Un'ora di interrogatorio nel carcere di Frosinone alla presenza del gip Ida Logoluso e del suo avvocato difensore, Angelo Testa. Matteo Sbaraglia, il trentacinquenne di Alatri finito dietro le sbarre per l'omicidio del 59enne Domenico Pascarella, anche lui di Alatri, ha atteso l'arrivo del legale e degli inquirenti nella cella di isolamento. Lì ha tentato di ricostruire, a distanza di cinque giorni, quanto accaduto la notte tra venerdì e sabato.
L'interrogatorio
Subito dopo essere stato fermato, Matteo, all'interno della caserma di Alatri, non aveva saputo fornire una spiegazione di quanto accaduto nella notte tra venerdì e sabato scorsi. Si era semplicemente limitato a dire: «Poteva capitare a chiunque». Ieri l'interrogatorio in carcere è iniziato alle 13. In un primo momento, il trentacinquenne è apparso sereno e ha cercato di rispondere alle domande del giudice. Ha ricordato di aver aggredito il suo dirimpettaio, Mimmo Pascarella, con una mazza da baseball, dopo che lui aveva aperto la porta di casa. Il primo colpo lo avrebbe sferrato alla testa, gli altri sul corpo di Domenico, che si è accasciato a terra ed è morto. Ma questa ricostruzione ora dovrà attendere l'esito dell'autopsia, effettuata dal medico legale Vincenza Liviero. Pochi, terribili istanti per poi richiudere la porta dell'appartamento di Mimmo e rientrare nella sua abitazione, situata sullo stesso piano.
Un interrogatorio che di fatto non ha determinato un cambiamento radicale rispetto alla prima versione fornita dall'arrestato. Dal confronto, quindi, non sono emersi elementi di novità sulla dinamica dell'omicidio. Resta in piedi la pista del gesto efferato, senza un movente e mentre Matteo era in preda a un raptus. Più avanti, nel corso dell'interrogatorio, Sbaraglia ha iniziato a mostrare segni di nervosismo, manifestando poca lucidità e dando risposte confuse sulle possibili cause che lo hanno spinto al terribile gesto. Intanto, ieri il gip Logoluso ha depositato l'ordinanza di custodia cautelare con la quale non ha convalidato il fermo del trentacinquenne perché non sussistono i pericoli di fuga, confermando però il carcere e l'isolamento con vigilanza. Sollecitando, peraltro, l'individuazione di una struttura idonea per l'arrestato.