Domenico Pascarella, per tutti Mimmo, è stato una vittima della solitudine, prima ancora che del suo carnefice. Una vita trascorsa ai margini, ai limiti, quella di Mimmo, tra la precarietà di una soddisfacente situazione lavorativa mai raggiunta e i tanti problemi di natura psichiatrica che l'uomo ha dovuto affrontare. Un'esistenza non facile, segnata dalla morte prematura della madre Rosa in circostanze tragiche e che ha profondamente inciso nell'animo e nella mente di Mimmo, al punto da condizionarlo per sempre. La successiva scomparsa del padre, unitamente all'assenza e alla lontananza degli altri familiari (le sue origini erano nel Casertano, ndc) lo hanno portato man mano a perdere contatto con la realtà, a vivere in uno stato di degrado, abbandono, trascuratezza, aumentato purtroppo con il passare del tempo. Attorno a lui soltanto un gruppo di amici che, per tanti anni, ha seguito, ha aiutato, ha protetto fin dove e fin quando è stato possibile Mimmo Pascarella. Ma ci sono anche altri lati da mettere in evidenza di questo pover'uomo, oltre alla sua fragilità. Il primo è la mitezza: non una parola fuori posto, sempre disponibile all'ascolto e dialogo, pure per interrompere quella spirale negativa, generata dalla solitudine, che gli pesava come un macigno. Il secondo è la cultura: nonostante l'aspetto trasandato, che poteva lasciare immaginare tutt'altro, sapeva intrattenere i suoi interlocutori – se sollecitato – su argomenti filosofici e teologici, poteva discorrere dei classici latini e greci, ultimamente si era messo a studiare la lingua rumena e la parlava con un'invidiabile scioltezza per essere un autodidatta. Tristi e forti, al tempo stesso, i ricordi dei pochi amici che ancora conservava, quelli che ne hanno preso a cuore le sorti dopo aver manifestato i primi segnali di disagio.

«Mi chiamava anche tre volte al giorno – rivela uno di questi amici che preferisce restare nell'ombra – e si lamentava soprattutto della sua perenne solitudine. Molto spesso lo si vedeva nella zona dell'ospedale, in un noto bar, ma raccontava di non conoscere nessuno e di avere poche occasioni per scambiare due parole con i passanti o gli altri clienti. Gli ultimi anni sono stati davvero difficili per lui e non meritava certamente una fine così drammatica».

Era spesso ospite, a pranzo o a cena, da vicini e, appunto, dai suoi amici: frequentazioni e momenti importanti per lui, ma evidentemente non sufficienti a colmare quei profondi vuoti interiori che aveva.

«Lo ricordiamo tutti come una persona buona», aggiunge un altro suo amico commosso, che non vuol dire altro. La commozione e lo sconcerto sono sentimenti palpabili in chi ha incrociato la propria vita con quella di Mimmo Pascarella. A tutte le sue conoscenze aveva regalato, oltre venti anni fa, delle fotografie in cui Mimmo ha uno sguardo che sembra sereno. Speciali le dediche: «Affinché possiate vedermi anche quando io sia assente». Da ieri pomeriggio quei rari scatti sono diventati dei preziosi ricordi.

Pietro Antonucci

Matteo Sbaraglia, 35 anni, un ragazzo normalissimo che viveva da solo e che era conosciuto da tutti, anche perchè appartenente a una famiglia storica di Alatri che non gli ha fatto mai mancare affetto e vicinanza. Frequentava regolarmente i luoghi di svago della città e non aveva mai dato alcun problema di sorta. «Spesso siamo usciti insieme e ci incontravamo nel centro storico - ci racconta un ragazzo della zona - e con Matteo non c'è mai stato alcun problema. Un ragazzo come tanti con i problemi che molti hanno a questa età e per questo siamo sconvolti».

