Era agli arresti domiciliari dal 1 giugno perché fermato con 15 grammi di cocaina. Ora è finito in carcere. Nuove accuse pendono sul capo di Franco Castagnacci, uno degli otto indagati per l'omicidio di Emanuele Morganti e padre di Mario, uno dei tre che, per quel delitto, sono finiti dietro le sbarre. Ieri i carabinieri del Reparto operativo - Nucleo investigativo, coordinati dal capitano Antonio Lombardi, in collaborazione con i militari delle compagnie di Frosinone, Alatri e Anagni, hanno eseguito tre ordinanze cautelari firmate dal gip Ida Loguluso su richiesta del sostituto procuratore Vittorio Misiti.

Franco Castagnacci, 50 anni, dai domiciliari è passato in carcere, mentre agli arresti in casa sono finiti la sua consorte, sposata il 24 aprile, l'albanese Florida Piku, 47, e Giorgio Boezi, 38, di Alatri. Secondo le accuse, ai tre viene contestato il reato di concorso in detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti quali hashish e cocaina. Dopo l'omicidio di Morganti, i carabinieri hanno cominciato a tenere sotto controllo una serie di soggetti, anche non direttamente interessati dal caso. Castagnacci veniva così sorpreso, lo scorso 1 giugno, in auto con 15 grammi di cocaina. Per lui scattava l'arresto da parte dei militari del Nucleo radiomobile di Alatri. Ma l'attività investigativa non si arrestava con quel provvedimento di arresti domiciliari.

I carabinieri, infatti, continuavano a indagare sulle varie piazze di spaccio e sui vari collegamenti sull'asse Frosinone-Alatri. Intercettazioni telefoniche e ambientali hanno permesso alla procura di Frosinone di chiudere il cerchio. Il sospetto dei carabinieri, sin da subito, è che l'episodio del 1 giugno non fosse circoscritto. Così hanno intensificato la vigilanza nei confronti di Castagnacci. Una vigilanza discreta anche se Franco era ristretto ai domiciliari. Stando alle accuse che ora gli vengono mosse e dalle quali dovrà difendersi già questa mattina nell'interrogatorio di garanzia, assistito dall'avvocato Marilena Colagiacomo, avrebbe continuato a reggere le fila dell'attività. Sempre oggi verranno ascoltati anche gli altri due, sospettati di aver avuto un ruolo di aiutanti.

Per l'accusa, Castagnacci avrebbe gestito una fiorente attività di spaccio, nonostante le restrizioni imposte dal regime dei domiciliari, avvalendosi dei suoi collaboratori. A loro avrebbe fornito istruzioni sulle modalità di approvvigionamento delle sostanze stupefacenti, di cessione agli acquirenti e perfino del recupero crediti nei confronti di chi non aveva saldato il conto. L'albanese e Boezi - secondo gli investigatori dell'Arma - avrebbe fornito «un costante apporto ed una partecipazione consapevole a tutte le varie fasi organizzative ed esecutive, risultando, di fatto, fidati emissari in grado di sostituirlo sul campo, così garantendo la presenza ed il controllo del traffico sul territorio».

Al vertice del gruppo c'era comunque Castagnacci, per l'accusa «capace di manovrare e gestire gli altri due» che, peraltro, non si sarebbero limitati a «una fase meramente esecutiva». In base agli accertamenti condotti dagli uomini dell'Arma, nel periodo finito sotto la lente di ingrandimento ci sarebbe stato un numero indeterminato di cessioni di sostanze stupefacente in favore di persone allo stato rimaste ignote. Questa mattina i tre compariranno davanti al giudice e, nel caso decidano di parlare, avranno modo di chiarire la propria posizione.