Un sopralluogo dei Ris per chiudere il cerchio. Per l'omicidio di Domenico Pascarella, la procura di Frosinone si affida anche ai carabinieri del Reparto investigazioni scientifiche. Dopo che, in procura, era stato affidato l'incarico al capitano Cesare Rapone, in settimana verranno effettuati i rilievi alla ricerca di tracce ematiche e di Dna sulla scena del crimine, e in generale nei due appartamenti dove vivevano la vittima e l'arrestato, Matteo Sbaraglia. I rilievi tecnici interesseranno anche l'arma del delitto, quella mazza da baseball che Sbaraglia avrebbe utilizzato prima per bussare alla porta del vicino di casa e poi per colpirlo per tre volte al capo. Arma ritrovata in casa dai carabinieri che poi hanno arrestato il sospettato mentre vagava per il centro di Alatri.
Nell'ambito dell'inchiesta, tuttavia, la procura di Frosinone ha voluto affidare anche un incarico allo psichiatra Ottavio Di Marco che dovrà valutare le condizioni di Sbaraglia, che è assistito dall'avvocato Angelo Testa. Il consulente ha già effettuato una prima visita in carcere. Dai risultati dell'esame dipenderanno molti dei destini processuali di Sbaraglia. Soprattutto se il perito accerterà uno stato di incapacità di intendere e volere al momento del fatto. Sbaraglia, infatti, era seguito dal centro di salute mentale.
E anche per questo, come sollecitato dal suo legale, Sbaraglia in settimana potrebbe venir trasferito. La sua destinazione dovrebbe essere il carcere romano di Rebibbia, dove esiste una struttura più attrezzata per seguire detenuti che presentano le problematiche di Sbaraglia. Del resto, era stato lo stesso gip Ida Logoluso, in occasione dell'udienza di convalida del fermo (non convalidato per assenza del pericolo di fuga), a sollecitare, nel momento in cui emetteva l'ordinanza di custodia in carcere, il trasferimento in altra struttura detentiva. Altro elemento fondamentale per delineare con precisione quanto accaduto nell'appartamento di via Sardegna sarà l'autopsia. I risultati dell'esame dovranno servire a confermare quanto finora emerso.
Il dolore e la riconciliazione, la sofferenza e il perdono. Il giorno del funerale di Mimmo Pascarella, svoltosi ieri nella chiesa parrocchiale della Santa Famiglia, non è stato soltanto l'occasione per dare l'estremo saluto allo sfortunato uomo, ma anche il momento per una profonda riflessione su quanto accaduto e sulla necessità di ripartire insieme dai temi dell'amore, della comprensione e dell'accoglienza.
Una città commossa
Era piena la chiesa: i parenti di Mimmo, i tanti amici, i vicini di casa, tanti residenti dei quartieri Murette e Civette, numerosi rappresentanti dell'amministrazione comunale (con in testa il sindaco Giuseppe Morini) e alcuni familiari di Matteo Sbaraglia. Tante presenze che hanno inteso testimoniare la vicinanza e la condivisione di un'intera comunità, quella alatrense, colpita e scossa ancora una volta da una grande tragedia. Nella sua omelia, il parroco don Maurizio Mariani ha subito evidenziato che, in quel che è successo, non è un esercizio utile cercare vittime e colpevoli. Ha tracciato un profilo del povero Mimmo, sottolineandone la dignità nelle difficoltà quotidiane che viveva, ma ha pure ricordato i problemi vissuti dal suo "carnefice", da Matteo Sbaraglia, che ha bisogno di aiuto e di sostegno da parte di tutti.
«Sono convinto che in quella notte, Mimmo abbia aperto la porta a Matteo perché lo voleva aiutare», ha detto don Maurizio, facendo risuonare nella chiesa quell'accorato invito al perdono, alla preghiera, alla riconciliazione che anche i cugini di Mimmo hanno fatto proprio fin dai primi istanti. Un invito ad abbandonare le strade dell'odio e dell'incomprensione, «perché Mimmo non nutriva odio nei confronti di nessuno» ha proseguito don Maurizio, e a lavorare insieme, termine ripetuto due volte dal prelato, per vincere quelle barriere dell'indifferenza, della solitudine, dei tormenti interiori che sono stati alla base del drammatico episodio avvenuto sabato 21 ottobre scorso.
La lettera di Susanna
Al termine della celebrazione eucaristica, è stata letta una lettera scritta da Susanna Sbaraglia, sorella di Matteo, che ha invocato quello stesso perdono più volte citato nel corso della messa. Parole dignitosissime con le quali la famiglia Sbaraglia si è scusata dal profondo dell'animo per quanto provocato, chiedendo allo stesso Mimmo di pregare per Matteo e per il suo bene: «Un ragazzo che Mimmo aveva visto crescere».
