Una deposizione drammatica. Dopo quella del ragazzo, vittima di abusi sessuali, ieri, nel processo a don Gianni Bekiaris, è stata la volta della madre. La donna ha ripercorso quei drammatici anni nei quali ha fatto fatica a capire cosa stava accadendo. La donna ha spiegato di aver appreso dal consultorio delle violenze di cui - per l'accusa, sostenuta in aula dal pm Maria Pia Ticino - è stato oggetto il figlio. Questi, infatti, si era rivolto a un terapeuta, sacerdote anch'egli, per farsi aiutare. E in una di quelle sedute vennero convocati i genitori che così appresero i fatti. La teste ha sostenuto che il figlio subì delle molestie sin da quando aveva cominciato a frequentare il catechismo, in tenera età. Ha raccontato di esser stata chiamata dalle maestre che non si spiegavano del cambiamento del piccolo, che si era chiuso in se stesso. La donna, infatti, ha ribadito che il ragazzo, ormai trentenne, è stato e sta ancora male. E che ha tentato più volte il suicidio.

Per anni la famiglia ha stentato a capire cosa stava accadendo. La versione della famiglia, supportata dall'avvocato di parte civile Carla Corsetti, è che il giovane è stato soggiogato, completamente succube del religioso. E così quando questi chiamava il ragazzo correva. La madre ha ricordato gli incubi notturni, la difficoltà del figlio a contenere la rabbia, a fidarsi del prossimo e a ricordare le date di alcuni avvenimenti legati alle violenze. La prima violenza completa - secondo la donna - si sarebbe consumato a 11 anni, in occasione di una vacanza in Abruzzo. Sarebbero dovuti andare in più persone - ma a quanto appreso dalla testimone - alla fine in albergo andarono in due. A riprova delle proprie accuse, lei ha citato anche un regalo fatto da don Gianni al ragazzo, un quadro che raffigurava un paesaggio della località di montagna dove erano stati, con una dedica che, per anni, non hanno interpretato. E che, per la donna, sarebbe il riferimento alla prima violenza.

Violenze che, per l'accusa, si sarebbero protratti per anni, fino al 2009. Fin quando la vittima ha trovato il coraggio di ribellarsi e chiedere aiuto al consultorio. La donna, nel suo racconto, ha fatto riferimento anche a un incontro con il vescovo per parlare dell'accaduto e del processo canonico al quale don Bekiaris è stato sottoposto e condannato. Al che il pm ha chiesto al tribunale di sentire l'alto prelato come testimone di riferimento. Richiesta accordata dal collegio.
Dal canto suo, don Gianni, che è difeso dall'avvocato Giuseppe Pizzutelli, dichiara di affidarsi ancor prima che a quella divina alla giustizia terrena. Il difensore, nel corso dell'udienza, ha cercato di evidenziare contraddizioni nel racconto della donna, contestando alcune incongruenze temporali su fatti specifici così come riferiti dalla donna rispetto al figlio.