Tre squilli per indicare la consegna delle dosi. Mai nomi di strade, posti, locali: appuntamenti in luoghi convenzionali, senza bisogno di ulteriori dettagli. «Fatti trovare lì» indicherebbe, secondo il giudice Lo Mastro, una familiarità tipica di chi mantiene un rapporto costante. E utile per bypassare i controlli. Un dettaglio, però, non di secondo piano, tanto da comunicare preferendo - si legge nell'ordinanza dell'operazione Tower - con Messenger o Whatsapp per rendere meno pervasivi i controlli della polizia.

«La prova dei reati di traffico e di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti - scrive Lo Mastro, concordando con quanto relazionato dagli agenti del Commissariato di Cassino - può essere desunta non soltanto dal sequestro o dal rinvenimento delle sostanze ma anche dal contenuto delle conversazioni telefoniche in base alla sufficiente chiarezza delle frasi intercettate».

Il linguaggio, come sottolineato dagli investigatori coordinati dal dottor Alessandro Tocco, era convenzionale: "batteria","sigarette" e "dischetto": mai dosi. Né hashish né coca o "roba". I rischi, anche qualora fossero stati intercettati, venivano fatti tendere davvero allo zero. L'attività di spaccio ipotizzata fa riferimento a piccole dosi - da tre a cinque - di "una cosa piccola". Mai grossi carichi, per non rischiare. «Del resto - scrive Lo Mastro - il maggior quantitativo di droga sottoposto a sequestro è stato di 33 grammi: quantità assolutamente compatibile con la effettuazione di consegne di singole dosi».

In base all'attività degli agenti la gestione familiare dell'attività - ritenuta l'unica a sostegno dei bisogni di padre, madre e figli - avrebbe anche permesso di evidenziare che il capofamiglia avrebbe ricoperto il ruolo di raccogliere le richieste dei clienti, smistandole ai figli, mandati in avanscoperta. In uno degli episodi contestati - una trentina a testa - uno dei figli avrebbe fatto da apripista in una festa alle terme varroniane portando dosi solo su ordinazione rischiando al massimo una segnalazione per uso personale.

A suggellare la gestione familiare dell'attività, la conferma data in una intercettazione telefonica dalla figlia minorenne «pienamente a conoscenza della presenza in casa dello stupefacente» tanto da «informare telefonicamente il padre dell'avvenuto sequestro dello stupefacente» scrive ancora Lo Mastro che continua: «La pericolosità della madre, invece, è attenuata rispetto a quella dei suoi familiari».