Una lettera che ha sorpreso molti per i toni costernati ma asciutti e misurati, sentiti e partecipati, che non muovevano sul pietismo e che non invocavano una facile indulgenza di comodo. All'uscita della chiesa, il feretro di Mimmo Pascarella, salutato da un sentito applauso, è stato trasportato nel cimitero di Santa Maria a Vico, in provincia di Caserta, dove l'uomo riposerà accanto ai genitori.
di: Pietro AntonucciDolore per la tragica scomparsa di Mimmo Pascarella e perdono per l'autore del terribile gesto, Matteo Sbaraglia. Nessuna voglia di vendetta, ma parole di comprensione da parte dei pochi parenti del 59enne, morto sabato mattina in circostanze drammatiche, e che sono giunti ieri mattina ad Alatri per il disbrigo di alcune pratiche burocratiche e per fissare la data e l'ora dei funerali. Tra di loro, Domenico Manna, un cugino del povero Mimmo, che usa parole molto tenere: «Vorrei ringraziare Alatri e tutti gli amici di Mimmo per quello che hanno fatto per lui e per la grande vicinanza mostrata, per l'affetto che ci hanno fatto percepire anche in questo momento così difficile per noi tutti». Nel manifesto funebre il famoso aforisma di Alexandre Pope ("Errare è umano, perdonare è divino") accompagnato dall'invito a pregare anche per Matteo, oltre che per Mimmo: «È un segnale di assoluta distensione – afferma Manna – perché in quanto successo si sono sommate due tragedie, quella della morte di Mimmo e quella della complessa situazione di questo ragazzo. Perdoniamo cristianamente chi ci ha tolto Mimmo, sappiamo e comprendiamo la sofferenza che sta attraversando anche la famiglia di questo giovane».
I funerali di Mimmo si terranno sabato alle 10.30, nella chiesa della Santa Famiglia, dove parenti ed amici potranno dare l'estremo saluto ad una persona buona e molto sfortunata nella sua vita. Dopo la celebrazione, la salma sarà tumulata nel cimitero di Santa Maria a Vico, in provincia di Caserta, cittadina d'origine della famiglia Pascarella: "Sarà sepolto nella tomba di famiglia, accanto alla madre e al padre, come Mimmo aveva sempre chiesto nel caso in cui fosse venuto a mancare", conclude il cugino. Familiari ed amici hanno anche specificato di non portare fiori in chiesa ma di elargire offerte alla Caritas diocesana.
di: Pietro AntonucciUn'ora di interrogatorio nel carcere di Frosinone alla presenza del gip Ida Logoluso e del suo avvocato difensore, Angelo Testa. Matteo Sbaraglia, il trentacinquenne di Alatri finito dietro le sbarre per l'omicidio del 59enne Domenico Pascarella, anche lui di Alatri, ha atteso l'arrivo del legale e degli inquirenti nella cella di isolamento. Lì ha tentato di ricostruire, a distanza di cinque giorni, quanto accaduto la notte tra venerdì e sabato.
L'interrogatorio
Subito dopo essere stato fermato, Matteo, all'interno della caserma di Alatri, non aveva saputo fornire una spiegazione di quanto accaduto nella notte tra venerdì e sabato scorsi. Si era semplicemente limitato a dire: «Poteva capitare a chiunque». Ieri l'interrogatorio in carcere è iniziato alle 13. In un primo momento, il trentacinquenne è apparso sereno e ha cercato di rispondere alle domande del giudice. Ha ricordato di aver aggredito il suo dirimpettaio, Mimmo Pascarella, con una mazza da baseball, dopo che lui aveva aperto la porta di casa. Il primo colpo lo avrebbe sferrato alla testa, gli altri sul corpo di Domenico, che si è accasciato a terra ed è morto. Ma questa ricostruzione ora dovrà attendere l'esito dell'autopsia, effettuata dal medico legale Vincenza Liviero. Pochi, terribili istanti per poi richiudere la porta dell'appartamento di Mimmo e rientrare nella sua abitazione, situata sullo stesso piano.
Un interrogatorio che di fatto non ha determinato un cambiamento radicale rispetto alla prima versione fornita dall'arrestato. Dal confronto, quindi, non sono emersi elementi di novità sulla dinamica dell'omicidio. Resta in piedi la pista del gesto efferato, senza un movente e mentre Matteo era in preda a un raptus. Più avanti, nel corso dell'interrogatorio, Sbaraglia ha iniziato a mostrare segni di nervosismo, manifestando poca lucidità e dando risposte confuse sulle possibili cause che lo hanno spinto al terribile gesto. Intanto, ieri il gip Logoluso ha depositato l'ordinanza di custodia cautelare con la quale non ha convalidato il fermo del trentacinquenne perché non sussistono i pericoli di fuga, confermando però il carcere e l'isolamento con vigilanza. Sollecitando, peraltro, l'individuazione di una struttura idonea per l'arrestato.