La scorsa volta una bottiglia su tre se l'è bevuta la mosca. Il piccolo insetto, apparentemente solo fastidioso e innocuo, è stato capace di ingoiarsi un intero settore.
Ora la colpa è del clima pazzo che sta stressando le piante. Solo le più vecchie riescono a resistere al soffio infernale di Lucifero, che spinge le temperature oltre i 40 gradi. Le giovani, invece, stanno morendo di sete. La prima forte ondata di calore si è registrata a giugno e ha provocato il distaccamento dei fiori. Quelli sopravvissuti hanno poi dovuto lottare per resistere. E anche quest'anno è tragedia vera. Perfino orti e giardini sono aridi deserti. Le poche piante che nutrivano intere famiglie, a costo zero, sono inutili. E quel po' di olive servono giusto da mettere in salamoia.

«Cosa possiamo fare? Sperare nel cielo e pregare. Questa stagione si annuncia difficile, complicata». Spiega David Granieri, nella sua doppia veste di presidente di Coldiretti Lazio e della Op Latium, l'organizzazione dei produttori olivicoli. «Fare previsioni può essere azzardato ma stando alle indicazioni che ci arrivano dal territorio prevediamo comunque una contrazione di quantitativo che, in Ciociaria, potrebbe attestarsi sul 30, anche 40% rispetto alla scorsa stagione». Colpa, come è facile immaginare, dell'eccessivo caldo che stressa le piante, soprattutto quelle degli impianti più giovani. «Una cosa è certa, la drammatica siccità che stiamo vivendo deve lasciarci un insegnamento: chiediamo al Governo e alla Regione l'approvazione, con tanto di finanziamenti immediatamente disponibili, di un piano straordinario per il potenziamento dei servizi irrigui e delle attività rimesse ai consorzi di bonifica. Quello che sta succedendo a Latina e, anche con effetti meno disastrosi nelle altre province del Lazio, non deve più ripetersi. Dalle stime aggiornate andiamo incontro al tracollo di interi settori agricoli, come l'orticoltura, i seminativi e il mais, per un bilancio di danni che ad oggi supera nel Lazio, tra perdite dirette e maggiori spese, oltre 200 milioni di euro. Già dal prossimo anno dobbiamo attrezzarci per trattenere in inverno, con un sistema di invasi, quanta più acqua piovana possibile per poi utilizzarla in estate».
I produttori Ciociari, dicono i numeri Istat, ammontano a 20.590. In realtà il 90 percento l'olio lo auto-consuma.

Nel Lazio, secondo i dati Coldiretti, si pratica olivicoltura di collina per circa l'80%, seguita da quella di bassa montagna. Solo il 4,8% avviene in pianura che però comincia a diffondersi in maniera significativa come ad Anagni, dove da poco è stata avviata una piantagione di olivi. In quella zona, grazie alla presenza del consorzio di bonifica, si prova a fronteggiare la situazione. Ma è tutta colpa di madre natura? Per Vinicio Savone, presidente di Coldiretti Frosinone, prima di prendersela con il tempo, bisognerebbe risistemare una rete idrica colabrodo. «Fare la danza della pioggia serve a poco perché non sta facendo neanche effetto». Scherza ma fa capire che la situazione non va presa sottogamba. «Da sempre diciamo di porre attenzione alle dispersioni. Oggi l'acqua vale oro e non possiamo affrontare il problema in maniera semplicistica. Sono giorni – racconta, mentre osserva gli ulivi del suo giardino - che stiamo fronteggiando la situazione. Nonostante le olive ci siano, stanno cadendo perché le piante non riescono a portare a compimento il proprio lavoro. Guardandole, anche se apparentemente sono rigogliose, si nota subito che il 30 percento dei frutti sono secchi.

Gli alberi, infatti, proprio per natura, si autodifendono: prima pensano a se stessi e poi a quello che producono. Nella zona di Anagni, dove abbiamo installato degli impianti intensivi, per ora ci si salva grazie all'acqua del consorzio». In questi giorni non si interessa neanche delle previsioni. «È inutile, fino a ferragosto è tutto sole e gli uliveti di montagna, come quelli di altre zone, vista la scarsità di precipitazioni, stanno soffrendo pesantemente». Savone fa pure notare che il rischio che si corre è quello di nascondere il vero problema. «Oltre all'assenza di una Dop ciociara, e per la quale si sta spingendo per entrare nell'Igp Roma, le sorgenti sono ormai a secco. Siamo di fronte al solito modo di fare all'italiana: si ragiona sempre in emergenza e alle prime gocce d'acqua piovana ci si dimentica di tutto. Ma le falde, stavolta, si sono abbassate in maniera critica. E nei pozzi artesiani non c'è più nulla. Se non farà un inverno con la I maiuscola, con pioggia e neve abbondante, anche l'anno prossimo racconteremo le stesse cose». Il suo invito, a partire da settembre, è quello di aprire un tavolo di confronto per attivare finanziamenti regionali e ministeriali finalizzati alla modernizzazione degli impianti. «Soprattutto per fare in modo che ci siano meno perdite, sia nel campo agricolo sia in quello urbano. Basta leggere le percentuali per rendersi conto della gravità di quel che avviene. Ma se prima si poteva chiudere un occhio, oggi non è più possibile. L'acqua, per chi non lo avesse ancora capito, va centellinata. Anche perché ormai bisognerà abituarsi a convivere con temperature tropicali» conclude. Ma prima di farlo apre un altro fronte. «Questa mattina (ieri) un'azienda ha fatto domanda al consorzio per dissetare gli animali. Che stanno morendo di sete. Siamo riusciti a fronteggiare pure questa situazione. Forse non tutti sanno che una vacca in trattazione beve dai sessanta agli ottanta litri di acqua al giorno. Quanto ancora si dovrà aspettare prima di cambiare passo?» Si interroga e chiede.