stato massacrato poco dopo da Mario, Paolo Palmisani e Michel Fortuna. Purtroppo per lui non c'è stato nulla da fare. È morto tra l'indifferenza delle tante persone presenti fuori dal locale, in una sera che voleva trascorrere in tranquillità e spensieratezza, come i giovani della sua età, con la sua ragazza Ketty e gli amici.
Il provvedimento cautelare si è reso necessario alla luce della condotta collaborativa tra l'arrestato e gli ulteriori tre indagati per l'intera fase dell'aggressione; per la rilevante pericolosità desumibile dal comportamento particolarmente crudele e dall'accanimento sulla giovane vittima, nonché per prevenire il concreto rischio di inquinamento di prove consistenti nel pericolo che il cinquantenne possa continuare a minacciare i testi, come emerso durante le indagini, per favorire la propria posizione e quella del figlio.

I precedenti
Franco Castagnacci il 1° giugno è finito agli arresti domiciliari, perché fermato con 15 grammi di cocaina. A quel punto il cinquantenne è stato portato prima in caserma, dove è rimasto per ulteriori verifiche e accertamenti, e poi condotto nel carcere di Frosinone. Successivamente per lui è stata disposta la misura dei domiciliari.
Ma l'attività investigativa è proseguita ritenendo quello un episodio non occasionale. I carabinieri, infatti, hanno continuato a indagare sulle varie piazze di spaccio e sui collegamenti tra Frosinone e Alatri. Il 27 luglio scorso Franco Castagnacci è finito di nuovo nei guai e da quel giorno si trova nella casa circondariale di Velletri. Stando alle accuse mosse dalla procura, Castagnacci padre avrebbe continuato a reggere le fila dell'attività, nonostante le restrizioni imposte dal regime dei domiciliari, avvalendosi dei suoi collaboratori, la sua consorte, sposata il 24 aprile, Florida Piku, 47, e Giorgio Boezi, 38, di Alatri. A loro avrebbe fornito istruzioni sulle modalità di approvvigionamento della droga, di cessione agli acquirenti e perfino di recupero crediti nei confronti di chi non aveva saldato il conto. Franco Castagnacci dai domiciliari è passato nella casa circondariale di Velletri, dove ieri mattina è stata data esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, ritenuto responsabile di concorso in omicidio volontario.

di: Nicoletta Fini