Una descrizione che trova punti di contatto anche con altri commenti di residenti della zona e del centro urbano, luogo dove Matteo maggiormente trascorreva le sue giornate. Un ragazzo che aveva sofferto tanto per la perdita dei genitori, la madre quando era piccolo e il padre qualche tempo fa. Un dolore che sicuramente lo ha coinvolto nel suo intimo e nell'animo. Per questo, in tanti gli stavano vicino per quanto possibile. Ultimamente era seguito anche dal Csm e tramite i servizi sociali svolgeva, per alcune ore, a settimana lavori di pubblica utilità. Insomma, aveva attorno enorme affetto e solidarietà. Poi, cosa sia scattato all'alba di ieri in quell'appartamento di Pascarella, lo chiariranno le indagini e, soprattutto, le sue dichiarazioni nell'interrogatorio durato fino alle 20 di ieri. Una tragedia immane che ha sconvolto i familiari e tutte le persone che lo conoscevano.

di: La Redazione

«È stato un raptus». Matteo Sbaraglia, affetto da psicosi schizofrenica e paranoide, non ha saputo dare una spiegazione al suo gesto. Si è limitato a confessare il delitto davanti al sostituto procuratore Vittorio Misiti che lo ha interrogato per due ore alla presenza dell'avvocato Angelo Testa. Non ha fornito dovizia di particolari e non è apparso molto lucido. Ha ricordato di aver bussato una prima volta al vicino in piena notte, intorno alle 4, quindi di esser tornato in casa a prendere una mazza da baseball dallo sgabuzzino. Con questa ha nuovamente bussato, quindi ha sferrato tre colpi a Domenico Pascarella, lasciandolo a terra. Al pm ha detto: «è capitato lui, poteva capitare chiunque». Non ha fornito altre spiegazioni. Non ci sarebbe stato nessun litigio. Dopodiché Sbaraglia ha aggiunto di aver capito di aver fatto un grosso guaio e si è rinchiuso in casa. Senza dormire per tutto il resto della notte. Quando i familiari sono andati a cercarlo è scappato. E ha vagato per il centro del paese finché non è stato arrestato dai carabinieri della compagnia di Alatri. Sbaraglia ha risposto a tutte le domande del pm, ma sugli aspetti scatenanti la violenza non è stato in grado di fornire spiegazioni.

«Gli aspetti psichiatrici saranno da approfondire - commenta l'avvocato Angelo Testa, difensore del fermato - Sarà disposta una consulenza e in base a quella decideremo il da farsi. Per ora aspettiamo la consulenza della procura, poi vedremo».

Al termine dell'interrogatorio, il pm ne ha disposto il fermo e la traduzione in carcere, in isolamento, con tutte le attenzioni del caso, visite specialistiche e piantonamento. I particolari ancora non chiariti potrebbero essere al centro dell'interrogatorio di garanzia la prossima settimana. Ma, come evidenziato dal difensore, tenuto conto delle problematiche psichiche, «il carcere non è la struttura più idonea».

Raffaele Calcabrina

di: La Redazione

Sconcerto e stupore da parte delle tantissime famiglie residenti in via Sardegna per una notizia che ha sconvolto e che ha visto protagonisti di questa dolorosa e tragica storia due degli abitanti della zona, il 59enne Domenico Pascarella la vittima e Matteo Sbaraglia il 35enne arrearrestato con la pesantissima accusa di omicidio, due persone che si conoscevano da una vita e che abitavano uno di fronte all'altro.

Entrambi non avevano mai dato particolari problemi nel vicinato e quanto accaduto ha dell'incredibile e assurdo. Ognuno aveva la sua storia di dolore e drammi personali, ma anche di tanta solidarietà e sostegni. Mai si pensava che potesse verificarsi una tragedia simile.

«Cosa sia accaduto è pazzesco e tristissimo - ci dicono alcuni residenti - non ci sono parole per descrivere questa tragedia».

