Non hanno fine i casi di coltivazione illecita e pascolo brado nelle aree cittadine interdette all'uso agricolo e zootecnico. Tanto che il delegato all'ambiente Alessandro Savoni comunica che «è stato richiesto espressamente al Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare (l'ex Corpo forestale ora in seno all'arma dei Carabinieri, ndr) e alla Asl di Frosinone di intensificare le operazioni ispettive e sanzionatorie nei confronti dei trasgressori» che, come recita il cartello nella zona off limits numero 238 in cui è in corso un'indisturbata fienagione, «saranno denunciati all'autorità giudiziaria».

O almeno dovrebbe essere così, anche per una semplice movimentazione della terra in tutti i siti ceccanesi ricadenti nel Sin "Bacino del fiume Sacco" e contaminati. In stato di emergenza, ufficialmente, dal 2010. Ceccano, almeno sulla carta, è in "allarme rosso" da quasi sette anni. Fu con il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 29 ottobre 2010, infatti, che lo stato di emergenza socio-economico-ambientale nella Valle del Sacco fu esteso per un anno anche alle aree ripariali e agricole ceccanesi e di Frosinone, Castro, Ceprano, Falvaterra, Patrica e Pofi.

Il primo provvedimento emergenziale del 2005, invece, fu chiesto e ottenuto per soli nove comuni (Anagni, Colleferro, Ferentino, Gavignano, Morolo, Paliano, Segni, Sgurgola e Supino) da una giunta regionale del Lazio appena passata dalla guida di Francesco Storace a quella di Piero Marrazzo. E furono prima lo stesso Marrazzo e dal 2010 la neo governatrice Renata Polverini a ricevere la nomina di commissario per il superamento della «gravissima situazione di inquinamento ambientale - si legge testualmente dagli atti di allora - che» aveva «causato la contaminazione di prodotti agricoli e la presenza di sostanze organoclorurate e fitofarmaci nel latte prodotto dagli allevatori» nonché «notevoli ripercussioni negative in materia occupazionale».

Da lì in poi il declassamento del "Bacino del fiume Sacco" da Sito di interesse nazionale a Sir (regionale) nel2013, la rassegnazione della titolarità del procedimento al Ministero dell'ambiente tramite ricorso e sentenza del Tar, le infinite riunioni tecniche e conferenze dei servizi del Mattm con gli attori coinvolti e la recente riperimetrazione del Sin, comprendente i già citati sedici comuni e altri tre (Arce, Artena e Pastena). Infine, lo stanziamento di 26.300.000 euro (dieci per il 2017, gli altri per il 2018) per le opere di bonifica dell'intera valle, ma a Ceccano (e non solo) c'è chi non ha mai interrotto coltivazione, allevamento e produzione primaria di alimenti nelle zone-tabù. Il tutto in barba a qualsiasi divieto e, si spera, ancora per poco in maniera incontrollata.