Una deposizione fiume per difendersi dall'accusa di omicidio, compresa quella di aver agito con abituale e impressionante violenza. È durato nove ore, cinque nella prima fase e quattro in quella successiva, l'interrogatorio di Paolo Palmisani e Mario Castagnacci, entrambi finiti in carcere per il delitto di Emanuele Morganti.
Il fascicolo, aperto alle 14.30, è stato chiuso alle 23,30. Assistiti dai loro legali, gli avvocati Massimiliano Carbone e Angelo Bucci, i ragazzi, ancora una volta, hanno negato di essere loro gli autori dell'omicidio, ammettendo la sola presenza in piazza Regina Margherita. Sono stati proprio il ventisettenne e il ventiquattrenne a chiedere di essere sentiti dagli inquirenti all'interno del penitenziario di Regina Coeli a Roma, dove si trovano rinchiusi da oltre cento giorni. La collaborazione, se così può essere definita, arriva dopo mesi di silenzio, nel corso dei quali entrambi si sono limitati a respingere le accuse, oppure ad avvalersi della facoltà di non rispondere riservata a chi è indagato, come nel caso di Palmisani.
Numerose sono state le contestazioni mosse dal procuratore relativamente a quanto avvenne la notte tra il 24 e il 25 marzo all'esterno del Miro Music Club, anche grazie alle indagini portate avanti dagli uomini del Ris. «Riteniamo di aver fornito le spiegazioni necessarie per tutti gli episodi contestati – ha spiegato uno dei difensori, l'avvocato Massimiliano Carbone - I ragazzi – ha aggiunto - hanno ribadito la loro innocenza, negando di aver preso parte alla rissa, ammettendo solo la presenza. Un passaggio importante – ha argomentato – lo hanno riservato a quello che hanno visto la notte del delitto. Ma su tale circostanza non posso dire nulla». In merito alla scelta di rendere dichiarazioni spontanee, il difensore ha precisato che «i tempi erano maturi per evidenziare alcuni aspetti della vicenda».
Non si esclude, però, che la mossa della difesa sia stata quella di tentare di capire le intenzioni degli inquirenti. Anche se qualcosa, alla luce delle parole del procuratore, ancora va indagato. «Quello che hanno riferito – ha spiegato il dottor De Falco – non lo riteniamo attendibile, perché smentito dall'indagine effettuata prima dell'emissione delle ordinanze e, successivamente, da quella condotta in questi mesi. Dalle dichiarazioni rese ieri - ha, infatti, rimarcato – ci sono ulteriori elementi di interesse sotto il profilo della ricostruzione accusatoria nei confronti di tutti gli indagati».