Un urto violento del capo contro un ostacolo fisso, ovvero l'auto in sosta, o un manganello vibrato violentemente. Il consulente tecnico Saverio Potenza incaricato dal pubblico ministero di far luce sulle cause della morte di Emanuele Morganti lascia, dunque, aperte due possibilità. Depositate le risultanze dell'autopsia, la procura di Frosinone ha ora il quadro completo di quanto avvenuto la notte tra il 24 e il 25 marzo in cui Emanuele, insieme alla fidanzata e a un gruppo di amici, si recò per trascorrere una serata al Miro music club di Alatri.

Emanuele, a un certo punto, dopo un diverbio con un avventore venne portato fuori a forza dalla sicurezza del locale e, all'esterno del club, fu oggetto di una violenta aggressione fisica da più persone. A breve potrebbe esserci la chiusura delle indagini preliminari con eventuale richiesta di rinvio a giudizio degli otto attuali indagati, tre dei quali (Mario Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna) detenuti proprio con l'accusa di omicidio.

Stando all'esito dell'autopsia, Emanuele è morto a seguito della grave emorragia cerebrale dovuta a una frattura cranica nella regione fronto-parietale sinistra. Secondo il consulente tecnico la lesione va ricondotta a un «mezzo di natura contusiva di forma allungata e a superficie relativamente ampia». Per il perito la lesione può essere «pienamente compatibile con un urto violento del capo contro un ostacolo fisso e rigido come in particolare il montante trasverso di uno sportello chiuso di un'autovettura (la Skoda parcheggiata in piazza, ndr) su cui il soggetto, cadendo pesantemente, possa aver battuto con il capo». Al tempo stesso, tuttavia, il perito lascia aperta una seconda possibilità, e cioè non esclude una «teorica compatibilità con un bastone o un manganello vibrato attivamente e violentemente».

Il consulente ha anche valutato le lesioni nella parte posteriore del capo che sarebbero pienamente compatibili con i pugni sferrati alle spalle di Emanuele durante una colluttazione. Le ferite alle braccia, invece, possono essere interpretate - secondo il consulente - con tentativi di immobilizzazione di Emanuele da parte di terze persone che volevano aggredirlo. L'aggressione non essendosi concretizzata in un contesto unico, ma in più fasi, porta necessariamente a dover valutare chi ha fatto cosa e in quale momento. E, in tal senso, molto ci si aspettava dai risultati definitivi dell'autopsia.

I difensori degli indagati (nel collegio ci sono anche gli avvocati Angelo Bucci, Massimiliano Carbone, Marilena Colagiacomo e Giorgio Beni) ora valuteranno le varie strategie, ma l'orientamento prevalente è quello di affrontare il processo con rito ordinario. «La consulenza è stata certamente utile anche se non decisiva - commenta l'avvocato Bruno Naso, difensore di Michel Fortuna - Non assume una valenza tranchante. Se dice che la causa della morte verosimilmente è stata l'urto con il fascione, al tempo stesso non esclude in assoluto il colpo con il manganello. Così si mettono in gioco tutti gli indagati».

I legali di due dei buttafuori, gli avvocati Giampiero Vellucci e Riccardo Masecchia ritengono «che la perizia non abbia inciso sulla posizione dei due la cui difesa, sin dall'inizio, è stata improntata a una dichiarazione di estraneità da qualsivoglia contatto fisico con la vittima, così che il problema della incidenza causale dei colpi ricevuti dalla vittima e l'evento morte non può riguardare chi non ha mai colpito il povero Emanuele». Resta la qualificazione giuridica del fatto: omicidio volontario, eventualmente integrato dal dolo eventuale, o omicidio preterintenzionale. Ma su questo - verosimilmente - si giocherà la grande partita durante il dibattimento.