Dopo la "guerra" alle fiamme, si contano i danni. Anzi, non ci contano! Polvere e paura restano uno spettacolo desolante, dentro l'animo e davanti agli occhi. È la cronaca di una devastazione che non conosce limiti e che vanifica gli sforzi degli Enti in poche, terribili ore di fuoco. A Roccasecca bisognerà rialzarsi. Tre giorni di incendi, spenti e magistralmente riaccesi da mani esperte, hanno mandato in fumo le bellezze naturalistiche della città di San Tommaso. Sono bruciate «tutte le montagne a ridosso del centro, i percorsi turistici sono ridotti in cenere come pure quelli sportivi. Bisognerà ricostruire tutto», dice il sindaco Sacco. Per tornare a praticare il trekking sarà necessario aspettare che la vegetazione ricresca e a ottobre potrebbe saltare la corsa "l'anello del brigante". Bisogna ripensare tutto, aspettando pazientemente anche i tempi della natura.

Nel frattempo si può provare a combattere quelli che proprio Sacco ha definito i "professionisti del terrore" Lo farà con un progetto, in fase di studio, dal titolo "Difendiamoci" dove l'idea è quella di mettere insieme videosorveglianza, foto trappole e gruppi di volontari - armati di mezzi social - per monitorare il territorio che va messo in sicurezza. Un'azione congiunta tra Enti e comunità per difendere le proprie terre. E un messaggio chiaro a chi potrebbe finanziare il progetto: «Si risparmia molto di più facendo prevenzione e mettendo disposizione fondi che sperperando denaro pubblico quando si mette in moto la macchina per spegnere gli incendi».
Ancora «incalcolabili» i danni, bisognerà capire dai privati quante coltivazioni, uliveti e vigneti non esistono più. Come pure si sta lavorando per la sicurezza dell'area del Tracciolino e della strada che collega il paese a Colle San Magno. «Alla prima pioggia potrebbe esserci la caduta massi. Abbiamo già allertato tutte le autorità competenti dopo il sopralluogo comunale». A Sant'Elia la situazione è critica. Ad andare in fumo centinaia di piante, uliveti, alberi da frutto, coltivazioni. «Viviamo alla giornata - ha detto il sindaco Cuozzo - Siamo sempre pronti a scappare. Quello che ci sta aiutando tanto è la collaborazione tra cittadini, vigili del fuoco e amministrazione. Ognuno fa quello che può. Ma ci sono molti contadini disperati». Scampato il pericolo più grande, quello relativo all'incolumità della gente messa a rischio nei grossi incendi, ora restano le ferite. Bruciano, come il fuoco. Ma la guerra ai criminali è dichiarata.

Il fronte del fuoco si sposta dalla Monna alla Rotonaria. La montagna violata: la "Monna". Il simbolo e polmone verde dei Monti Ernici. Indignazione e rassegnazione. «Sono 1000 gli ettari di bosco andati distrutti», parla a bassa voce il sindaco di Vico nel Lazio Claudio Guerriero. È stanco e deluso, chi lo conosce sa che è sempre in prima linea. Non si sottrae mai alle emergenze, e senza peli sulla lingua lancia anatemi contro gli autori del vile e sconsiderato gesto, ma ne ha anche per quelle decisioni che hanno voluto la soppressione del Corpo forestale. Qualcuno parla di ronde, mentre gli allevatori non ci stanno alle accuse che li vorrebbero autori dei roghi. Il signor Giacomini è uno di loro e dichiara: «Ho già perso un cavallo e un vitello, ho altri 150 capi di bestiame. La Monna brucia e mi piange il cuore, ma dove porterò le bestie?». C'è qualcuno che sa replicare all'allevatore? C'è qualcuno che sa dare una risposta ai mille interrogativi? Ai danni procurati dall'uomo; sia quelli di origine dolosa che di scelte burocratiche? Al problema delle fiamme, del fumo, della distruzione dei boschi, del sottobosco, della mancanza di ossigeno vitale per la vita dell'uomo. Qualcuno sa dare una risposta. E la siccità, la mancanza dell'acqua e del problema di non poter spostare gli animali per farli abbeverare?
La Monna brucia da domenica mattina. I vigili del fuoco impossibilitati a raggiungere la montagna coordinano da terra le operazione dei mezzi aerei; elicotteri e canadair. Poi c'è il lavoro di pattugliamento dei carabinieri e dei volontari. I lanci non sono a sufficienza, però. E la colpa è solo ed esclusivamente dei piromani. «O persone malate o chi lo fa per qualche interesse sempre piromani sono», spiega il sindaco Claudio Guerriero.
Ormai stanco e deluso e che non si concede volentieri alle domande dei giornalisti intervenuti nei pressi di Fontana la Macchia. La gente ha paura perché questa è una lotta impari. L'identikit del piromane pare sia difficile disegnarlo. La Monna brucia e le previsione non sono buone.
È difficile porre rimedio a questa calamità voluta dall'uomo. Si attende che le fiamme si attenuino per fare la conta dei danni, ma il bilancio approssimativo è già da paura; 1000 ettari di bosco e forse centinaia di animali selvatici e non, morti tra vitelli, mucche, cavalli ma anche volpi cinghiali, lepri e tutta la fauna degli Ernici. Una tragedia

Serrone

Nel centro simbruino dopo i violenti incendi che hanno devastato il Monte Scalambra si fa la conta dei danni. Non solo pascoli, oliveti bruciati e danni al cimitero che oggi dovrebbe riaprire, ma anche conseguenze al serbatoio Arnaro, che dopo essere stato danneggiato ha visto ieri l'intervento immediato della società Acea che nell'intervento ha dovuto sospendere il flusso idrico.

M.S.G. Campano

Un incendio si è sviluppato ieri distruggendo oliveti nella zona di Colle San Marco ed avvicinandosi ad alcune abitazioni. Sono stati allertati subito i vigili del fuoco che attorno alle 19 alle protezioni civili "Civilmonte" di Monte San Giovanni Campano e "Boville Emergency". Tanti anche i proprietari dei terreni che si sono precipitati sul posto con ogni mezzo e botti d'acqua.

di: Bruno Gatta