Si continua ad indagare. Magari sotto traccia, lontano dalle luci dei riflettori che ad Alatri hanno portato le telecamere delle tv e la stampa nazionale. In attesa della relazione finale sull'esame autoptico, la procura di Frosinone cerca di comporre il puzzle per ricostruire la morte di Emanuele Morganti e risalire così ai responsabili. Negli ultimi giorni il sostituto procuratore di Frosinone Vittorio Misiti ha convocato tre persone. Sono state chiamate a chiarimento su una serie di circostanze sulle quali, evidentemente, gli investigatori cercano ulteriori riscontri e precisazioni. Massimo riserbo sul contenuto delle dichiarazioni che ora verranno vagliate insieme alle altre già acquisite in questi mesi. Potrebbe, però, aver raccontato fatti rilevanti per chiudere il cerchio.

Sono oltre centinaia le persone ascoltate dalla procura e dai carabinieri per capire cosa sia successo all'esterno del Miro music club di Alatri dove Emanuele Morganti è stato vittima di un brutale pestaggio che non gli ha lasciato scampo. Il venerdì sera, dopo esser stato allontanato dalla sicurezza dal locale, è stato oggetto, almeno in tre momenti diversi, di una salva di colpi. Trasportato in condizioni disperate a Roma, il giovane è poi morto la domenica successiva, il 26 marzo.

Stabilire cosa sia accaduto, a fronte di una serie di versioni contrastanti, a volte contraddittorie, altre ritenute false, non è stato facile. Anche per questo è stato chiesto l'intervento dei carabinieri del Ris che hanno ricostruito la scena del crimine ed effettuato rilievi e prelievi anche sull'auto, una Skoda, contro la quale Emanuele è stramazzato dopo esser stato colpito con violenza, probabilmente con un manganello telescopico che, invano, in questo periodo è stato cercato. Ma non solo, in più di un'occasione la scena è stata riproposta in piazza alla presenza dei vari testimoni chiamati a riferire non solo quanto hanno visto, ma anche dove si trovavano in quei frangenti. Ciò per valutarne l'attendibilità e soprattutto la capacità di vedere con precisione quanto stava accadendo intorno a loro. Ancora oscuro il movente dell'aggressione. Sin dall'inizio diverse sono state le ipotesi, dallo scambio di persona alla vendetta.

Sulla base di questi elementi e dei risultati provvisori dell'autopsia, la procura ha indagato otto persone. Per tre di queste sono scattate le manette. I primi due ad essere arrestati, due giorni dopo la morte di Emanuele, sono stati Mario Castagnacci, 27 anni, e Paolo Palmisani, 20, entrambi di Alatri, autori di una fuga a Roma, dove sono stati rintracciati dai carabinieri. Il 10 aprile a loro si aggiunge anche il terzo uomo: a finire dietro le sbarre è Michel Fortuna, frusinate di 24 anni. A inizio mese, peraltro, Paolo Palmisani e Mario Castagnacci erano stati sottoposti a un lungo interrogatorio da parte del procuratore Giuseppe De Falco, che insieme ai sostituti Adolfo Coletta e Vittorio Misiti coordina le indagini. Inizialmente, subito dopo l'arresto, infatti, si erano avvalsi della facoltà di non rispondere. Per nove ore i due hanno avuto modo di spiegare la propria posizione. Lo hanno fatto respingendo le accuse con una serie di dichiarazioni senza, però, convincere la procura che le ritiene smentite dai fatti e da altre deposizioni.
La procura di Frosinone ha indagato per omicidio a piede libero gli altri soggetti inizialmente coinvolti per rissa. Si tratta di Franco Castagnacci, 50 anni, di Alatri, padre di Mario, arrestato in settimana per una questione di droga; nonché gli addetti alla sicurezza.