Pesano come il piombo le 170 pagine dell'ordinanza sui concorsi truccati per abilitare questo o quel favorito all'insegnamento nel settore del diritto tributario in Italia. Pesano, soprattutto, per la mole di intercettazioni (telefoniche ed ambientali) dove i luminari stabiliscono criteri e valutazioni, strategie e ponderazioni, estranei al merito, per piazzare determinati candidati ed escluderne altri. Chiamate continue sul cellulare - fino a quando non diventa rischioso - riunioni negli studi di tutta Italia o anche cene più rilassanti per pilotare le singole sedute.

Ogni passo veniva seguito dagli uomini della Finanza di Firenze che, con l'operazione, "Chiamata alle Armi", hanno fotografato l'occulto che si celava dietro le scelte.

Arrestati e indagati
Sette le misure coercitive disposte dal gip del tribunale fiorentino Angelo Antonio Pezzuti, una ha colpito anche l'Unicas con l'arresto ai domiciliari del professor Giuseppe Maria Cipolla, dal 2001 a Cassino e uomo-chiave, al fianco del management accademico, per la rottamazione delle cartelle nella trattativa con l'Inps sui 40 milioni di euro per contributi non versati. Tra gli indagati "illustri", invece, c'è anche l'ex ministro Augusto Fantozzi (che, per il tramite del suo avvocato, ha già dichiarato la sua estraneità ai fatti) in una inchiesta che ha provocato scossoni nazionali. Ventidue i prof interdetti all'insegnamento.

C'è sempre una lista
Tutto parte dalla denuncia di un ricercatore fiorentino, Jezzi Philip Laroma, che era stato invitato a ritirarsi e a tentare più avanti. Semplicemente perché doveva essere abilitato un altro candidato. Entra nell'ufficio del prof per chiedere spiegazioni e (registrando quella conversazione) ottiene risposte del tipo «È stata fatta una lista e tu non ci sei». Si parla, tra quelle quattro mura accademiche del criterio del "do ut des" tra i luminari del "patto" e si scorre pure la lista di quelli che saranno abilitati. E alla domanda su quali criteri avessero condotto i commissari alla sua esclusione, il prof è molto esplicito: «I criteri... del vile commercio dei posti». Scrive il giudice: «In questa gestione delle abilitazioni non era in sostanza previsto che potesse pretendere di essere valutato e abilitato uno non sponsorizzato che vantava titoli anche maggiori di candidati sponsorizzati perché creava imbarazzo».

Certosine le ricostruzioni, tornata dopo tornata, di quello che accadeva sia tra chi si trovava inserito dal ministero nella commissione sia tra chi da fuori «sponsorizzava». Si sentivano, si vedevano, stilavano l'elenco e valutavano i prescelti in base a logiche di interesse. Qualche volta polemizzavano pure sugli eccessivi "demeriti" di qualche candidato. Telefonate e trattative - che vedono coinvolto anche il prof cassinate - si rincorrono nel ricco materiale inserito nell'ordinanza e nella ricostruzione fornita dalla Finanza che parla di «sistematici accordi corruttivi» e di «logiche di spartizione territoriale». Tra i docenti si usano liberamente termini come "merce di scambio", "negoziato", "valutazioni di opportunità", "trattative", "prezzo". E certe volte si sentono pure sfuriate sulla non convenienza di dare il proprio voto a quel candidato. Perché il criterio è quello di «monetizzare le scelte». Il merito non affiora mai. E siamo nel più alto dei mondi culturali! E poi il problema finale.

«Gli interlocutori - scrive il gip - parlano delle "giustificazioni"da fornire ai colleghi professori i cui allievi non riceveranno l'abilitazione e delle rivalse verso chi ha ricevuto favori e non si è mostrato grato».

La scelta delle misure coercitive per i sette - la cui condotta è stata giudicata più "pesante" di quella di altri - è dettata dal «pericolo di commissione di altri reati». Troppi gli intrecci ricostruiti dagli investigatori e troppe ancora, per gli stessi inquirenti, le cambiali da pagare o i favori da ricevere indietro in un sistema collaudato.