La Cassazione ne ha confermato l'"espulsione". E per le vedette - o presunte tali - coinvolte nell'operazione antidroga Firework è venuto il momento di allontanarsi da Frosinone, in virtù del divieto di dimora che è stato loro imposto. Da giovedì sera, da quando è stato notificato il provvedimento finale della Corte di Cassazione, per i 24 cui il tribunale del Riesame ha imposto di doversi allontanare non solo dal Casermone, luogo in cui secondo l'accusa è stato commesso il reato, ma da tutto il territorio comunale, si è posta una scelta.
Gran parte di questi si trova in difficoltà economiche e, dunque, nell'impossibilità - sostiene - di trovarsi una sistemazione fuori Frosinone. Altri hanno famiglia, anche con i figli a carico per cui spostarsi presenta un doppio problema. Comunque, alla fine, chi meglio chi peggio si sono attrezzati. Si è scelto di stare per lo più in zona, e dunque nei paesi vicini al capoluogo trovando accoglienza presso familiari o amici. Chi non ha trovato si è dovuto arrangiare con una sistemazione di fortuna. Come i fratelli Fabio, Massimiliano e Stefano Grossi, di 35, 46 e 43 anni. Da giovedì sera dormono in auto nei pressi del parco di Fontana Olente. Per il cibo ci pensano i familiari.
Uno dei difensori, l'avvocato Giampiero Velucci commenta duramente: «Si tratta di un provvedimento ingiusto nella forma e nella sostanza. Perché questa misura si applica quando un soggetto che ha commesso reati in una determinata località, ha una stabile residenza altrove. Ragione per la quale lo si obbliga a ritornare nel paese d'origine. In questo caso il tribunale del Riesame ha emesso una decisione cervellotica, creando un pericoloso precedente perché, in teoria, anche quando si ha una stabile residenza a Frosinone si corre il rischio di essere allontanati dal capoluogo. Il provvedimento è assurdo anche perchè le procure e i gip di Frosinone e Roma che si stanno occupando dell'operazione Fireworks hanno adottato misure cautelari, arresti domiciliari o obbligo di firma, da eseguirsi proprio a Frosinone. È assurdo che chi ha una posizione peggiore stia a Frosinone, seppure agli arresti domiciliari, mentre chi ha una misura migliore debba stare fuori Frosinone».
La storia nasce dopo la mancata conferma degli arresti domiciliari per un gruppo di indagati, nel momento in cui il gip di Roma aveva rinnovato l'originaria misura adottata a Frosinone. I pm Adolfo Coletta e Giuseppe Cascini della Dda avevano impugnato la misura al tribunale della Libertà per ottenere il ripristino dei domiciliari. Alla fine il tribunale del Riesame stabilì il divieto di dimora. Un provvedimento finalizzato a tenere lontani, non solo dal Casermone, ma anche da Frosinone, le figure minori, per lo più vedette o addetti allo spaccio al minuto, in base alle accuse raccolte da carabinieri e polizia. Il timore era, infatti, quello di un salto di qualità di chi, fino a quel momento, aveva avuto un ruolo minore.
Il caso è approdato in Cassazione che ha mantenuto il provvedimento di divieto di dimora a Frosinone, respingendo i ricorsi. L'operazione Fireworks era scattata il 7 dicembre scorso. In sedici erano finiti in carcere, per gli altri domiciliari o obbligo di firma. E proprio questo secondo gruppo, assistito dagli avvocati Raffaele e Marco Maietta, Calogero e Antonino Nobile, Giampiero Vellucci, Riccardo Masecchia e Luigi Tozzi, è stato interessato dai vari provvedimenti giudiziari. Intanto, dopo la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura di Roma, si attende la fissazione dell'udienza preliminare.