Troppa sproporzione tra i beni posseduti e l'attività economica svolta: la Cassazione dice sì alla confisca dei beni di una famiglia rom del capoluogo per seicentomila euro. La sesta sezione penale ha confermato il decreto della Corte d'appello di Roma del 15 novembre 2016 di confisca dei beni di Gianni Di Silvio e Romina Carturan. I due avevano impugnato il provvedimento di confisca patrimoniale dei terreni in via Gaeta di Frosinone, di un immobile in località Cuppi a Ferentino nonché conti correnti e polizze di pegno.

Nelle motivazioni la Suprema corte ricorda che la Corte d'appello nel confermare il provvedimento ha illustrato «le condanne riportate dai ricorrenti e, più in generale i loro trascorsi giudiziari e penali, l'accertato possesso di un immobile totalmente abusivo, la sproporzione fra i beni dei quali avevano la disponibilità e l'attività economica svolta sì da ritenere che i beni in loro possesso rappresentassero il reimpiego di proventi dell'attività illecita».

Nel ricorso i legali contestavano, tra le altre cose, la contraddittorietà della motivazione sui requisiti di applicabilità della misura «poiché i precedenti che gravano sui ricorrenti nulla hanno a che fare con condotte illecite di elevato spessore criminale e, soprattutto, non sono classificabili in termini di traffici delittuosi forieri del conseguimento di elevati profitti illeciti». La difesa ha evidenziato che l'immobile confiscato è stato realizzato in economia con i contributi dei genitori derivanti dalla cessione di altri immobili e dall'attività lavorativa. Contestata la tempestività del decreto di confisca. Ma tutti i motivi di ricorso sono stati dichiarati inammissibili.

La Cassazione si è posta nel solco di quanto affermato dalla Corte d'appello con riferimento alla contestazione di vivere «abitualmente, anche in parte, con i pro venti di attività delittuose», e al «mancato cambiamento di registro di vita a seguito dell'avviso orale, nell'anno 2006». Posto in «rilievo che i ricorrenti non hanno mai dichiarato redditi; che il Di Silvio non risulta neppure iscritto all'Inps» e che i redditi sono stati modesti mentre «la Carturan non ha mai svolto attività lavorativa».

Eppure i due hanno costruito «una villa dotata di parco e piscina scenografica», acquistato «auto costose» e movimentato «somme cospicue». Evidenziato, a fronte della vendita di immobili, «un vistoso sbilancio del flusso di denaro» nei conti. «La cifra di euro 132.212, percepita nel 2001, non era idonea a giustificare la disponibilità di euro 687.986 registrata dal 2007 al 2011 sui conti». Per la Corte è priva di «qualsivoglia giustificazione» la movimentazione sui conti di 290.247 euro.