In pochi hanno voluto commentare, la scelta del silenzio delle tante persone ieri pomeriggio tra le abitazioni e le palazzine, durante i rilievi, è stata una forma di rispetto per un fatto di cronaca drammatico. Quando sono arrivati prima i vigili del fuoco, poi i carabinieri, il 118 e la polizia locale si è intuito che qualcosa di tragico era accaduto. Poi in pochi minuti la conferma della causa della morte di Domenico Pascarella e l'arrivo sul posto del medico legale, il magistrato e gli inquirenti dell'Arma che per alcune ore hanno effettuato i rilievi.

Ma.Pi.

di: La Redazione

Colpito con una mazza da baseball e trovato senza vita nel suo appartamento. La vittima è Domenico Pascarella, 59 anni. Ha confessato il suo vicino di casa, Matteo Sbaraglia, 35 anni. È accusato di omicidio volontario. L'alatrense, disoccupato e con problemi psichiatrici, avrebbe colpito il trentacinquenne per futili motivi. Un raptus, tre colpi con la mazza da baseball, che non hanno lasciato scampo al cinquantanovenne. Da subito il principale indiziato è stato Sbaraglia, che abita sullo stesso pianerottolo di un condominio di via Sardegna nel popoloso quartiere Civette. Mimmo come era conosciuto in città, da anni soffriva di una grave forma di esaurimento nervoso, era in cura al Centro d'Igiene mentale, come l'autore del gesto Matteo Sbaraglia. In comune oltre a questa patologia e che erano vicini di casa, anche il fatto che erano orfani.

Il padre di Mimmo era un appuntato dei carabinieri che per anni aveva prestato servizio presso la stazione di Alatri, la mamma, invece era morta suicida anni fa; si era gettata dalla finestra dalla casa dove si è consumata la tragedia. Il fatto di sangue si sarebbe verificato presumibilmente intorno alle ore 4 della notte tra sabato e domenica, visto che alcuni condomini avrebbero sentito dei rumori provenire dall'appartamento di Pascarella. Questi era seguito dai servizi sociali del Comune e partecipava ad un programma lavorativo denominato Filo di Arianna. Ma c'erano altre persone che gli erano vicino. Una signora di Alatri titolare di una trattoria pare che gli offrisse almeno un pasto al giorno e provvedeva alla pulizia della biancheria. Inoltre c'era un medico che lo invitava a pranzo ogni sabato. E proprio questi non vedendolo arrivare ha iniziato a telefonargli. Non ricevendo risposta si è recato in via Sardegna per vedere se fosse accaduto qualcosa. Ha suonato e bussato più volte e non ricevendo risposta ha avvertito il 118 e i vigili del fuoco. Sul posto sono arrivati anche i carabinieri della locale compagnia con diverse pattuglie. I vigili del fuoco hanno sfondato la porta, che non presentava segni di effrazione, e la scena che si è presentata ai loro occhi è stata crudele. Mimmo Pascarella giaceva riverso a terra e presentava forti tumefazioni al volto e ferite lacero contuse alla testa. Mentre sul posto si portavano altre pattuglie dei carabinieri e personale della polizia locale, altro personale dell'Arma iniziava un giro di perlustrazione, visto che il sospettato non si trovava in casa.

Le ricerche
Sbaraglia nel frattempo si era allontanato e girovagava nei vicoli del centro storico. Alla vista delle forze dell'ordine cercava di fuggire facendo intendere che avesse qualcosa da nascondere. Il trentaduenne è stato così fermato e portato in caserma. Una persona buona, schiva che da anni soffriva un disagio psichico, ma tranquillissima. Aveva frequentato con profitto il Liceo Classico e poi alcuni anni all'Università. Un uomo con una cultura infinita che conosceva a menadito tutte le opere della letteratura classica nonché il greco e il latino. Spesso si recava in alcuni bar del centro e della periferia, accanito fumatore ma non usava né droghe né alcool. Più volte gli amici gli avevano consigliato di vendere il suo grande appartamento per acquistarne uno più piccolo: con la differenza avrebbe potuto vivere dignitosamente.

Bruno Gatta

di: La Redazione